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sabato 31 ottobre 2020

CHI SI UMILIA SARA' ESALTATO / sabato XXX sett. T.O.

 

Capitolo delle Stuoie - Assisi

Gesù invita a mettersi sempre all’ultimo posto. “Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. Lezione che ha penetrato la storia profondamente, ma non certo in modo perfetto né in me, né nella Chiesa.

San Francesco ha scelto di seguire radicalmente il Vangelo anche in questo campo. Ha chiamato i suoi frati “fratelli minori”, “fratres menores” quando nella sua città e in tutte le comunità autonome (Comuni) c'erano i “Maiores” e i “Menores”. Una presa di posizione a grande risonanza sociale e politica benché ispirata dal Vangelo. Ordinava ai suoi frati di guadagnarsi da vivere col lavoro, lasciando l'elemosina come ultimo ricorso, ma vietava di occupare posti di comando. Nelle fraternità aveva molta importanza l’obbedienza (rifiutare l’obbedienza non è certamente segno di chi vuole prendere l’ultimo posto)  ma precisava “E nessuno sia chiamato priore, ma tutti siano chiamati semplicemente frati minori. E l'uno lavi i piedi all'altro (Gv 13,14)” (Regola non Bollata Capitolo VI) e chiamava quindi i superiori “Guardiani” oppure “Custodi” (custodi dei loro fratelli; vedi Genesi 4,9), e anche “Ministri” che all’epoca significava Servi. Infatti i frati ricorrendo ai loro ministri dovevano essere accolti con carità e benevolenza e tanta familiarità che “possano parlare e fare con essi (i loro ministri) come parlano e fanno i padroni con il loro servi” (Regola Bollata Capitolo X). Le regole e gli scritti di san Francesco sono pieni di queste annotazioni sulla carità e familiarità più di "come una madre nutre e cura suo figlio carnale"

Un giornalista, intervistando di recente papa Francesco, è rimasto fortemente impressionato di come il Papa lo accoglieva mettendolo al suo agio, ma anche cercava di farlo sentire alla pari, suo uguale.

 

Prima Lettura  Fil 1, 18b-26
Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno.

venerdì 30 ottobre 2020

TUTTI SANTI, CHIAMATI AD UNA FEDE ADULTA / venerdì XXX sett. T.O. pari

 



San Paolo apre la lettera ai Filippesi dicendo che Dio porterà a compimento l’opera buona che ha iniziato in loro. Da lì è stata tratta una formula usata nelle professioni religiose: “Dio porti a compimento l’opera che ha iniziato in te”. Nel caso dei Filippesi l’opera è quella dell’evangelizzazione, ma ogni cammino di conversione è assieme fine e strumento dell’evangelizzazione attraverso la testimonianza di una vita divina ricevuta gratuitamente, di un modo di vivere possibile, alternativo alla mentalità del mondo.

L’Apostolo ci ricorda ciò che il Concilio ha rimesso in luce: tutti sono chiamati alla santità! Se sono battezzato è perché Dio mi vuole santo. Fare i voti religiosi non è per tutti, ma il cammino di santità non è solo dei “consacrati”. Usiamo la parola “consacrati” e tutti capiscono, ma si dovrebbe dire “di speciale consacrazione”, perché ogni battezzato è un consacrato. È Dio che consacra a sé quelli che egli vuole.

E Paolo ci da indicazioni preziose pregando affinché l’amore dei cristiani cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento”. So che è difficile farlo comprendere, ma conoscenza di Dio in Gesù Cristo e discernimento sono il segno del cristiano maturo, anche se il cammino non ha termine. “Ma era comunque una preghiera”, “ma pensavo di far bene”, “mi son sentito di fare così”, … Certo, la buona fede è essenziale, e nessuno è perfetto per cui le nostre opere sono solo il meglio che abbiamo saputo fare, però chi non vuole crescere in conoscenza e discernimento non è guidato dallo Spirito di Cristo.

Il Vangelo sottolinea un problema molto diffuso allora e che sempre ha una radice nel nostro cuore: il legalismo, il filtrare il moscerino, l’appiglio per giudicare e condannare l’altro. Il Signore ci liberi da questa tendenza per una carità sempre più matura.

 

Prima Lettura   Fil 1, 1-11
Colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.

giovedì 29 ottobre 2020

IL COMBATTIMENTO DEI DISARMATI / giovedì XXX sett. T.O.

