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sabato 29 febbraio 2020

RICOSTRUIRAI LE FONDAMENTA DI TRASCORSE GENERAZIONI / sabato 1a sett. Quaresima


Caravaggio - Gesù chiama Matteo, particolare.

Sappiamo che è difficile andare contro le cattive abitudini. È vero già nella nostra vita personale, è maggiormente vero quando si tratta di cambiare le tradizioni di un gruppo, di una società. Molte comunità “si siedono”, molti carismi risplendenti durante la vita del Fondatore sembrano spegnersi. "Ci si gloria delle ceneri ma non si coltiva il fuoco" per dirla secondo il concetto di Gustav Mahler sulla tradizione. Ma il Signore nel brano di Isaia promette che chi segue la sua Parola e in particolare pratica giustizia e carità diventerà sorgente le cui acque non inaridiscono, giardino che produce sempre frutti. Il Signore promette che potrai ricostruire le fondamenta dimenticate dalle generazioni che ti hanno preceduto, ricongiungendoti direttamente a generazioni lontane “sane”. Promette di essere “ri-fondatori”.
Ma io posso fare questo? Senz'altro ci vuole molto amore umile e concreto e molta dedizione. Ma abbiamo sicuramente a disposizione molta più grazia di quanto pensiamo. Qualcuno vuole essere il Fondatore di tutto. Non è così. Senza Gesù non si fa nulla. E non ci interessa nemmeno. Che gusto c'è a fare qualcosa senza Gesù e senza il Vangelo?
Gesù è colui che ricostruisce fondamenta di generazioni passate, colui che dice con sicurezza “voi dite che si è sempre fatto così? Ma in principio non era così!”
Gesù è il Fondamento, la Roccia della nostra Salvezza, la Sorgente di ogni Grazia. Lui che sarà la pietra che scarteranno i “costruttori”, chiama per aiutarlo, per continuare la sua opera Levi-Matteo il pubblicano e tutte le pietre scartate dai forti, dai giusti, dai custodi del “si è sempre fatto così”, del “non bisogna esagerare”, del “vuoi fare il santo”. Quindi se sei pronto/a a fare fiducia a Gesù e a seguirlo, c'è posto anche per te per dare speranza al mondo.

Prima Lettura   Is 58, 9b-14
Se aprirai il tuo cuore all’affamato, brillerà fra le tenebre la tua luce.

QUERIDA MAZONIA Capitolo terzo nn. 53-57




53. Molte volte lasciamo che la coscienza diventi insensibile, perché «la distrazione costante ci toglie il coraggio di accorgerci della realtà di un mondo limitato e finito».[71] Se si guarda alla superficie forse sembra «che le cose non siano tanto gravi e che il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle condizioni attuali. Questo comportamento evasivo ci serve per mantenere i nostri stili di vita, di produzione e di consumo. È il modo in cui l’essere umano si arrangia per alimentare tutti i vizi autodistruttivi: cercando di non vederli, lottando per non riconoscerli, rimandando le decisioni importanti, facendo come se nulla fosse».[72]
54. Oltre a tutto ciò, desidero ricordare che ciascuna delle diverse specie ha valore in sé stessa, e però «ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre. La stragrande maggioranza si estingue per ragioni che hanno a che fare con qualche attività umana. Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto».[73]

