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domenica 23 febbraio 2020

QUERIDA AMAZONIA, Capitolo primo, n. 23-27



QUERIDA AMAZONIA
23. Nella Laudato si’ ricordavamo che «se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana […]. All’interno di ciascun livello sociale e tra di essi, si sviluppano istituzioni che regolano le relazioni umane. Tutto ciò che le danneggia comporta effetti nocivi, come la perdita della libertà, l’ingiustizia e la violenza. Diversi Paesi sono governati da un sistema istituzionale precario, a costo delle sofferenze della popolazione».[25]
24. Come stanno le istituzioni della società civile in Amazzonia? L’Instrumentum laboris del Sinodo, che raccoglie molti contributi di persone e gruppi dell’Amazzonia, si riferisce a «una cultura che avvelena lo Stato e le sue istituzioni, permeando tutti gli strati sociali, comprese le comunità indigene. Si tratta di una vera e propria piaga morale; di conseguenza, si perde la fiducia nelle istituzioni e nei suoi rappresentanti, il che scredita totalmente la politica e le organizzazioni sociali. I popoli amazzonici non sono estranei alla corruzione e ne diventano le principali vittime».[26]
25. Non possiamo escludere che membri della Chiesa siano stati parte della rete di corruzione, a volte fino al punto di accettare di mantenere il silenzio in cambio di aiuti economici per le opere ecclesiali. Proprio per questo sono arrivate proposte al Sinodo che invitano a «prestare particolare attenzione all’origine delle donazioni o di altri tipi di benefici, così come agli investimenti fatti dalle istituzioni ecclesiastiche o dai cristiani».[27]
Dialogo sociale
26. L’Amazzonia dovrebbe essere anche un luogo di dialogo sociale, specialmente tra i diversi popoli originari, per trovare forme di comunione e di lotta congiunta. Tutti gli altri siamo chiamati a partecipare come “invitati” e a cercare con estremo rispetto vie d’incontro che arricchiscano l’Amazzonia. Ma se vogliamo dialogare, dovremmo farlo prima di tutto con gli ultimi. Essi non sono interlocutori qualsiasi, che bisogna convincere, e nemmeno un convitato in più ad una tavola di pari. Essi sono i principali interlocutori, dai quali anzitutto dobbiamo imparare, che dobbiamo ascoltare per un dovere di giustizia e ai quali dobbiamo chiedere permesso per poter presentare le nostre proposte. La loro parola, le loro speranze, i loro timori dovrebbero essere la voce più potente in qualsiasi tavolo di dialogo sull’Amazzonia; e la grande questione è: come loro stessi immaginano il buon vivere per sé stessi e i loro discendenti?
27. Il dialogo non solo deve privilegiare la scelta preferenziale per la difesa dei poveri, degli emarginati e degli esclusi, ma li considera come protagonisti. Si tratta di riconoscere l’altro e di apprezzarlo “come altro”, con la sua sensibilità, le sue scelte più personali, il suo modo di vivere e di lavorare. Altrimenti il risultato sarà, come sempre, «un progetto di pochi indirizzato a pochi»,[28] quando non «un consenso a tavolino o un’effimera pace per una minoranza felice».[29] Se questo accade, «è necessaria una voce profetica»[30] e come cristiani siamo chiamati a farla sentire.
Da qui nasce il sogno successivo.


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