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venerdì 29 luglio 2022

(18) I GESTI DI GESU' SONO CUSTODITI NEL GREMBO DELLA CHIESA DALLA VERGINE MARIA / Desiderio desideravi nn. 58-60

 


58. Quando la prima comunità spezza il pane in obbedienza al comando del Signore, lo fa sotto sguardo di Maria che accompagna i primi passi della Chiesa: “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù” (At 1,14). La Vergine Madre “sorveglia” i gesti del suo Figlio affidati agli Apostoli. Come ha custodito nel suo grembo, dopo aver accolto le parole dell’angelo Gabriele, il Verbo fatto carne, la Vergine custodisce ancora una volta nel grembo della Chiesa quei gesti che fanno il corpo del Figlio suo. Il presbitero, che in forza del dono ricevuto con il sacramento dell’Ordine ripete quei gesti, è custodito nel grembo della Vergine. Serve una norma per dirci come ci si deve comportare?

59. Divenuti strumenti per far divampare il fuoco del suo amore sulla terra, custoditi nel grembo di Maria, Vergine fatta Chiesa (come cantava san Francesco), i presbiteri si lasciano lavorare dallo Spirito che vuole portare a compimento l’opera che ha iniziato nella loro ordinazione. L’azione dello Spirito offre a loro la possibilità di esercitare la presidenza dell’assemblea eucaristica con il timore di Pietro, consapevole del suo essere peccatore (cfr. Lc 5,1-11), con l’umiltà forte del servo sofferente (cfr. Is 42 ss), con il desiderio di “farsi mangiare” dal popolo a loro affidato nell’esercizio quotidiano del ministero.

60. È la celebrazione stessa che educa a questa qualità di presidenza, non è, lo ripetiamo, un’adesione mentale, anche se tutta la nostra mente, come pure la nostra sensibilità, viene in essa coinvolta. Il presbitero è, dunque, formato alla presidenza dalle parole e dai gesti che la liturgia mette sulle sue labbra e nelle sue mani.

Non siede su di un trono [18] perché il Signore regna con l’umiltà di chi serve.

Non ruba la centralità all’altare, segno di Cristo dal cui fianco squarciato scaturirono l’acqua e il sangue fonte dei sacramenti della Chiesa, centro della nostra lode e del comune rendimento di grazie[19]

(3) CIO' CHE MI SEMBRA IMPORTANTE PER LA FORMAZIONE PERMANENTE, ANCHE DEI PRETI. (fine.)

 


6. Kerygma

Il kerygma è il fondamento della nostra fede e della nostra vita di grazia in Cristo. Ora è largamente ignorato. Non deve sorprendere, perché “di pancia” continuiamo ad essere condizionati dall’educazione ricevuta e dall’ambiente che ci circonda. Riguardo all’ambiente, la Cristianità che vigeva fino a mezzo secolo fa in Italia con tutti i suoi valori eccellenti era però radicalmente insufficiente per due motivi: si considerava che “nascevi cristiano”. Certo ci voleva il battesimo. Ma fatto questo, eri cristiano. Quando sono arrivato in Sicilia,  il termine “cristiano” era usato dai musulmani immigrati per dire “un uomo” a differenza delle bestie. Il secondo motivo è che questo costume di cristianità era mescolato con molti aspetti pagani e tante volte con un’impostazione generale pagana nel rapportarsi a Dio, al Vangelo e ai santi. In ogni caso la Cristianità è finita ha detto chiaramente papa Francesco. Ha aggiunto che forse ritornerà, senza che si possa sapere quando e oggi dobbiamo tener conto che non siamo più in uno stato di Cristianità. Ora vedo ancora molti riflessi di Cristianità nella vita pastorale, quando, per esempio, si chiede coerenza ai fedeli o loro stessi riconoscono la loro incoerenza riguardo alla pratica domenicale dicendo: “come troviamo il tempo per tante cose dobbiamo trovare il tempo per la Messa la domenica”, “è giusto, ci dobbiamo sforzare”…. Ma il pagano che chiede il battesimo e la Prima Comunione per i suoi figli, il matrimonio in Chiesa e latita la domenica a Messa non è incoerente; è perfettamente coerente con uno schema religioso pagano! Papa Francesco insiste molto sul Kerigma. Infatti:

“Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio.”. (Evangelii Gaudium n. 165, vedi il Capitolo IV.Un’evangelizzazione per l’approfondimento del kerygma, dove appare la bellezza dell’annuncio e la logica della crescita accompagnata dalla premura della Chiesa attraverso il catecumenato. Nella celebrazione del battesimo, anche dei bambini, ci sono riti e segni del catecumenato. Ma nella pratica nessun bambino fa un catecumenato dopo, né nessuna parrocchia lo propone, anche se i genitori si impegnano, assieme ai padrini a educare il neobattezzato nella fede cristiana. Abbiamo banalizzato il battesimo. Spesso si argomenta che il giorno di Pentecoste circa 3000 uomini vengono battezzati immediatamente, e soprattutto si ricorda l’eunuco della Regina Candace, o anche Cornelio, il capo carceriere di Filippi, Lidia, ecc.. I presenti al discorso di Pietro il giorno di Pentecoste erano in attesa del compimento delle Promesse di Dio, erano tutti ebrei o proseliti, quindi formati, hanno visto il fenomeno della discesa dello Spirito Santo, hanno ascoltato il discorso di Pietro, si sono sentiti trafiggere il cuore, hanno chiesto aiuto… Anche tutti gli altri hanno una storia di preparazione e di ricerca antecedente e ricevono il kerygma prima di essere battezzati. Proprio per aiutare i pagani senza preparazione e correggere alcuni battesimi fatti troppo in fretta la Chiesa ha inventato  l’Istituto del Catecumenato, presente in modo universale fin dal primo secolo cristiano. 

 Questo sono temi che mi sembra utile approfondire per ascoltare lo Spirito.

(2) CIO' CHE MI SEMBRA IMPORTANTE PER LA FORMAZIONE PERMANENTE, ANCHE DEI PRETI.

 


2.La comunione è fondata sulla fede

La comunione tra battezzati e in particolare nel collegio dei presbiteri nasce dalla fede. Anche se sono necessari a livello pratico “strumenti e spazi di comunione” come scriveva Giovanni Paolo II, il fondamento non riposa né su tecniche né su cameratismo o coscienza di “gruppo particolare” che sarebbe clericalismo. Questi sono i grandi mali della Chiesa. La nostra fede include la grazia, come cattolici, di avere Pietro in mezzo a noi che ci aiuta a discernere i segni dei tempi e le soluzioni da adottare per affrontare i problemi dell’oggi e confermarci nella fede. La fede include il dovere di ascoltarlo.

“Ma questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla « ex cathedra ». Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi”. (Lumen Gentium 25).

 

3.“Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale”.

Papa Francesco insiste molto sulla formazione dei fidanzati e delle famiglie. In un altro “suo” documento recente “Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale” si riprende un tema che egli ha esposto fin dall’inizio del suo servizio petrino, su un argomento di vitale importanza: Infatti “è urgente attuare concretamente quanto già proposto in Familiaris Consortio n. 66 (“Su questa base in seguito si imposterà, a largo respiro, la preparazione prossima, la quale - dall'età opportuna e con un'adeguata catechesi, come in un cammino catecumenale - comporta una più specifica preparazione ai sacramenti, quasi una loro riscoperta. Questa rinnovata catechesi di quanti si preparano al matrimonio cristiano è del tutto necessaria,”)   per impedire il moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle o inconsistenti” (Discorso alla Rota Romana, 21 gennaio 2017). Come sappiamo Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II è del 1981. Concretamente si è fatto poco o nulla nelle nostre parrocchie sotto questo aspetto. Sono certo che non vorremo aspettare altri 40 anni prima di ascoltare il Magistero e adempiere così ad un dovere di giustizia verso i fidanzati e le coppie sposate.

 

(1) CIO' CHE MI SEMBRA IMPORTANTE PER LA FORMAZIONE PERMANENTE, ANCHE DEI PRETI. (segue...)

 


Contributo alla bozza per la formazione permanente del Clero.

 

Per la programmazione della Formazione permanente del Clero si è fatto circolare tra noi preti una bozza chiedendo di portare suggerimenti. Già questo è veramente da apprezzare e mi ha rallegrato moltissimo. Grazie.

Per conto mio ho fatto queste riflessioni:

 

1.“Desiderio desideravi. Lettera Apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio”, di papa Francesco del 29 giugno 2022.