QUERIDA AMAZONIA Capitolo terzo nn. 47-52





47. La poesia aiuta ad esprimere una dolorosa sensazione che oggi in molti condividiamo. La verità ineludibile è che, nelle attuali condizioni, con questo modo di trattare l’Amazzonia, tanta vita e tanta bellezza stiano “prendendo la direzione della fine”, benché molti vogliano continuare a credere che non è successo nulla:
«Quelli che credevano che il fiume fosse una corda per giocare si sbagliavano.
Il fiume è una vena sottile sulla faccia della terra. […]
Il fiume è una fune a cui si aggrappano animali e alberi.
Se tirano troppo forte, il fiume potrebbe esplodere.
Potrebbe esplodere e lavarci la faccia con l’acqua e con il sangue».[58]
48. L’equilibrio planetario dipende anche dalla salute dell’Amazzonia. Assieme al bioma del Congo e del Borneo, impressiona per la diversità delle sue foreste, dalle quali dipendono anche i cicli delle piogge, l’equilibrio del clima e una grande varietà di esseri viventi. Funziona come un grande filtro del diossido di carbonio, che aiuta ad evitare il surriscaldamento della terra. In gran parte, il suo suolo è povero di humus, motivo per cui la foresta «cresce realmente sopra il terreno e non dal terreno».[59] Quando si elimina la foresta, questa non viene rimpiazzata, perché rimane un terreno con poche sostanze nutritive che si trasforma in un’area desertica o povera di vegetazione. Questo è grave, perché nelle viscere della foresta amazzonica sussistono innumerevoli risorse che potrebbero essere indispensabili per la cura di malattie. I suoi pesci, i frutti, e gli altri doni sovrabbondanti arricchiscono l’alimentazione umana. Inoltre, in un ecosistema come quello amazzonico, l’apporto di ogni singola parte nella conservazione dell’insieme si rivela indispensabile. Anche le terre costiere e la vegetazione marina hanno bisogno di essere fertilizzate da quanto trascina il Rio delle Amazzoni. Il grido dell’Amazzonia raggiunge tutti, perché  «l’aspetto di conquista e di sfruttamento delle risorse […] è giunto oggi a minacciare la stessa capacità ospitale dell’ambiente: l’ambiente come “risorsa” rischia di minacciare l’ambiente come “casa”».[60] L’interesse di poche imprese potenti non dovrebbe esser messo al di sopra del bene dell’Amazzonia e dell’intera umanità.
49. Non è sufficiente prestare attenzione alla conservazione delle specie più visibili a rischio di estinzione. È cruciale tener conto che «per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi. Alcune specie poco numerose, che di solito passano inosservate, giocano un ruolo critico fondamentale per stabilizzare l’equilibrio di un luogo».[61] Ciò è facilmente ignorato nella valutazione dell’impatto ambientale dei progetti economici di industrie estrattive, energetiche, del legname e altre che distruggono e inquinano. Inoltre, l’acqua, abbondante in Amazzonia, è un bene essenziale per la sopravvivenza umana, ma le fonti di inquinamento sono in costante crescita.[62]

QUERIDA AMAZONIA Capitolo terzo nn. 41-46





41. In una realtà culturale come l’Amazzonia, dove esiste una relazione così stretta dell’essere umano con la natura, l’esistenza quotidiana è sempre cosmica. Liberare gli altri dalle loro schiavitù implica certamente prendersi cura dell’ambiente e proteggerlo,[46]  ma ancor più aiutare il cuore dell’uomo ad aprirsi con fiducia a quel Dio che non solo ha creato tutto ciò che esiste, ma ci ha anche donato sé stesso in Gesù Cristo. Il Signore, che per primo ha cura di noi, ci insegna a prenderci cura dei nostri fratelli e sorelle e dell’ambiente che ogni giorno Egli ci regala. Questa è la prima ecologia di cui abbiamo bisogno. In Amazzonia si comprendono meglio le parole di Benedetto XVI quando diceva che «accanto all’ecologia della natura c’è un’ecologia che potremmo dire “umana”, la quale a sua volta richiede un’“ecologia sociale”. E ciò comporta che l'umanità […] debba tenere sempre più presenti le connessioni esistenti tra l’ecologia naturale, ossia il rispetto della natura, e l’ecologia umana».[47] L’insistenza sul fatto che «tutto è connesso»[48] vale in modo speciale per un territorio come l’Amazzonia.
42. Se la cura delle persone e la cura degli ecosistemi sono inseparabili, ciò diventa particolarmente significativo lì dove «la foresta non è una risorsa da sfruttare, è un essere, o vari esseri con i quali relazionarsi».[49] La saggezza dei popoli originari dell’Amazzonia «ispira cura e rispetto per il creato, con una chiara consapevolezza dei suoi limiti, proibendone l’abuso. Abusare della natura significa abusare degli antenati, dei fratelli e delle sorelle, della creazione e del Creatore, ipotecando il futuro».[50] Gli indigeni, «quando rimangono nei loro territori, sono quelli che meglio se ne prendono cura»,[51] sempre che non si lascino ingannare dai canti di sirena e dalle offerte interessate di gruppi di potere. I danni alla natura li affliggono in modo molto diretto e constatabile, perché – dicono –: «Siamo acqua, aria, terra e vita dell’ambiente creato da Dio. Pertanto, chiediamo che cessino i maltrattamenti e lo sterminio della Madre terra. La terra ha sangue e si sta dissanguando, le multinazionali hanno tagliato le vene alla nostra Madre terra».[52]
43. In Amazzonia l’acqua è la regina, i fiumi e i ruscelli sono come vene, e ogni forma di vita origina da essa:
«Lì, nel pieno delle estati ardenti, quando svaniscono, morte nell’aria immobile, le ultime folate di vento orientale, il termometro viene sostituito dall’igrometro nella definizione del clima. Le esistenze dipendono da un alternarsi doloroso di abbassamenti e innalzamenti dei grandi fiumi. Questi si elevano sempre in una maniera impressionante. Il Rio delle Amazzoni, gonfio, esce dal suo letto, accresce in pochi giorni il livello delle sue acque […]. La piena del fiume è un arresto della vita. Prigioniero nelle maglie dei “sentieri delle canoe”, l’uomo attende perciò, con singolare stoicismo nei confronti della fatalità ineludibile, la fine di quell’inverno paradossale, dalle temperature elevate. L’abbassamento delle acque è l’estate. È la risurrezione dell’attività primordiale di coloro che da quelle parti si dibattono, dell’unica forma di vita compatibile con la natura che si impegna al massimo in manifestazioni disparate, rendendo impossibile il prolungamento di qualsiasi sforzo».[53]

