53. Molte volte lasciamo che la coscienza diventi
insensibile, perché «la distrazione costante ci toglie il coraggio di
accorgerci della realtà di un mondo limitato e finito».[71] Se
si guarda alla superficie forse sembra «che le cose non siano tanto gravi e che
il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle condizioni attuali. Questo
comportamento evasivo ci serve per mantenere i nostri stili di vita, di
produzione e di consumo. È il modo in cui l’essere umano si arrangia per
alimentare tutti i vizi autodistruttivi: cercando di non vederli, lottando per
non riconoscerli, rimandando le decisioni importanti, facendo come se nulla
fosse».[72]
54. Oltre a tutto ciò, desidero ricordare che ciascuna delle
diverse specie ha valore in sé stessa, e però «ogni anno scompaiono migliaia di
specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non
potranno vedere, perse per sempre. La stragrande maggioranza si estingue per
ragioni che hanno a che fare con qualche attività umana. Per causa nostra,
migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno
comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto».[73]
55. Imparando dai popoli originari, possiamo contemplare l’Amazzonia e non solo analizzarla, per riconoscere il mistero prezioso che ci supera. Possiamo amarla e non solo utilizzarla, così che l’amore risvegli un interesse profondo e sincero. Di più, possiamo sentirci intimamente uniti ad essa e non solo difenderla, e allora l’Amazzonia diventerà nostra come una madre. Perché «il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri».[74]
55. Imparando dai popoli originari, possiamo contemplare l’Amazzonia e non solo analizzarla, per riconoscere il mistero prezioso che ci supera. Possiamo amarla e non solo utilizzarla, così che l’amore risvegli un interesse profondo e sincero. Di più, possiamo sentirci intimamente uniti ad essa e non solo difenderla, e allora l’Amazzonia diventerà nostra come una madre. Perché «il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri».[74]
56. Risvegliamo il senso estetico e contemplativo che Dio ha
posto in noi e che a volte lasciamo si atrofizzi. Ricordiamo che, «quando non
si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni
cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli».[75] Per
contro, se entriamo in comunione con la foresta, facilmente la nostra voce si
unirà alla sua e si trasformerà in preghiera: «Coricati all’ombra di un vecchio
eucalipto, la nostra preghiera di luce s’immerge nel canto di fronde eterne»[76].
Tale conversione interiore è ciò che potrà permetterci di piangere per
l’Amazzonia e di gridare con essa al Signore.
57. Gesù ha detto: «Cinque passeri non si vendono forse per
due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6).
Dio Padre, che ha creato ogni essere dell’universo con infinito amore, ci
chiama ad essere suoi strumenti per ascoltare il grido dell’Amazzonia. Se noi
accorriamo a tale richiamo straziante, potrà rendersi manifesto che le creature
dell’Amazzonia non sono state dimenticate dal Padre del cielo. Per noi
cristiani, è Gesù stesso che ci implora attraverso di loro, «perché il Risorto
le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi
fiori del campo e gli uccelli che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi
umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa».[77] Per
queste ragioni, noi credenti troviamo nell’Amazzonia un luogo teologico, uno
spazio dove Dio stesso si manifesta e chiama i suoi figli.
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