 


In un tempo in cui la guerra era una costante della vita e ogni carovana era armata, Gesù propone uno stile totalmente alternativo: fidarsi totalmente della protezione di Dio. Questo non significa che non ci sia una lotta da compiere e quindi ci sono delle armi spirituali date da Dio stesso. L’arma per eccellenza è la fede. Ma la fede ha un contenuto, si appoggia su qualità umane e doni di Dio: fermezza, verità, giustizia, zelo (!!!), zelo per l’evangelizzazione!, fede come scudo, grazia della salvezza, e la spada dello Spirito cioè la Parola di Dio!

Paolo chiede preghiere per avere franchezza nell’annunciare la Buona Notizia. La sua situazione umana potrebbe infatti condizionarlo pesantemente perché un prigioniero in balìa dei suoi carcerieri che annuncia la Vittoria di Cristo  e il suo essere Signore Universale può sembrare risibile. In ogni caso Paolo deve combattere il demonio che cerca di impedire alle persone di ascoltare spiritualmente. Quante volte noi ci autocensuriamo nella testimonianza evangelica!

Anche Gesù è sempre più sotto pressione. Ma continua la sua strada, non risparmiando una frecciata a Erode, senza timore. Non è fissazione orgogliosa o incapacità di vedere la realtà nella sua complessità. È discernimento profondo e anche donazione totale fino all’ultimo.

Il Signore ci dia questi doni e noi abbiamo la volontà di accettarli!

 

Prima Lettura   Ef 6, 10-20
Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere e superare tutte le prove.

mercoledì 28 ottobre 2020

"FRATELLI TUTTI" 14 L'illusione della comunicazione

 




L’illusione della comunicazione

42. Paradossalmente, mentre crescono atteggiamenti chiusi e intolleranti che ci isolano rispetto agli altri, si riducono o spariscono le distanze fino al punto che viene meno il diritto all’intimità. Tutto diventa una specie di spettacolo che può essere spiato, vigilato, e la vita viene esposta a un controllo costante. Nella comunicazione digitale si vuole mostrare tutto ed ogni individuo diventa oggetto di sguardi che frugano, denudano e divulgano, spesso in maniera anonima. Il rispetto verso l’altro si sgretola e in tal modo, nello stesso tempo in cui lo sposto, lo ignoro e lo tengo a distanza, senza alcun pudore posso invadere la sua vita fino all’estremo.

43. D’altra parte, i movimenti digitali di odio e distruzione non costituiscono – come qualcuno vorrebbe far credere – un’ottima forma di mutuo aiuto, bensì mere associazioni contro un nemico. Piuttosto, «i media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche».[46] C’è bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana. I rapporti digitali, che dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia, una reciprocità stabile e anche un consenso che matura con il tempo, hanno un’apparenza di socievolezza. Non costruiscono veramente un “noi”, ma solitamente dissimulano e amplificano lo stesso individualismo che si esprime nella xenofobia e nel disprezzo dei deboli. La connessione digitale non basta per gettare ponti, non è in grado di unire l’umanità.

[46] Esort. ap. postsin. Christus vivit (25 marzo 2019), 88.

"FRATELLI TUTTI" 13 Senza dignità sulle frontiere

 





Senza dignità umana sulle frontiere

37. Tanto da alcuni regimi politici populisti quanto da posizioni economiche liberali, si sostiene che occorre evitare ad ogni costo l’arrivo di persone migranti. Al tempo stesso si argomenta che conviene limitare l’aiuto ai Paesi poveri, così che tocchino il fondo e decidano di adottare misure di austerità. Non ci si rende conto che, dietro queste affermazioni astratte difficili da sostenere, ci sono tante vite lacerate. Molti fuggono dalla guerra, da persecuzioni, da catastrofi naturali. Altri, con pieno diritto, sono «alla ricerca di opportunità per sé e per la propria famiglia. Sognano un futuro migliore e desiderano creare le condizioni perché si realizzi».[36]

38. Purtroppo, altri sono «attirati dalla cultura occidentale, nutrendo talvolta aspettative irrealistiche che li espongono a pesanti delusioni. Trafficanti senza scrupolo, spesso legati ai cartelli della droga e delle armi, sfruttano la debolezza dei migranti, che lungo il loro percorso troppo spesso incontrano la violenza, la tratta, l’abuso psicologico e anche fisico, e sofferenze indicibili».[37] Coloro che emigrano «sperimentano la separazione dal proprio contesto di origine e spesso anche uno sradicamento culturale e religioso. La frattura riguarda anche le comunità di origine, che perdono gli elementi più vigorosi e intraprendenti, e le famiglie, in particolare quando migra uno o entrambi i genitori, lasciando i figli nel Paese di origine».[38] Di conseguenza, «va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra».[39]