QUERIDA AMAZONIA Capitolo secondo nn. 39-40



39. L’economia globalizzata danneggia senza pudore la ricchezza umana, sociale e culturale. La disintegrazione delle famiglie, che si verifica a partire da migrazioni forzate, intacca la trasmissione di valori, perché «la famiglia è ed è sempre stata l’istituzione sociale che più ha contribuito a mantenere vive le nostre culture».[43] Inoltre, «di fronte all’invasione colonizzatrice dei mezzi di comunicazione di massa», occorre promuovere per i popoli originari «comunicazioni alternative a partire dalle [loro] proprie lingue e culture» e che «gli stessi soggetti indigeni siano presenti nei mezzi di comunicazione già esistenti».[44]
40. In qualsiasi progetto per l’Amazzonia, «è necessario assumere la prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture, e in tal modo comprendere che lo sviluppo di un gruppo sociale […] richiede il costante protagonismo degli attori sociali locali a partire dalla loro propria cultura. Neppure la nozione di qualità della vita si può imporre, ma dev’essere compresa all’interno del mondo di simboli e consuetudini propri di ciascun gruppo umano».[45] E se le culture ancestrali dei popoli originari sono nate e si sono sviluppate in intimo contatto con l’ambiente naturale circostante, difficilmente potranno conservarsi indenni quando tale ambiente si deteriora.
Con ciò si fa strada il sogno successivo.

mercoledì 26 febbraio 2020

QUERIDA AMAZONIA Capitolo secondo nn. 33-38


CAPITOLO SECONDO

Custodire le radici
33. Desidero adesso ricordare che «la visione consumistica dell’essere umano, favorita dagli ingranaggi dell’attuale economia globalizzata, tende a rendere omogenee le culture e a indebolire l’immensa varietà culturale, che è un tesoro dell’umanità».[35] Ciò tocca da vicino i giovani, quando si tende «a dissolvere le differenze proprie del loro luogo di origine, a trasformarli in soggetti manipolabili fatti in serie».[36] Per evitare questa dinamica di impoverimento umano, occorre amare e custodire le radici, perché esse sono «un punto di radicamento che ci consente di crescere e di rispondere alle nuove sfide».[37] Invito i giovani dell’Amazzonia, specialmente gli indigeni, a «farsi carico delle radici, perché dalle radici viene la forza che vi fa crescere, fiorire, fruttificare».[38] Per quanti di loro sono battezzati, queste radici comprendono la storia del popolo d’Israele e della Chiesa, fino al giorno d’oggi. Conoscerle è una fonte di gioia e soprattutto di speranza che ispira azioni coraggiose e nobili.
34. Per secoli i popoli amazzonici hanno trasmesso la loro saggezza culturale oralmente, attraverso miti, leggende, narrazioni, come avveniva con «quei primitivi cantastorie che percorrevano la foresta raccontando storie di villaggio in villaggio, mantenendo viva una comunità che, senza il cordone ombelicale di questi racconti, la distanza e l’isolamento avrebbero frammentato e dissolto».[39] Per questo è importante «lasciare che gli anziani facciano lunghe narrazioni»[40] e che i giovani si fermino a bere a questa fonte.

QUARESIMA: LASCIARCI RICONCILIARE CON DIO / Mercoledì delle Ceneri



Papa Francesco ci fa aprire il Kairos (tempo favorevole) della Quaresima 2020 con un messaggio che richiama direttamente la seconda lettura della liturgia del mercoledì delle ceneri (2 Cor 5,20-6,2), prendendo come concetto centrale il versetto 20: Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Per tanti anni vedevo arrivare la Quaresima come un tempo in cui dovevo sforzarmi. E chiaramente mi metteva tristezza, sia per le cose che avrei lasciato, sia perché sapevo già che nella mia debolezza avrei fatto poco, sarei stato scontento. Entrando in convento in Sicilia, ho sentito per la prima volta la Quaresima come un dono, un tempo di grazia, un tempo in cui il Signore mi offriva la conversione. Leggiamo e meditiamo il brano di san Paolo un po’ allargato (2 Cor. 5,14-6:2) e il messaggio del Papa.
Buona Quaresima a tutti, buon tempo favorevole di conversione!

