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mercoledì 26 febbraio 2020

QUERIDA AMAZONIA Capitolo secondo nn. 33-38


CAPITOLO SECONDO

Custodire le radici
33. Desidero adesso ricordare che «la visione consumistica dell’essere umano, favorita dagli ingranaggi dell’attuale economia globalizzata, tende a rendere omogenee le culture e a indebolire l’immensa varietà culturale, che è un tesoro dell’umanità».[35] Ciò tocca da vicino i giovani, quando si tende «a dissolvere le differenze proprie del loro luogo di origine, a trasformarli in soggetti manipolabili fatti in serie».[36] Per evitare questa dinamica di impoverimento umano, occorre amare e custodire le radici, perché esse sono «un punto di radicamento che ci consente di crescere e di rispondere alle nuove sfide».[37] Invito i giovani dell’Amazzonia, specialmente gli indigeni, a «farsi carico delle radici, perché dalle radici viene la forza che vi fa crescere, fiorire, fruttificare».[38] Per quanti di loro sono battezzati, queste radici comprendono la storia del popolo d’Israele e della Chiesa, fino al giorno d’oggi. Conoscerle è una fonte di gioia e soprattutto di speranza che ispira azioni coraggiose e nobili.
34. Per secoli i popoli amazzonici hanno trasmesso la loro saggezza culturale oralmente, attraverso miti, leggende, narrazioni, come avveniva con «quei primitivi cantastorie che percorrevano la foresta raccontando storie di villaggio in villaggio, mantenendo viva una comunità che, senza il cordone ombelicale di questi racconti, la distanza e l’isolamento avrebbero frammentato e dissolto».[39] Per questo è importante «lasciare che gli anziani facciano lunghe narrazioni»[40] e che i giovani si fermino a bere a questa fonte.
35. Mentre è sempre più grande il rischio che questa ricchezza culturale vada perduta, grazie a Dio negli ultimi anni alcuni popoli hanno iniziato a scrivere per raccontare le proprie storie e descrivere il significato delle proprie usanze. Così essi stessi possono riconoscere, in modo esplicito, che c’è qualcosa di più di una identità etnica e che sono depositari di preziose memorie personali, familiari e collettive. Mi rallegra vedere che, coloro che hanno perso il contatto con le proprie radici, cercano di recuperare la memoria ferita. Per altro verso, anche nei settori professionali ha cominciato a svilupparsi una maggior percezione dell’identità amazzonica e anche per loro, spesso discendenti di immigrati, l’Amazzonia è diventata fonte di ispirazione artistica, letteraria, musicale, culturale. Le varie espressioni artistiche, e in particolare la poesia, si sono lasciate ispirare dall’acqua, dalla foresta, dalla vita che freme, così come dalla diversità culturale e dalle sfide ecologiche e sociali.
36. Come ogni realtà culturale, le culture dell’Amazzonia profonda hanno i loro limiti. Anche le culture urbane dell’Occidente li hanno. Fattori come il consumismo, l’individualismo, la discriminazione, la disuguaglianza e molti altri costituiscono aspetti fragili delle culture apparentemente più evolute. Le etnie che hanno sviluppato un tesoro culturale stando legate alla natura, con forte senso comunitario, avvertono con facilità le nostre ombre, che noi non riconosciamo in mezzo al preteso progresso. Di conseguenza, raccogliere la loro esperienza di vita ci farà bene.
37. A partire dalle nostre radici ci sediamo alla tavola comune, luogo di conversazione e di speranze condivise. In questo modo la diversità, che può essere una bandiera o una frontiera, si trasforma in un ponte. L’identità e il dialogo non sono nemici. La propria identità culturale si approfondisce e si arricchisce nel dialogo con realtà differenti e il modo autentico di conservarla non è un isolamento che impoverisce. Non è perciò mia intenzione proporre un indigenismo completamente chiuso, astorico, statico, che si sottragga a qualsiasi forma di meticciato. Una cultura può diventare sterile quando «si chiude in se stessa e cerca di perpetuare forme di vita invecchiate, rifiutando ogni scambio e confronto intorno alla verità dell’uomo».[41] Ciò potrebbe sembrare poco realistico, dal momento che non è facile proteggersi dall’invasione culturale. Per questo, l’interesse ad avere cura dei valori culturali dei gruppi indigeni dovrebbe appartenere a tutti, perché la loro ricchezza è anche la nostra. Se non progrediamo in questo senso di corresponsabilità nei confronti della diversità che abbellisce la nostra umanità, non si può pretendere che i gruppi della foresta interna si aprano ingenuamente alla “civiltà”.
38. In Amazzonia, anche tra i vari popoli originari, è possibile sviluppare «relazioni interculturali nelle quali la diversità non rappresenta una minaccia, non giustifica gerarchie di potere esercitato dagli uni sugli altri, ma significa un dialogo, a partire da visioni culturali differenti, fatto di celebrazione, di interrelazioni, di rivitalizzazione della speranza».[42]


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