39. Per giunta, «in alcuni Paesi di arrivo, i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi».[40] I migranti vengono considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca dignità di qualunque persona. Pertanto, devono essere “protagonisti del proprio riscatto”.[41] Non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno importanti, meno umani. È inaccettabile che i cristiani condividano questa mentalità e questi atteggiamenti, facendo a volte prevalere certe preferenze politiche piuttosto che profonde convinzioni della propria fede: l’inalienabile dignità di ogni persona umana al di là dell’origine, del colore o della religione, e la legge suprema dell’amore fraterno.

"FRATELLI TUTTI" 12 Velocemente dimentichiamo le lezioni della storia

 


35. Velocemente però dimentichiamo le lezioni della storia, «maestra di vita».[34] Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”. Che non sia stato l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare. Che non ci dimentichiamo degli anziani morti per mancanza di respiratori, in parte come effetto di sistemi sanitari smantellati anno dopo anno. Che un così grande dolore non sia inutile, che facciamo un salto verso un nuovo modo di vivere e scopriamo una volta per tutte che abbiamo bisogno e siamo debitori gli uni degli altri, affinché l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato.

36. Se non riusciamo a recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto. Inoltre, non si dovrebbe ingenuamente ignorare che «l’ossessione per uno stile di vita consumistico, soprattutto quando solo pochi possono sostenerlo, potrà provocare soltanto violenza e distruzione reciproca».[35] Il “si salvi chi può” si tradurrà rapidamente nel “tutti contro tutti”, e questo sarà peggio di una pandemia.

[34] «Historia […] magistra vitae» (M.T. Cicerone, De Oratore, II, 36).

"FRATELLI TUTTI" 11 Le pandemie e altri flagelli della storia.

 

Influenza spagnola.


Le pandemie e altri flagelli della storia

32. Una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme. Per questo ho detto che «la tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. […] Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli».[31]

33. Il mondo avanzava implacabilmente verso un’economia che, utilizzando i progressi tecnologici, cercava di ridurre i “costi umani”, e qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro. Ma il colpo duro e inaspettato di questa pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a tutti, più che al beneficio di alcuni. Oggi possiamo riconoscere che «ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità. Abbiamo cercato il risultato rapido e sicuro e ci troviamo oppressi dall’impazienza e dall’ansia. Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà».[32] Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza.

"FRATELLI TUTTI" 10 Globalizzazione e progresso senza una rotta comune

 



Globalizzazione e progresso senza una rotta comune

29. Con il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb non ignoriamo gli sviluppi positivi avvenuti nella scienza, nella tecnologia, nella medicina, nell’industria e nel benessere, soprattutto nei Paesi sviluppati. Ciò nonostante, «sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione […]. Nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi». Segnaliamo altresì «le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali. […] Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile».[27] Davanti a questo panorama, benché ci attraggano molti progressi, non riscontriamo una rotta veramente umana.

30. Nel mondo attuale i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità si indeboliscono, mentre il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un’utopia di altri tempi. Vediamo come domina un’indifferenza di comodo, fredda e globalizzata, figlia di una profonda disillusione che si cela dietro l’inganno di una illusione: credere che possiamo essere onnipotenti e dimenticare che siamo tutti sulla stessa barca. Questo disinganno, che lascia indietro i grandi valori fraterni, conduce «a una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo davanti, se andiamo per questa strada della disillusione o della delusione. […] L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì».[28]

GLI APOSTOLI E IL VANGELO / SS. Simone e Giuda, 28 ottobre

 


Nell’elenco dei dodici Apostoli ci sono due Simone e due Giuda. Simone lo Zelota e Giuda di Giacomo che ricordiamo in un’unica festa non sono figure di primo piano come Simon Pietro e Giuda Iscariota. Ma il Vangelo che portano è lo stesso e ha la stessa importanza. A condizione di trasmetterlo nella sua purezza. Perché c'è la tentazione di sviarlo. Anche Pietro si è un momento piegato di fronte a farisei convertiti a Gesù ma spaventati dalla novità dell’entrata dei pagani nella Chiesa. 