Poiché l'amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Cosicché ormai noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così. Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio.
E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti:
Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso.
Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
2 Corinti 5,14-6,2

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2020

«Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20)

Cari fratelli e sorelle!
Anche quest’anno il Signore ci concede un tempo propizio per prepararci a celebrare con cuore rinnovato il grande Mistero della morte e risurrezione di Gesù, cardine della vita cristiana personale e comunitaria. A questo Mistero dobbiamo ritornare continuamente, con la mente e con il cuore. Infatti, esso non cessa di crescere in noi nella misura in cui ci lasciamo coinvolgere dal suo dinamismo spirituale e aderiamo ad esso con risposta libera e generosa.
1. Il Mistero pasquale, fondamento della conversione
La gioia del cristiano scaturisce dall’ascolto e dall’accoglienza della Buona Notizia della morte e risurrezione di Gesù: il kerygma. Esso riassume il Mistero di un amore «così reale, così vero, così concreto, che ci offre una relazione piena di dialogo sincero e fecondo» (Esort. ap. Christus vivit, 117). Chi crede in questo annuncio respinge la menzogna secondo cui la nostra vita sarebbe originata da noi stessi, mentre in realtà essa nasce dall’amore di Dio Padre, dalla sua volontà di dare la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). Se invece si presta ascolto alla voce suadente del “padre della menzogna” (cfr Gv 8,45) si rischia di sprofondare nel baratro del nonsenso, sperimentando l’inferno già qui sulla terra, come testimoniano purtroppo molti eventi drammatici dell’esperienza umana personale e collettiva.

lunedì 24 febbraio 2020

SAN GIOVANNI PAOLO MAGNO



Vorrei segnalare e consigliare un libro appena uscito in libreria e che sto leggendo: “San Giovanni Paolo Magno”. Espone la personalità di papa Giovanni Paolo II anche attraverso gli occhi e le esperienze di papa Francesco.
Ricopio da pagina 41 una conversazione di papa Giovanni Paolo II.
  
E nel ricordare la nascita di una profonda passione per il Vangelo, Giovanni Paolo II un giorno condivise questo ricordo: “Mi ricordo che quando ero giovane come voi e leggevo il Vangelo, per me l’argomento più forte a favore della veridicità di ciò che stavo leggendo era che nel Vangelo non c'è nessuna segreta promessa. Egli ha detto ai suoi discepoli una verità assolutamente dura: ‘Non aspettatevi niente, nessun regno di questo mondo, nessun posto alla destra o alla sinistra nei misteri di questo futuro regno messianico. Il Re messianico andrà sulla croce e poi verrà provato. Poi la Resurrezione vi darà la forza, la potenza dello Spirito Santo, per essere capaci di testimoniare al mondo questo crocifisso. Ma nessuna segreta promessa! Nel mondo sarete oppressi’. Questo mi convinceva molto, perché normalmente gli uomini cercano di attirare gli altri con delle promesse. Con delle promesse, con la carriera, i guadagni: che cosa te ne verrà, ne avrai questo, e quello, e quello…”.
(“San Giovanni Paolo Magno”, la giovinezza e la formazione, p. 41)

Tra i cristiani esiste l'eresia del cosiddetto "Vangelo della prosperità" che caratterizza sopratutto alcune comunità o chiese di cristiani protestanti e specialmente evangelici, ma che ritroviamo anche tra i cattolici. Consiste nel credere e far credere che se preghi, tutto ti andrà bene. Alcuni promettono grazie. Non si può fare questo!, anche se Dio è generoso per chi lo prega, lo costatiamo ogni giorno. Ma Dio è un padre, non un commerciante. Egli dà dei segni, ma lo scopo di Gesù è sempre la fede, il nostro abbandono a Lui. "Cerca Dio e la sua Giustizia prima di ogni cosa, e tutto il resto ti sarà dato in sovrappiù".

domenica 23 febbraio 2020

PORGI L'ALTRA GUANCIA: QUANDO GESU' OFFENDE L'INTELLIGENZA DEI CRISTIANI / VII Domenica T.O.




