Sabato, papa Francesco ha firmato sulla tomba di san Francesco la sua terza Enciclica "Fratelli tutti" sulla fraternità e l'amicizia sociale. Possiamo da ieri leggerne il testo. Ma il Vaticano ha divulgato una sintesi ufficiale. Ci può aiutare prima di affrontare le 90 pagine dell'Enciclica.
Nei giorni precedenti ci sono state polemiche sul titolo "Fratelli tutti", un'espressione di san Francesco, perché esclusivo delle donne. Sembra non poco esagerato. Né san Francesco né papa Francesco intendevano escludere chicchessia, anzi.
C'è stato anche polemica su siti conservatori perché parlando di fratellanza umana (universale) il Papa andrebbe contro il Magistero di san Pio X che a suo tempo ha condannato la "Fratellanza universale". Pio X ha condannato il tentativo di creare una religione universale che inglobi e relativizzi tutte le religioni precedenti, togliendo alla fede cristiana e a Gesù stesso ogni carattere di verità assoluta. Noi invece crediamo che Gesù è la Via, la Verità e la Vita, in pieno accordo con il Magistero costante della Chiesa. Ma che Gesù sia venuto a riconciliare tutta l'Umanità, abbattendo il muro dell'inimicizia, e non a creare altri steccati, che egli abbia chiesto agli apostoli più volte di lasciar usare il suo nome a chi non faceva parte del loro gruppo, che egli abbia detto che ha altre pecore che "non sono di questo ovile" (Gv 10,16), che egli abbia ripetutamente dato in esempio dei non Giudei, anche pagani, e che chiunque è dalla verità ascolta la sua voce (cf. Gv 18,37), non si può negare. Infatti papa Francesco parla di Fratellanza Umana. Ogni uomo è fatto ad immagine di Dio e non può essere violentato nella sua coscienza. Ma fedeltà alla propria identità non significa mettersi gli uni contro gli altri, anzi, più è forte e chiara, più posso dialogare e mettermi al servizio di tutti.
Ecco la prima pagina della sintesi ufficiale che finisce proprio con l'esempio del Buon Samaritano, che risulta essere il Vangelo di oggi:
Quali
sono i grandi ideali ma anche le vie concretamente percorribili per chi vuole
costruire un mondo più giusto e fraterno nelle proprie relazioni
quotidiane, nel sociale, nella politica, nelle istituzioni? Questa la
domanda a cui intende rispondere, principalmente, “Fratelli tutti”: il Papa
la definisce una “Enciclica sociale” (6) che mutua il titolo dalle
“Ammonizioni” di San Francesco d’Assisi, che usava quelle parole “per
rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di
vita dal sapore di Vangelo” (1). Il Poverello “non faceva la guerra dialettica
imponendo dottrine, ma comunicava l’amore di Dio”, scrive il Papa, ed “è
stato un padre fecondo che ha suscitato il sogno di una società fraterna”
(2-4). L’Enciclica mira a promuovere un’aspirazione mondiale alla
fraternità e all’amicizia sociale. A partire dalla comune appartenenza
alla famiglia umana, dal riconoscerci fratelli perché figli di un unico
Creatore, tutti sulla stessa barca e dunque bisognosi di prendere
coscienza che in un mondo globalizzato e interconnesso ci si può salvare solo
insieme. Motivo ispiratore più volte citato è il Documento sulla
fratellanza umana firmato da Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar nel
febbraio 2019.