La Chiesa che elimina la croce si trasforma in una ONG. La Chiesa che si allea troppo con il potere politico che la strumentalizza produce esiti disastrosi. La Chiesa che rinnega o dimentica il kerigma diventa un paganesimo con etichette cristiane. La Chiesa che si lega più ad una forma di società del passato e si trincera nelle sue tradizioni, oppure si lega ad una ideologia, finisce per metterle sopra la Parola di Dio. Ci sono anche le comunità cristiane fondamentaliste, abitualmente non cattoliche, anche se esistono anche tra i cattolici, che prendono la Scrittura alla lettera, senza tener conto del contesto e dei modi di espressione dell’autore sacro. Alcune vanno fino a dichiarare che Dio ha veramente creato tutto l’Universo in 6 giorni esatti, ecc. Molte comunità evangeliche fanno portare il velo alle loro donne in Assemblea perché san Paolo lo dice. 

Il discernimento è qualcosa di molto serio perché vogliamo a tutti i costi rimanere fedeli alla Scrittura. E senza la Chiesa e la Tradizione, la Scrittura non viene compresa né insegnata e applicata nella sua verità. “Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione”. (2P 1:20). Per avere come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù, che mi ha scelto lui stesso per essere suo discepolo e amico nel battesimo, devo essere edificato sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, in particolare di Pietro vivente in mezzo a noi. 

 

Prima Lettura  Ef 2,19-22
Edificati sopra il fondamento degli apostoli.

BREVE DIALOGO DOPO LA PRIMA COMUNIONE

 


 Sei contenta di aver fatto la Prima Comunione?

-          Sì, molto!

-          Perché sei vestita con questo vestito bianco?

-          .......  Perché  ho fatto la Prima Comunione Domenica scorsa.

-          Ma perché si porta un vestito bianco alla Prima Comunione?

-         

-          Quando hai ricevuto per la prima volta il vestito bianco? Al tuo battesimo, perché Gesù facendoti entrare nella sua Chiesa e diventando tuo amico per sempre, ti ha rivestita della sua grazia. Il vestito bianco ti è stato dato come segno della tua nuova dignità di figlia di Dio, di cristiana. Allora era un vestito piccolo, piccolo, perché eri molto piccola. Adesso è più grande perché sei cresciuta, ma è lo stesso vestito del tuo battesimo. Vedi che anch’io e tutti noi ministri portiamo un vestito bianco. È il vestito del nostro battesimo. Tutti in questa Assemblea dovremmo portare un vestito bianco simbolo del nostro battesimo, ma per comodità siamo vestiti normalmente. Però quel vestito bianco lo portiamo tutti interiormente, e dobbiamo portarlo senza macchia. Con la Prima Comunione, Gesù che hai ricevuto nel tuo battesimo, che ricevi ogni volta che preghi, ti dona un'altra grazia molto importante
invitandoti ormai ogni volta alla sua mensa  a riceverlo nel Sacramento dell’Eucaristia. Poi dovrai ancora ricevere fra qualche anno la Cresima affinché il tuo Battesimo sia veramente completo.

-          E adesso ti do la Bibbia. Perché ti do la Bibbia e non un ricordo a forma dell’ ostia per esempio?

-          Perché io pensi a Gesù!

-         

martedì 27 ottobre 2020

TUTTO IN RIFERIMENTO A CRISTO E ALLA CHIESA / martedì XXX sett. T.O.

 




San Paolo parla delle relazioni quotidiane: tutto deve essere fatto nel timore di Cristo, cioè ricordandomi che ero perso e sono stato amato nel mio peccato , salvato da una dannazione sicura, e che la mia vita appartiene ormai all’amore. Come Cristo è stato obbediente e si è comportato da servo, da ultimo, dobbiamo essere sottomessi gli uni agli altri.

San Paolo inizia il suo esame delle relazioni partendo dal matrimonio. L’amore non si misura dai sentimenti o dalle emozioni ma dai fatti: morire per lei quando hai voglia di fare tutt’altro, essere rispettosa di lui anche quando “non se lo merita affatto, anzi!” In questo campo sembra che siamo sempre soltanto all'inizio. Come diceva un marito alla moglie che tentava di seguire le indicazioni di Paolo e consigliava alle amiche di fare altrettanto: “quando me la presenti questa meravigliosa donna sottomessa al marito?” Il combattimento contro se stessi è duro, ma alla lunga, anche se imperfetto, l’impegno lascia il segno.  