 “Il cristiano (con tutti i suoi limiti) non può essere come gli altri”. Questa è una traduzione corretta adattata a noi del: “siate santi!” della prima lettura.
Ma noi, a quale livello stiamo: dell’Antico o del Nuovo Testamento?
A livello dell’Antico Testamento: non coverai odio, non ti vendicherai, nemmeno serberai rancore, ma amerai tutti gli altri battezzati – che sono tuoi fratelli – come te stesso. Se vedi qualcuno che commette un peccato, che non segue il Vangelo, devi dirglielo.
Già con quell’ultimo consiglio, caro Signore, sai quante noie? Ti sembra che se uno riceve da me una correzione, mi fa il sorriso, mi ringrazia perché lo aiuto nella vita spirituale? Mi manda a quel paese, mi insulta, mi chiede come mi permetto, mi carica di botte, come minimo mi toglie il saluto…
E se questo è l’Antico Testamento, cosa sarà mai il Nuovo? Sai, è vero, siamo tutti cristiani, Signore, ma il nostro cristianesimo, quando non è puramente immaginario, è un po’ come la vernice messa in fretta, senza preparazione. Gratti un po’ e trovi ancora la ruggine sotto, dopo un po’, cade da sola a scaglie.
Lo so – dice Gesù – ma non sei solo. Io sono con te. Non sapevi che non si può essere cristiani senza Cristo? C'è chi vuole (o pensa che deve) vivere il Cristianesimo con sforzo, da solo. È una malattia molto diffusa. E chiaramente i risultati sono quelli che sono. C'è anche chi vuole farsi vedere cristiano, come i farisei, ma poi, come la vernice appunto, alla prima occasione esce fuori tutto l’uomo vecchio.
Gli apostoli dopo la Pentecoste dicevano: “noi e lo Spirito Santo”. Non come dice qualcuno – che in genere dice piuttosto “Io e lo Spirito Santo” – e questo significa: “Non ho bisogno di imparare niente da nessuno, ho sempre ragione io”. No. Gli apostoli e i primi cristiani dicevano: “noi e lo Spirito Santo” perché sapevano di non essere più soli. Sapevano che consegnandosi totalmente a Dio, sottomettendosi totalmente a Lui, avevano ricevuto insieme questo Spirito che da codardi che erano, come tutti, li avevano trasformati, fatti risorgere, costituiti come comunità. Erano pronti a morire crocifissi come Gesù per l’umanità, potevano amare i nemici, ricambiare il male con il bene. Erano “decentrati”. Non più “IO”, e guai a chi mi tocca, ma “noi e lo Spirito Santo”. E questo li rendeva felici.

Prima Lettura  Lv 19, 1-2. 17-18
Ama il prossimo tuo come te stesso.

QUERIDA AMAZONIA, Capitolo primo, n. 23-27



QUERIDA AMAZONIA
23. Nella Laudato si’ ricordavamo che «se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana […]. All’interno di ciascun livello sociale e tra di essi, si sviluppano istituzioni che regolano le relazioni umane. Tutto ciò che le danneggia comporta effetti nocivi, come la perdita della libertà, l’ingiustizia e la violenza. Diversi Paesi sono governati da un sistema istituzionale precario, a costo delle sofferenze della popolazione».[25]
24. Come stanno le istituzioni della società civile in Amazzonia? L’Instrumentum laboris del Sinodo, che raccoglie molti contributi di persone e gruppi dell’Amazzonia, si riferisce a «una cultura che avvelena lo Stato e le sue istituzioni, permeando tutti gli strati sociali, comprese le comunità indigene. Si tratta di una vera e propria piaga morale; di conseguenza, si perde la fiducia nelle istituzioni e nei suoi rappresentanti, il che scredita totalmente la politica e le organizzazioni sociali. I popoli amazzonici non sono estranei alla corruzione e ne diventano le principali vittime».[26]
25. Non possiamo escludere che membri della Chiesa siano stati parte della rete di corruzione, a volte fino al punto di accettare di mantenere il silenzio in cambio di aiuti economici per le opere ecclesiali. Proprio per questo sono arrivate proposte al Sinodo che invitano a «prestare particolare attenzione all’origine delle donazioni o di altri tipi di benefici, così come agli investimenti fatti dalle istituzioni ecclesiastiche o dai cristiani».[27]