La fraternità è da promuovere non solo a parole, ma nei fatti. Fatti che si concretizzano nella “politica migliore”, quella non sottomessa agli interessi della finanza, ma al servizio del bene comune, in grado di porre al centro la dignità di ogni essere umano e di assicurare il lavoro a tutti, affinché ciascuno possa sviluppare le proprie capacità. Una politica che, lontana dai populismi, sappia trovare soluzioni a ciò che attenta contro i diritti umani fondamentali e che punti ad eliminare definitivamente la fame e la tratta. Al contempo, Papa Francesco sottolinea che un mondo più giusto si raggiunge promuovendo la pace, che non è soltanto assenza di guerra, ma una vera e propria opera “artigianale” che coinvolge tutti. Legate alla verità, la pace e la riconciliazione devono essere “proattive”, puntare alla giustizia attraverso il dialogo, in nome dello sviluppo reciproco. Di qui deriva la condanna che il Pontefice fa della guerra, “negazione di tutti i diritti” e non più pensabile neanche in una ipotetica forma “giusta”, perché ormai le armi nucleari, chimiche e biologiche hanno ricadute enormi sui civili innocenti. Forte anche il rifiuto della pena di morte, definita “inammissibile”, e centrale il richiamo al perdono, connesso al concetto di memoria e di giustizia: perdonare non significa dimenticare, scrive il Pontefice, né rinunciare a difendere i propri diritti per custodire la propria dignità, dono di Dio. Sullo sfondo dell’Enciclica c’è la pandemia da Covid-19 che – rivela Francesco – “ha fatto irruzione in maniera inattesa proprio mentre stavo scrivendo questa lettera”. Ma l’emergenza sanitaria globale è servita a dimostrare che “nessuno si salva da solo” e che è giunta davvero l’ora di “sognare come un’unica umanità” in cui siamo “tutti fratelli” (7-8).
Problemi globali esigono azioni globali, no alla “cultura
dei muri”
Aperta
da una breve introduzione e articolata in otto capitoli, l’Enciclica raccoglie
– come spiega il Papa stesso – molte delle sue riflessioni sulla
fraternità e l’amicizia sociale, collocate però “in un contesto più
ampio” e integrate da “numerosi documenti e lettere” inviate a Francesco da
“tante persone e gruppi di tutto il mondo” (5). Nel primo capitolo, “Le
ombre di un mondo chiuso”, il documento si sofferma sulle tante
storture dell’epoca contemporanea: la manipolazione e la deformazione di
concetti come democrazia, libertà, giustizia; la perdita del senso del sociale
e della storia; l’egoismo e il disinteresse per il bene comune; la
prevalenza di una logica di mercato fondata sul profitto e la cultura dello
scarto; la disoccupazione, il razzismo, la povertà; la disparità dei
diritti e le sue aberrazioni come la schiavitù, la tratta, le donne
assoggettate e poi forzate ad abortire, il traffico di organi (10-24). Si
tratta di problemi globali che esigono azioni globali, sottolinea il
Papa, lanciando l’allarme anche contro una “cultura dei muri” che
favorisce il proliferare delle mafie, alimentate da paura e solitudine
(27-28). Inoltre, oggi si riscontra un deterioramento dell’etica (29) cui
contribuiscono, in un certo qual modo, i mass-media che sgretolano il rispetto
dell’altro ed eliminano ogni pudore, creando circoli virtuali isolati e
autoreferenziali, nei quali la libertà è un’illusione e il dialogo non è
costruttivo (42-50).
L’amore costruisce ponti: l’esempio del Buon
Samaritano
A tante
ombre, tuttavia, l’Enciclica risponde con un esempio luminoso, foriero di
speranza: quello del Buon Samaritano. A questa figura è dedicato il
secondo capitolo, “Un estraneo sulla strada”, in cui il Papa
sottolinea che, in una società malata che volta le spalle al dolore e che
è “analfabeta” nella cura dei deboli e dei fragili (64-65), tutti siamo
chiamati – proprio come il buon samaritano - a farci prossimi all’altro
(81), superando pregiudizi, interessi personali, barriere storiche o
culturali. Tutti, infatti, siamo corresponsabili nella costruzione di una
società che sappia includere, integrare e sollevare chi è caduto o è
sofferente (77). L’amore costruisce ponti e noi “siamo fatti per l’amore”
(88), aggiunge il Papa, esortando in particolare i cristiani a riconoscere
Cristo nel volto di ogni escluso (85). Il principio della capacità di
amare secondo “una dimensione universale” (83) è ripreso anche nel terzo
capitolo, “Pensare e generare un mondo aperto”: in esso, Francesco ci
esorta ad “uscire da noi stessi” per trovare negli altri “un
accrescimento di essere” (88), aprendoci al prossimo secondo il dinamismo
della carità che ci fa tendere verso la “comunione universale” (95). In
fondo – ricorda l’Enciclica – la statura spirituale della vita umana è definita
dall’amore che “è sempre al primo posto” e ci porta a cercare il meglio
per la vita dell’altro, lontano da ogni egoismo (92-93).
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