Però ecco, san Paolo non può fare solo lo psicologo matrimoniale. Non può non parlare di Cristo. E dice una cosa bomba: come l’uomo e la donna diventano una carne sola, Cristo e la Chiesa sono una carne sola! Cristo ha preso la mia condizione, ha preso la mia carne e vuole essere uno con me, dando la sua vita per me, elevandomi alla sua dignità divina. Il matrimonio diventa sacramento perché inserito nella Chiesa, nel mistero delle nozze del Verbo con l’Umanità, diventa una via di santità privilegiata. L’uomo che ama la moglie come Cristo ha amato la Chiesa salendo sulla croce per lei, serve Cristo nella sua moglie. Così la moglie che serve il marito serve Cristo.

Veramente le nostre forze umane e le nostre capacità appaiono più piccole e deboli del granellino di senape, per ora vediamo tutto buio, ma unite a Cristo hanno la forza stessa della sua risurrezione. Riguardo alla difesa della famiglia vanno bene le prese di posizione – a volte richiedono coraggio – ma se non ci sono cristiani, perché difendere il modello cristiano della famiglia? La civiltà cristiana non è nata a colpi di leggi, ma per la testimonianza che dava voglia di diventare cristiani, che suscitava stima. In questi ultimi decenni abbiamo avuto troppi politici che difendevano i valori cristiani ma avevano come minimo una doppia famiglia e un comportamento molto lontano dal Vangelo. Il cristiano non vive nella ridotta, nell'ultima trincea, ma nella croce che salva il mondo. Il cristiano fa tesoro del passato ma soprattutto semina oggi per il futuro. Un cristiano che muore agli altri in Cristo, anche se non sposato, salva molti, salva molte famiglie. Non mancano i preti o i consacrati. Ci vogliono, certo. Ma da noi ci sono. Mancano i cristiani. 

 

Prima Lettura  Ef 5, 21-33
Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa.

lunedì 26 ottobre 2020

PERCHE' GESU' VIOLA E LASCIA VIOLARE IL SABATO? / lunedì XXX sett. T.O., anni pari

 



Una chiave per comprendere il Vangelo e tutta la Scrittura è “Gesù (Dio) condanna il peccato e salva il peccatore”, oppure ancora, come dice papa Francesco, “Gesù è venuto a salvare le persone non le dottrine e i libri”.

Questo non significa che le dottrine non ci siano e non siano necessarie, ma il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Come applicare questo? Quello che dice Paolo alla comunità di Efeso nella prima lettura è chiaramente un elenco di peccati gravi esclusi dal comportamento virtuoso del cristiano. Ma anche questo breve testo va compreso nel contesto di tutta la lettera che inizia illustrando la gloria, la magnificenza dell’Alleanza che Dio ha stretto gratuitamente con loro. I cristiani di Efeso sono persone che, almeno alcuni di loro, erano immerse in vari vizi al momento della chiamata. Solo alla fine, la lettera si conclude quindi con l’esortazione a un comportamento da “figli della luce”. Nella lettera ai Romani, Paolo fa notare a chi mette la Legge al primo posto che essa è venuta più di 400 anni dopo l’elezione di Abramo! Almeno 20 generazioni senza un codice morale scritto! Un’eternità. Chi di noi sa quello che hanno fatto e vissuto i suoi antenati di 400 anni fa? Eppure queste persone sono vissute nell’Alleanza con Dio.

E Gesù? Accoglie una persona che, secondo una stretta interpretazione, viola il sabato e lui stesso lo viola (ma il capo sinagoga se la prende con la gente, non ha il coraggio di attaccare Gesù direttamente e nemmeno questa donna guarita). Ci sono nel Vangelo altri attacchi di Gesù direttamente alle usanze (buone) affinché risalti ciò che è essenziale e non venga sostituito da ciò che è secondario. Con una interpretazione stretta si può uccidere! Tra tanti casi, famoso è quello dell’adultera: “Mosè ci ha comandato di lapidare donne come questa!” (Giovanni 8,5). Gesù ha salvato questa donna e ne siamo felici, ma per alcuni l’ha fatto disobbedendo alla Parola di Dio. S. Giuseppe da Copertino è stato condannato dal Tribunale (blando) dell’Inquisizione perché al momento della consacrazione, invece di inginocchiarsi, andava in estasi e si sollevava da terra. “Se questo frate fosse un santo rispetterebbe le rubriche del Messale!”