QUERIDA AMAZONIA, Capitolo secondo, n. 28-32


QUERIDA AMAZONIA

28. Il tema è promuovere l’Amazzonia; ciò però non significa colonizzarla culturalmente, bensì fare in modo che essa stessa tragga da sé il meglio. Questo è il senso della migliore opera educativa: coltivare senza sradicare; far crescere senza indebolire l’identità; promuovere senza invadere. Come ci sono potenzialità nella natura che potrebbero andare perdute per sempre, lo stesso può succedere con culture portatrici di un messaggio ancora non ascoltato e che oggi si trovano minacciate come non mai.
29. In Amazzonia vivono molti popoli e nazionalità, e più di 110 popoli indigeni in stato di isolamento volontario (PIAV).[31] La loro situazione risulta assai fragile e molti si rendono conto di essere tra gli ultimi depositari di un tesoro destinato a scomparire, come se solo si permettesse loro di sopravvivere senza disturbare, mentre la colonizzazione postmoderna avanza. Bisogna evitare di considerarli dei “selvaggi non civilizzati”. Semplicemente hanno dato vita a culture diverse e ad altre forme di civiltà, che anticamente hanno raggiunto un notevole sviluppo.[32]
30. Prima della colonizzazione, la popolazione si concentrava lungo le rive dei fiumi e dei laghi; l’avanzata colonizzatrice sospinse poi gli antichi abitanti verso l’interno della foresta. Oggi, la crescente desertificazione costringe a nuovi spostamenti molti, che finiscono per occupare le periferie o i marciapiedi delle città, talvolta in una situazione di miseria estrema, ma anche di frammentazione interiore dovuta alla perdita dei valori da cui erano sostenuti. In tale contesto, solitamente perdono i punti di riferimento e le radici culturali che conferivano loro un’identità e un senso di dignità, e vanno ad allungare la fila degli scartati. Così si interrompe la trasmissione culturale di una saggezza che ha attraversato i secoli, di generazione in generazione. Le città, che dovrebbero essere luoghi di incontro, di mutuo arricchimento, di fecondazione tra culture diverse, si trasformano nello scenario di un doloroso scarto.

sabato 22 febbraio 2020

PIETRO, ROCCIA E PADRE / Cattedra di san Pietro, Apostolo



La Chiesa tutta celebra oggi il grandissimo dono che Gesù ci ha fatto di avere una Pietra, una Roccia come guida, come rifugio, che ci renda sicuri. Questo è stato detto solo a Pietro anche se i Dodici hanno ricevuto una missione speciale insieme. Ma di Pietra ce n’è una sola. Se ha funzionato per tutti i papi precedenti, perché di colpo, non deve funzionare per il papa attuale? La verità è che quando uno mette se stesso, o il suo partito, o la mentalità mondana, al di sopra della fede, il PAPA ATTUALE, VIVENTE, NON VA MAI BENE. Il buon Papa è sempre quello morto, perché ne posso dire quello che voglio. Tutti i papi viventi sono stati criticati, perché questa Roccia è anche Segno di contraddizione, Testata d’angolo su cui i ribelli si frantumano.
Pietro è Roccia anche in quanto si fa modello del gregge nella santità, nell’amore. Pietro lo chiede a tutti i pastori, a tutti i responsabili, a tutti i genitori, e sa bene però che questa esortazione è rivolta prima a lui. Infatti a tutti Cristo ha dato un esempio e “chi dice di dimorare in Cristo deve comportarsi come lui si è comportato” (1 Gv 2,6). Ma chi è mai all’altezza di questi compiti da essere profumo di Cristo, odore di vita per quelli che si salvano e odore di morte per quelli che si perdono? (cf. 2 Cor 2,15-16).
Ci sono altri aspetti che ho avuto la gioia di contemplare oggi con una comunità di suore, leggendo gli Atti degli Appostoli. Ma già queste due dimensioni, roccia e pastoralità sono più che sufficienti per benedire Dio che ci ha dato Pietro e seguirlo con fiducia, oggi.

Prima Lettura  1 Pt 5,1-4
Compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero.

venerdì 21 febbraio 2020

CHI VUOLE SALVARE LA PROPRIA VITA LA PERDERA' / venerdì VI sett. T.O.



