CAPITOLO SECONDO
Custodire le radici
33. Desidero adesso ricordare che «la visione consumistica
dell’essere umano, favorita dagli ingranaggi dell’attuale economia
globalizzata, tende a rendere omogenee le culture e a indebolire l’immensa
varietà culturale, che è un tesoro dell’umanità».[35] Ciò
tocca da vicino i giovani, quando si tende «a dissolvere le differenze proprie
del loro luogo di origine, a trasformarli in soggetti manipolabili fatti in
serie».[36] Per
evitare questa dinamica di impoverimento umano, occorre amare e custodire le
radici, perché esse sono «un punto di radicamento che ci consente di crescere e
di rispondere alle nuove sfide».[37] Invito
i giovani dell’Amazzonia, specialmente gli indigeni, a «farsi carico delle
radici, perché dalle radici viene la forza che vi fa crescere, fiorire, fruttificare».[38] Per
quanti di loro sono battezzati, queste radici comprendono la storia del popolo
d’Israele e della Chiesa, fino al giorno d’oggi. Conoscerle è una fonte di
gioia e soprattutto di speranza che ispira azioni coraggiose e nobili.
34. Per secoli i popoli amazzonici hanno trasmesso la loro
saggezza culturale oralmente, attraverso miti, leggende, narrazioni, come
avveniva con «quei primitivi cantastorie che percorrevano la foresta
raccontando storie di villaggio in villaggio, mantenendo viva una comunità che,
senza il cordone ombelicale di questi racconti, la distanza e l’isolamento
avrebbero frammentato e dissolto».[39] Per
questo è importante «lasciare che gli anziani facciano lunghe narrazioni»[40] e
che i giovani si fermino a bere a questa fonte.
35. Mentre è sempre più grande il rischio che questa
ricchezza culturale vada perduta, grazie a Dio negli ultimi anni alcuni popoli
hanno iniziato a scrivere per raccontare le proprie storie e descrivere il
significato delle proprie usanze. Così essi stessi possono riconoscere, in modo
esplicito, che c’è qualcosa di più di una identità etnica e che sono depositari
di preziose memorie personali, familiari e collettive. Mi rallegra vedere che,
coloro che hanno perso il contatto con le proprie radici, cercano di recuperare
la memoria ferita. Per altro verso, anche nei settori professionali ha
cominciato a svilupparsi una maggior percezione dell’identità amazzonica e
anche per loro, spesso discendenti di immigrati, l’Amazzonia è diventata fonte
di ispirazione artistica, letteraria, musicale, culturale. Le varie espressioni
artistiche, e in particolare la poesia, si sono lasciate ispirare dall’acqua,
dalla foresta, dalla vita che freme, così come dalla diversità culturale e
dalle sfide ecologiche e sociali.
36. Come ogni realtà culturale, le culture dell’Amazzonia
profonda hanno i loro limiti. Anche le culture urbane dell’Occidente li hanno.
Fattori come il consumismo, l’individualismo, la discriminazione, la
disuguaglianza e molti altri costituiscono aspetti fragili delle culture
apparentemente più evolute. Le etnie che hanno sviluppato un tesoro culturale
stando legate alla natura, con forte senso comunitario, avvertono con facilità
le nostre ombre, che noi non riconosciamo in mezzo al preteso progresso. Di
conseguenza, raccogliere la loro esperienza di vita ci farà bene.
37. A partire dalle nostre radici ci sediamo alla tavola
comune, luogo di conversazione e di speranze condivise. In questo modo la
diversità, che può essere una bandiera o una frontiera, si trasforma in un
ponte. L’identità e il dialogo non sono nemici. La propria identità culturale
si approfondisce e si arricchisce nel dialogo con realtà differenti e il modo
autentico di conservarla non è un isolamento che impoverisce. Non è perciò mia
intenzione proporre un indigenismo completamente chiuso, astorico, statico, che
si sottragga a qualsiasi forma di meticciato. Una cultura può diventare sterile
quando «si chiude in se stessa e cerca di perpetuare forme di vita invecchiate,
rifiutando ogni scambio e confronto intorno alla verità dell’uomo».[41] Ciò
potrebbe sembrare poco realistico, dal momento che non è facile proteggersi
dall’invasione culturale. Per questo, l’interesse ad avere cura dei valori
culturali dei gruppi indigeni dovrebbe appartenere a tutti, perché la loro
ricchezza è anche la nostra. Se non progrediamo in questo senso di
corresponsabilità nei confronti della diversità che abbellisce la nostra
umanità, non si può pretendere che i gruppi della foresta interna si aprano
ingenuamente alla “civiltà”.
38. In Amazzonia, anche tra i vari popoli originari, è
possibile sviluppare «relazioni interculturali nelle quali la diversità non
rappresenta una minaccia, non giustifica gerarchie di potere esercitato dagli
uni sugli altri, ma significa un dialogo, a partire da visioni culturali
differenti, fatto di celebrazione, di interrelazioni, di rivitalizzazione della
speranza».[42]
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