Come si può dire che il Vangelo è uno Spirito e non una Legge, e che la Tradizione si sviluppa senza rinnegare la sua unica radice?

 

Prima Lettura   Ef 4, 32 - 5, 8
Camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato.

domenica 25 ottobre 2020

PRIMI PASSI DEL GRUPPO "CAMPANIA FELIX"

 


Come già si sa, il 2 ottobre scorso, si è costituito un gruppetto con lo scopo di animare il cammino della parrocchia verso l’Ecologia Integrale con anche azioni verso e in collaborazione con la comunità cittadina e altri.

Su suggerimento di un suo membro, si è scelto di chiamarlo gruppo “Campania Felix” per l’ecologia integrale, riferendosi al nome dato dagli antichi romani alla  nostra regione per la sua bellezza e ricchezza naturale. Questa bellezza oggi tanto deturpata deve essere ricuperata e anche migliorata, ma c'è tanto da fare a livello locale e globale.

La settimana scorsa si è fatto un bilancio ecologico della nostra parrocchia secondo 5 ambiti, seguendo lo schema dell’iniziativa “egliseverte” (chiesa verde) francese.

Abbiamo scoperto che in passato ci sono state iniziative molto interessanti talvolta abbandonate in seguito. Molte sono state dovute all’impegno di Nello Mirone (e consorte), ingegnere Enel e pioniere nella campo delle energie rinnovabili.

CELEBRAZIONI E CATECHESI: Abbiamo costatato una reale carenza della sensibilità ecologica in questo campo. Non possiamo però dimenticare l’incontro con il Generale Sergio Costa sulla Terra dei Fuochi, prima che diventasse Ministro dell’Ambiente. Si sono svolti anche alcuni incontri aperti a tutti dopo la pubblicazione di “Laudato Si”(24 maggio 2015, giorno di Pentecoste). In occasione del suo quinto anniversario, papa Francesco desidera che ci sia un anno dedicato alla Laudato Si, e abbiamo deciso di fare incontri mensili di formazione alla visione cristiana dell’ecologia su quel testo fondamentale.

ALCUNI APPUNTI SUL PRIMO COMANDAMENTO DELL'AMORE / XXX Domenica T.O. A




Questo breve Vangelo è pieno di insegnamenti fondamentali.

- Innanzitutto sorprende che un dottore della Legge, per mettere alla prova Gesù, gli chieda:  “qual  è il grande comandamento?”. La risposta è scontata. Infatti, ogni giorno, ogni ebreo recita lo Shemà: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore…”. È dunque possibile perdersi in particolari, dare tanta importanza a cose secondarie e dimenticare le basi, risultando ridicolo alla fine. Dobbiamo essere tutti attenti a questo pericolo che ci fa vivere una vita superficiale, emarginata dall’essenziale.

Ma Gesù ama questo dottore della Legge e prende sul serio la sua domanda rispondendo con semplicità.

- Il primo comandamento è amare Dio. Troppe volte, per esempio nelle confessioni, viene fuori che il rapporto con Dio passa totalmente in secondo piano nella vita. Con il prossimo mille problemi, con Dio tutto va bene, perché non c'è nessun contatto reale.

- Amare ha un contenuto: amare con il cuore (che per gli ebrei è un po’ meno sentimentale che tra noi), con le forze, con la mente. La nostra società spinge a dare importanza esagerata, quando non esclusiva, ai sentimenti, alle emozioni. È un grosso inganno. Per amare con tutto se stesso, bisogna coinvolgere anche la mente, la riflessione, valutare le soluzioni andando oltre l’impulsività del momento, coinvolgere le proprie forze e risorse… Esiste perfino la compassione soltanto intellettuale: non provo nessun trasporto, ma vedo chiaramente la situazione e agisco in conformità e obbedienza alla volontà di Dio. La prima lettura ci ricorda delle situazioni che danno contenuto al nostro amore.

-Il secondo comandamento è simile al primo. Anche questo lo sapevano bene gli ebrei. Ma, come noi, potevano dimenticarlo nella vita pratica.  Oggi va girando una frase ingannatrice: Se non amo me stesso non posso amare il mio prossimo, quindi devo amare me stesso/a. Dove stessa l’inganno? Non è forse vero che se sono arrabbiato con me stesso, o non mi perdono, porterò questa tensione in tutte le mie relazioni con gli altri? Infatti ogni cammino spirituale comporta l’introspezione e la riconciliazione con la propria storia. Ma amare è uscire da sé, e spesso questa frase è usata per giustificare il proprio egoismo.