Il brano di Giacomo e il Vangelo impongono di fare scelte radicali. 
Giacomo conosce le comunità cristiane e la loro vita quotidiana. Sono composte di fedeli passati abbastanza naturalmente dall’ebraismo alla fede in Gesù e di pagani. Tutti hanno come riferimento la croce che, in quel tempo, era di un realismo totale. Eppure la debolezza fa che c'è chi non si lascia toccare il cuore più di tanto, che si “siede” rapidamente. Non è forse stato detto che è la fede che salva? Che Gesù ha pagato per tutti noi? Io credo, ringrazio Dio, e continuo a vivere come prima. Gli apostoli sanno benissimo che Dio ama gratuitamente, e che senza la grazia nessuno realizza niente di buono, ma sanno anche che l’atto di credere, di appoggiarsi davvero alla Parola di Dio mette in cammino, cambia la vita. Se non ti mette in cammino, ti stai illudendo. La fede autentica opera per mezzo della carità.
Gesù ha raccomandato ai suoi discepoli di non divulgare che egli è il Cristo. Quindi chi non fa parte dei dodici non sa ancora niente. Come mai allora Gesù afferma davanti a tutta la folla con parole fortissime che per seguirlo bisogno dare tutto? Il Regno di Dio è una realtà talmente bella e grande che riempie la vita, e per esso, per la Buona Notizia, vale la pena, ma sopratutto bisogna dare tutto. Infatti se ti barcameni, non sei né un peccatore dichiarato, né un santo, ma poi muori senza aver trovato nulla, che senso ha la tua vita? Chi si ricorderà che ti sei fatto rispettare davanti a Tizio o Caio? E sopratutto chi se ne importerà? Muoiono loro e muori anche tu. A che ti è servito? “Ma nel frattempo mi sono tolto qualche sassolino dalle scarpe”. È una logica di disperati. A vedere come ci comportiamo quotidianamente (ci becchiamo ogni giorno) sembra che siamo un po’ tutti disperati. Allora ascoltiamo Gesù. Non ci inganna. Anzi, Karol Wojtila adolescente trovava che passi del Vangelo come questo lo rendevano molto credibile ai suoi occhi!


Prima Lettura   Gc 2, 14-24. 26
Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

giovedì 20 febbraio 2020

PIETRO, BEATO O SATANA? / giovedì VI sett. T.O.

"Vattene lontano da me, Satana ... " - J. Tissot

Gesù non si presenta ai suoi discepoli come il Messia, ma aspetta che siano loro a scoprirlo vivendo con lui, facendo esperienza con lui e meditando su ciò che vivono e vedono. Comprendiamo perché Marco ha posto, appena prima del vangelo di oggi, la guarigione progressiva del cieco di ieri. È il segno dell’illuminazione progressiva di chi cerca la luce. Solo l'esperienza trasforma. 
Ma essere illuminato dallo Spirito Santo anche su una verità fondamentale non significa essere convertito. Sarà forse l’arrivo alla meta dopo un lungo cammino ma sarà anche solo l’inizio di un viaggio molto più lungo ancora. Per questo papa Francesco "ribadisce la necessità" di un cammino di conversione per tutti. Veramente papa Francesco ha detto "necessità di un catecumenato".  Infatti, fa riflettere tanto che pochi minuti dopo aver ricevuto quella luce essenziale: “Tu sei il Cristo!” – ed essere complimentato da Gesù che sottolinea che quel dono viene dall’alto secondo il racconto di  Matteo (16,17) – Pietro viene chiamato Satana (con la “S” maiuscola!), e rimproverato davanti a tutti. Come mai? Pietro pretende ancora che Dio e il suo piano siano conformi a quello che lui già sa, a quello che accetta e desidera.
Noi, che siamo stati vaccinati di Cristianesimo fin da piccoli, abbiamo reso innocuo il Vangelo trasformandolo in una religione umana e solo per questo non ci scandalizza e non ci meraviglia più. Però è anche il motivo per cui non ci salva. Ci scandalizza invece che uno che vuole bene – Pietro voleva davvero bene a Gesù – possa essere chiamato Satana e rimproverato, davanti a tutti, poi! Se pensiamo secondo gli uomini e non secondo Dio siamo anche noi Satana. Ibn ‘araby, un mistico musulmano, diceva invece che “ ‘issà (Gesù) è una malattia che se ti ha contagiato, non guarisci più”. Forse, pur nella forma imperfetta di un musulmano, aveva capito più di tanti battezzati.

Oggi è la memoria dei Santi Pastorelli di Fatima, Francesco e Giacinta, e il centesimo anniversario della morte di Giacinta, la più giovane Santa, non martire, della Chiesa. Loro avevano capito il mistero della Croce.
  
Prima Lettura   Gc 2, 1-9
Dio non ha forse scelto i poveri? Voi invece avete disonorato il povero! 

mercoledì 19 febbraio 2020

UN MIRACOLO DI GESU' NON OMOLOGATO COME TALE ... / mercoledì VI sett. T.O.



