QUERIDA AMAZONIA
23. Nella Laudato si’ ricordavamo che «se tutto
è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società
comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana […].
All’interno di ciascun livello sociale e tra di essi, si sviluppano istituzioni
che regolano le relazioni umane. Tutto ciò che le danneggia comporta effetti nocivi,
come la perdita della libertà, l’ingiustizia e la violenza. Diversi Paesi sono
governati da un sistema istituzionale precario, a costo delle sofferenze della
popolazione».[25]
24. Come stanno le istituzioni della società civile in
Amazzonia? L’Instrumentum laboris del Sinodo, che
raccoglie molti contributi di persone e gruppi dell’Amazzonia, si riferisce a
«una cultura che avvelena lo Stato e le sue istituzioni, permeando tutti gli
strati sociali, comprese le comunità indigene. Si tratta di una vera e propria
piaga morale; di conseguenza, si perde la fiducia nelle istituzioni e nei suoi
rappresentanti, il che scredita totalmente la politica e le organizzazioni
sociali. I popoli amazzonici non sono estranei alla corruzione e ne diventano
le principali vittime».[26]
25. Non possiamo escludere che membri della Chiesa siano
stati parte della rete di corruzione, a volte fino al punto di accettare di
mantenere il silenzio in cambio di aiuti economici per le opere ecclesiali.
Proprio per questo sono arrivate proposte al Sinodo che invitano a «prestare
particolare attenzione all’origine delle donazioni o di altri tipi di benefici,
così come agli investimenti fatti dalle istituzioni ecclesiastiche o dai
cristiani».[27]
Dialogo
sociale
26. L’Amazzonia dovrebbe essere anche un luogo di dialogo
sociale, specialmente tra i diversi popoli originari, per trovare forme di
comunione e di lotta congiunta. Tutti gli altri siamo chiamati a partecipare
come “invitati” e a cercare con estremo rispetto vie d’incontro che
arricchiscano l’Amazzonia. Ma se vogliamo dialogare, dovremmo farlo prima di
tutto con gli ultimi. Essi non sono interlocutori qualsiasi, che bisogna
convincere, e nemmeno un convitato in più ad una tavola di pari. Essi sono i
principali interlocutori, dai quali anzitutto dobbiamo imparare, che dobbiamo
ascoltare per un dovere di giustizia e ai quali dobbiamo chiedere permesso per
poter presentare le nostre proposte. La loro parola, le loro speranze, i loro
timori dovrebbero essere la voce più potente in qualsiasi tavolo di dialogo
sull’Amazzonia; e la grande questione è: come loro stessi immaginano il buon
vivere per sé stessi e i loro discendenti?
27. Il dialogo non solo deve privilegiare la scelta
preferenziale per la difesa dei poveri, degli emarginati e degli esclusi, ma li
considera come protagonisti. Si tratta di riconoscere l’altro e di apprezzarlo
“come altro”, con la sua sensibilità, le sue scelte più personali, il suo modo
di vivere e di lavorare. Altrimenti il risultato sarà, come sempre, «un
progetto di pochi indirizzato a pochi»,[28] quando
non «un consenso a tavolino o un’effimera pace per una minoranza felice».[29] Se
questo accade, «è necessaria una voce profetica»[30] e
come cristiani siamo chiamati a farla sentire.
Da qui nasce il sogno successivo.
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