 

Prima Lettura  Es 22,20-26
Se maltratterete la vedova e l'orfano, la mia collera si accenderà contro di voi.

"FRATELLI TUTTI" / 09 Conflitto e paura

 


Conflitto e paura

25. Guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali o religiosi, e tanti soprusi contro la dignità umana vengono giudicati in modi diversi a seconda che convengano o meno a determinati interessi, essenzialmente economici. Ciò che è vero quando conviene a un potente, cessa di esserlo quando non è nel suo interesse. Tali situazioni di violenza vanno «moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”».[23]

26. Questo non stupisce se notiamo la mancanza di orizzonti in grado di farci convergere in unità, perché in ogni guerra ciò che risulta distrutto è «lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana», per cui «ogni situazione di minaccia alimenta la sfiducia e il ripiegamento».[24] Così, il nostro mondo avanza in una dicotomia senza senso, con la pretesa di «garantire la stabilità e la pace sulla base di una falsa sicurezza supportata da una mentalità di paura e sfiducia».[25]

27. Paradossalmente, ci sono paure ancestrali che non sono state superate dal progresso tecnologico; anzi, hanno saputo nascondersi e potenziarsi dietro nuove tecnologie. Anche oggi, dietro le mura dell’antica città c’è l’abisso, il territorio dell’ignoto, il deserto. Ciò che proviene di là non è affidabile, perché non è conosciuto, non è familiare, non appartiene al villaggio. È il territorio di ciò che è “barbaro”, da cui bisogna difendersi ad ogni costo. Di conseguenza si creano nuove barriere di autodifesa, così che non esiste più il mondo ed esiste unicamente il “mio” mondo, fino al punto che molti non vengono più considerati esseri umani con una dignità inalienabile e diventano semplicemente “quelli”. Riappare «la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità».[26]

GUSTARE E ASSIMILARE "FRATELLI TUTTI" / 08 Diritti umani non sufficientemente universali

 


Diritti umani non sufficientemente universali

22. Molte volte si constata che, di fatto, i diritti umani non sono uguali per tutti. Il rispetto di tali diritti «è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese. Quando la dignità dell’uomo viene rispettata e i suoi diritti vengono riconosciuti e garantiti, fioriscono anche la creatività e l’intraprendenza e la personalità umana può dispiegare le sue molteplici iniziative a favore del bene comune».[18] Ma «osservando con attenzione le nostre società contemporanee, si riscontrano numerose contraddizioni che inducono a chiederci se davvero l’eguale dignità di tutti gli esseri umani, solennemente proclamata 70 anni or sono, sia riconosciuta, rispettata, protetta e promossa in ogni circostanza. Persistono oggi nel mondo numerose forme di ingiustizia, nutrite da visioni antropologiche riduttive e da un modello economico fondato sul profitto, che non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere l’uomo. Mentre una parte dell’umanità vive nell’opulenza, un’altra parte vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata o calpestata e i suoi diritti fondamentali ignorati o violati».[19] Che cosa dice questo riguardo all’uguaglianza di diritti fondata sulla medesima dignità umana?

23. Analogamente, l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che «doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti».[20]

sabato 24 ottobre 2020

PAPA FRANCESCO SULLE UNIONI CIVILI

 


Molti mi hanno chiesto di chiarire riguardo alle frasi del papa nel Documentario “Francesco” del regista Evgeny Afineevsky. Sembra che le cose si siano già molto chiarite col passare dei giorni e i vari interventi di persone autorevoli.  Però voglio tentare anch’io di fare il punto.