Gesù guarisce un cieco e gli chiede di non divulgare la notizia. Solo un miracolo in più? Cosa c'è di particolare per cui valga la pena scriverlo nel Vangelo? Mi è venuta una battuta: il Bureau médical di Lourdes non avrebbe omologato questo miracolo di Gesù perché le caratteristiche dei miracoli devono essere che la guarigione sia istantanea, totale e duratura e “manca” in questo caso il primo criterio. Gesù guarisce in due volte!
Non è la prima volta che la guarigione di ciechi viene chiaramente interpretata come apertura del cuore e dello spirito alla realtà spirituale. Ma questo miracolo ha una valenza particolare.
Molti pensano di vedere e sono ciechi. Per loro c'è poco da fare, fin quando un avvenimento, una parola, li mette in crisi, gli aprono gli occhi, o gli fanno “vedere la loro cecità”. Ma molti ancora, forse tutti noi, dopo aver ricevuto una prima luce, pensiamo di essere del tutto guariti, già fatti maestri, “diventati re” come dice san Paolo ai corinti, mentre abbiamo così tanto da scoprire ancora. “Già siete sazi, già siete diventati ricchi; senza di noi già siete diventati re. Magari foste diventati re! Così anche noi potremmo regnare con voi.” (1 Cor 4:8) ironizza san Paolo. È lo stesso rimprovero che si trova nell’Apocalisse: Tu dici: «Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla», ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo” (Ap 3:17). E ancora Pietro: “Chi invece non ha queste cose è cieco e miope, dimentico di essere stato purificato dai suoi antichi peccati.” (2P 1:9). “Queste cose”di cui parla san Pietro sono fede, virtù, conoscenza, auto dominio, costanza, pietà, amore fraterno, carità. Se non hai tutto questo, sei cieco e miope….. E chi ha tutto questo? Allora tutti ciechi e miopi?
Se ne prendiamo coscienza forse oggi saremo più impegnati a chiedere a Dio una vera conversione e meno a giudicare gli altri, a sentirci offesi perché non ci valutano come meritiamo. Dio vuole donarci l’ENERGIA DELL’AMORE che cambia la storia.

Prima Lettura   Gc 1, 19-27
Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto.

QUERIDA AMAZONIA, Capitolo primo, n. 18-22





CAPITOLO PRIMO

18. Ci incoraggia ricordare che, in mezzo ai gravi eccessi della colonizzazione dell’Amazzonia, piena di «contraddizioni e lacerazioni»,[16] molti missionari sono giunti là con il Vangelo, lasciando i propri Paesi e accettando una vita austera e impegnativa vicino ai più indifesi. Sappiamo che non tutti sono stati esemplari, ma il lavoro di quelli che si sono mantenuti fedeli al Vangelo ha anche ispirato «una legislazione come le Leggi delle Indie che proteggevano la dignità degli indigeni contro i soprusi ai loro popoli e territori».[17] Dato che spesso erano i sacerdoti coloro che proteggevano gli indigeni da assalitori e profittatori, i missionari raccontano: «Ci chiedevano con insistenza di non abbandonarli e ci strappavano la promessa di ritornare di nuovo».[18]
19. Nel momento presente la Chiesa non può essere meno impegnata, ed è chiamata ad ascoltare le grida dei popoli amazzonici «per poter esercitare in modo trasparente il suo ruolo profetico».[19] Al tempo stesso, poiché non possiamo negare che il grano si è mescolato con la zizzania e che non sempre i missionari sono stati a fianco degli oppressi, me ne vergogno e ancora una volta «chiedo umilmente perdono, non solo per le offese della Chiesa stessa, ma per i crimini contro i popoli indigeni durante la cosiddetta conquista dell’America»[20] e per gli atroci crimini che seguirono attraverso tutta la storia dell’Amazzonia. Ringrazio i membri dei popoli originari e dico loro nuovamente: «Voi con la vostra vita siete un grido rivolto alla coscienza […]. Voi siete memoria viva della missione che Dio ha affidato a noi tutti: avere cura della Casa comune».[21]
20. La lotta sociale implica una capacità di fraternità, uno spirito di comunione umana. Ora, senza sminuire l’importanza della libertà personale, va sottolineato che i popoli originari dell’Amazzonia possiedono un forte senso comunitario. Essi vivono così «il lavoro, il riposo, le relazioni umane, i riti e le celebrazioni. Tutto è condiviso, gli spazi privati – tipici della modernità – sono minimi. La vita è un cammino comunitario dove i compiti e le responsabilità sono divisi e condivisi in funzione del bene comune. Non c’è posto per l’idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio».[22] Le relazioni umane sono impregnate dalla natura circostante, perché gli indigeni la sentono e la percepiscono come una realtà che integra la loro società e la loro cultura, come un prolungamento del loro corpo personale, familiare e di gruppo sociale:
«Quella stella si avvicina
aleggiano i colibrì
più che la cascata tuona il mio cuore
con le tue labbra irrigherò la terra
che su di noi giochi il vento».[23]