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domenica 23 febbraio 2020

QUERIDA AMAZONIA, Capitolo secondo, n. 28-32


QUERIDA AMAZONIA

28. Il tema è promuovere l’Amazzonia; ciò però non significa colonizzarla culturalmente, bensì fare in modo che essa stessa tragga da sé il meglio. Questo è il senso della migliore opera educativa: coltivare senza sradicare; far crescere senza indebolire l’identità; promuovere senza invadere. Come ci sono potenzialità nella natura che potrebbero andare perdute per sempre, lo stesso può succedere con culture portatrici di un messaggio ancora non ascoltato e che oggi si trovano minacciate come non mai.
29. In Amazzonia vivono molti popoli e nazionalità, e più di 110 popoli indigeni in stato di isolamento volontario (PIAV).[31] La loro situazione risulta assai fragile e molti si rendono conto di essere tra gli ultimi depositari di un tesoro destinato a scomparire, come se solo si permettesse loro di sopravvivere senza disturbare, mentre la colonizzazione postmoderna avanza. Bisogna evitare di considerarli dei “selvaggi non civilizzati”. Semplicemente hanno dato vita a culture diverse e ad altre forme di civiltà, che anticamente hanno raggiunto un notevole sviluppo.[32]
30. Prima della colonizzazione, la popolazione si concentrava lungo le rive dei fiumi e dei laghi; l’avanzata colonizzatrice sospinse poi gli antichi abitanti verso l’interno della foresta. Oggi, la crescente desertificazione costringe a nuovi spostamenti molti, che finiscono per occupare le periferie o i marciapiedi delle città, talvolta in una situazione di miseria estrema, ma anche di frammentazione interiore dovuta alla perdita dei valori da cui erano sostenuti. In tale contesto, solitamente perdono i punti di riferimento e le radici culturali che conferivano loro un’identità e un senso di dignità, e vanno ad allungare la fila degli scartati. Così si interrompe la trasmissione culturale di una saggezza che ha attraversato i secoli, di generazione in generazione. Le città, che dovrebbero essere luoghi di incontro, di mutuo arricchimento, di fecondazione tra culture diverse, si trasformano nello scenario di un doloroso scarto.

31. Ogni popolo che è riuscito a sopravvivere in Amazzonia possiede la propria identità culturale e una ricchezza unica all’interno di un universo multi-culturale, in forza della stretta relazione che gli abitanti stabiliscono con l’ambiente, in una simbiosi – non deterministica – difficile da comprendere con schemi mentali esterni:
«C’era una volta un paesaggio che appariva col suo fiume
i suoi animali, le sue nuvole, i suoi alberi.
A volte però, quando da nessuna parte si vedeva
il paesaggio col suo fiume e i suoi alberi,
a queste cose toccava apparire nella mente di un ragazzo».[33]
«Del fiume fa’ il tuo sangue […].
Poi piantati,
germoglia e cresci
che la tua radice
si aggrappi alla terra
perpetuamente
e alla fine
sii canoa,
scialuppa, zattera,
suolo, giara,
stalla e uomo».[34]
32. I gruppi umani, i loro stili di vita e le loro visioni del mondo, sono vari tanto quanto il territorio, avendo dovuto adattarsi alla geografia e alle sue risorse. Non sono la stessa cosa i popoli dediti alla pesca e quelli dediti alla caccia o all’agricoltura nell’entroterra, piuttosto che i popoli che coltivano le terre soggette a inondazioni. In Amazzonia incontriamo inoltre migliaia di comunità indigene, afro-discendenti, rivierasche e abitanti città, che a loro volta sono molto diverse tra loro e ospitano una grande diversità umana. Attraverso un territorio e le sue caratteristiche Dio si manifesta, riflette qualcosa della sua inesauribile bellezza. Pertanto, i diversi gruppi, in una sintesi vitale con l’ambiente circostante, sviluppano una forma peculiare di saggezza. Quanti osserviamo dall’esterno dovremmo evitare generalizzazioni ingiuste, discorsi semplicistici o conclusioni tratte solo a partire dalle nostre strutture mentali ed esperienze.

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