Partiamo dal cuore del problema. Nel mondo ci sono persone omosessuali, ci sono figli di persone o di coppie omosessuali. Anche se “figlio di coppia omosessuale” potrebbe richiedere precisazioni perché due persone omosessuali non possono generare figli, tutti comprendiamo cosa s’intende per questa espressione. Senza entrare nel merito della natura della omosessualità, tutte queste persone esistono e sono figli di Dio, come lo siamo tutti. E la Buona Notizia di Gesù è per tutti e ha il potere di trasformare la vita di chiunque. Quindi siamo debitori di questa Buona Notizia verso ognuno. Papa Francesco è un pastore che segue il suo Maestro e si preoccupa che ognuno possa sperimentare l’Amore di Dio attraverso la Chiesa e nella Chiesa. In molti  interventi, anche con preti e religiosi, egli parla dell’accoglienza e dell’evangelizzazione, della possibilità di un cammino di fede per tutti, in particolare per queste persone. Entrare nella Chiesa è possibile a chiunque si converte a Gesù Signore e lo segue. Se pretendo imporre le mie idee anche quando sono contrarie al Vangelo forse non è il modo appropriato per essere membro della Chiesa. Il fatto che Dio mi ami così come sono non significa che non ho bisogno di convertirmi. Abbiamo tutti bisogno di convertirci. Ma anche chi è già cristiano deve preoccuparsi che i suoi atteggiamenti o regole non scoraggino senza motivo evangelico alcuni di entrare o di considerare l'annuncio della Chiesa.

Nella frase che ha fatto discutere, papa Francesco si preoccupa che ognuno possa avere una vera dignità nella società e un sostegno nella vita. Una madre non abbandona mai i suoi figli.

COS'E' LA MISERICORDIA CRISTIANA? / sabato XIX sett. T.O.

 


Che strano Vangelo! Gesù minaccia di morte orrenda tutti quelli che non si convertiranno radicalmente. Ma, di fronte al padrone esigente, il vignaiuolo (Gesù, il pastore, l’educatore) ottiene ancora un tempo affinché, ben curato, l’albero (chiunque di noi) possa portare frutto e non essere ucciso (tagliato).

Sentendo la parabola del fico, diamo un sospiro di sollievo perché tutti sperimentiamo quanto è difficile convertirsi e che siamo molto lontani dalla meta. Neppure san Paolo si sentiva arrivato alla perfezione. Per non perdere altro tempo ed energie a verificare a che punto fosse giunto, dimentica il passato, si protende verso il futuro e corre, per desiderio di godere al più presto il premio e perché sa che il cammino è ancora molto lungo (Filippesi 3,12-14). “Arrivati”, “a posto”, “convertiti da sempre” sono solo coloro che non hanno nemmeno iniziato a camminare. 

Ma nel profondo ci chiediamo: chi è Dio? che tipo di misericordia è questa? Un Dio severo che riempie il nostro cammino di divieti e la nostra vita di prove e di spaventi grandi, però si lascia intenerire dalla preghiera? È quello che abbiamo pensato e che pensa molta gente. E nel profondo del cuore rimane lo scandalo quando non si è esauditi. Qualcuno “perde la fede”. Di fronte al Vangelo di oggi si sceglie spesso di tener conto di una sola parte. Oggi in particolare si sceglie il “Dio misericordioso”, quello che perdona sempre, che accetta tutte le scuse, che proclama il “Diritto a sbagliare”. Questo non è il Dio di Gesù Cristo. Sbagliare non è un diritto e non potrà mai esserlo. Sbagliare fa parte della vita, in pratica è una realtà inevitabile, e va affrontata con speranza, cercando di trarne profitto per una esperienza più matura. Beato chi impara dai suoi sbagli però non li erige a “Diritto”. Infatti ci sono sbagli che si pagano caro, talvolta tutta la vita, specialmente se uno non ha un orizzonte di fede e ha un’idea chiusa della perfezione e del successo. Anche gli errori nella formazione della personalità dei giovani hanno sempre gravi conseguenze. Papa Francesco ripete spesso che “Dio perdona sempre, l’uomo rare volte, la natura mai”.

Il Vangelo di oggi ci insegna quindi un ideale alto di vita, inseparabile dalla nostra natura e dalla nostra vocazione umana. Il Dio che ci ha creati però è un Dio paziente, che ci accompagna nel nostro cammino, un Dio Padre. Ma per unire veramente le due parti del Vangelo di oggi bisogna fare ancora un passo: la perfezione stessa, la conversione, è diventare misericordiosi, com'è misericordioso il Padre Celeste. Si tratta però di una misericordia seria nella quale è compresa la croce, che rispetta la natura e non la travolge.

Abbiamo bisogno di spirito forte e cuore mite. Spesso invece siamo "come fanciulli in balìa delle onde": facciamo dichiarazioni adirate e anche spavalde che sfociano in risposte concrete deboli per cambiare noi stessi e le situazioni, .

 

Prima Lettura  Ef 4, 7-16
Cristo è il capo: da lui tutto il corpo cresce.