Mi sono rallegrato di trovare previsto un incontro sulla “Desiderio desideravi”. Un solo incontro però mi sembra poco per un argomento e un documento di questa importanza. Non penso che si possa relegare a un fatto di aggiornamento puntuale di un’ora per noi specialisti che celebriamo Messa per cui l’argomento ci interessa. Sulla riforma generale della Liturgia voluta dal Concilio Vaticano II c'è tuttora in corso una “guerra liturgica” che ha portato a uno scisma e a molti abusi gravi come la celebrazione sul materassino pneumatico in mare a Crotone di questi giorni. Se da noi non c'è nessuna guerra “dichiarata”(ringraziamo il cielo) possiamo dire che c'è poca “formazione liturgica del (nel) popolo di Dio”. Cioè lo scopo di questa Lettera Apostolica è ancora troppo disatteso nelle nostre realtà ecclesiali. Tra tradizionalisti striscianti, gente rimasta ferma al passato e gente più o meno completamente ignara di ciò che è la Liturgia, il popolo santo di cui facciamo parte ha bisogno di formazione. Quella formazione deve essere “alla Liturgia” e “dalla Liturgia” perché essa è “Culmen et fons!” secondo la felice espressione di Sacrosanctum Concilium (“Attamen Liturgia est culmen ad quod actio Ecclesiae tendit et simul fons unde omnis eius virtus emanat. …. “; “Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei « sacramenti pasquali », a vivere « in perfetta unione » [26]; prega affinché « esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede » [27]; la rinnovazione poi dell'alleanza di Dio con gli uomini nell'eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa. Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall'eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa”. S.C. 10 ).

CONTRIBUTO ALLA BOZZA PER LA FORMAZIONE PERMANENTE DEL CLERO

 

 Contributo alla bozza per la formazione permanente del Clero.

 

Per la programmazione della Formazione permanente del Clero si è fatto circolare tra noi preti una bozza chiedendo di portare suggerimenti. Già questo è veramente da apprezzare e mi ha rallegrato moltissimo. Grazie.

Per conto mio ho fatto queste riflessioni:

 

1.“Desiderio desideravi.”

Mi sono rallegrato di trovare previsto un incontro sulla “Desiderio desideravi”. Un solo incontro però mi sembra poco per un argomento e un documento di questa importanza. Non penso che si possa relegare a un fatto di aggiornamento puntuale di un’ora per noi specialisti che celebriamo Messa, per cui l’argomento ci interessa. Sulla riforma generale della Liturgia voluta dal Concilio Vaticano II c'è tuttora in corso una “guerra liturgica” che ha portato a uno scisma e a molti abusi gravi come la celebrazione sul materassino pneumatico in mare a Crotone di questi giorni. Se da noi non c'è nessuna guerra “dichiarata”(ringraziamo il cielo) possiamo dire che c'è poca “formazione liturgica del (nel) popolo di Dio”. Cioè lo scopo di questa Lettera Apostolica è ancora troppo disatteso nelle nostre realtà ecclesiali. Tra tradizionalisti striscianti, gente rimasta ferma al passato e gente più o meno completamente ignara di ciò che è la Liturgia, il popolo santo di cui facciamo parte ha bisogno di formazione. Quella formazione deve essere “alla Liturgia” e “dalla Liturgia” perché essa è “Culmen et fons!” secondo la felice espressione di Sacrosanctum Concilium (“Attamen Liturgia est culmen ad quod actio Ecclesiae tendit et simul fons unde omnis eius virtus emanat. …. “; “Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei « sacramenti pasquali », a vivere « in perfetta unione » [26]; prega affinché « esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede » [27]; la rinnovazione poi dell'alleanza di Dio con gli uomini nell'eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa. Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall'eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa”. S.C. 10 ).

giovedì 28 luglio 2022

COME L'ARGILLA NELLE MANI DEL VASAIO / giovedì XVII sett. T.O., pari.

 


Dio potrebbe fare di noi come il vasaio che ricompatta l’argilla, distruggendo la forma precedente per trarne una forma completamente diversa. Lo potrebbe fare. Ma non lo fa.

Siamo invitati ad una umiltà grande quanto deve essere la nostra fiducia.

Sicuramente verrà la fine del mondo e chi avrà perseverato nel bene e atteso con amore la venuta del nostro Salvatore Gesù Cristo, sarà liberato definitivamente dal male e portato nel Regno dei Cieli.

Dio non lo fa? Dio ci rispetta infinitamente invitandoci alla libertà che è anche responsabilità , ma ci salva anche infinitamente. Sì lo può fare. Se sei distrutto, fallito, pieno di demoni, coraggio, confida in Dio, grida a lui. Ti ridonerà l’innocenza perduta come diceva Charles de Foucauld, un giorno cacciato dall’esercito coloniale per comportamento scandaloso.

 

Prima Lettura   Ger 18, 1-6
Come l'argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani.

VENDE TUTTI I SUOI AVERI E COMPRA QUEL CAMPO / Mercoledì XVII sett. T.O., pari.

 


Geremia ha fatto tanto ha subito tanto per il suo Dio e si lamenta perché si sente abbandonato, un po’ tradito. Ma egli si sente dire da Dio: cerchi ancora successo umano, conferme sensibili, consolazioni, ti vuoi appoggiare troppo all’uomo. Io ti ho proposto un cammino di fede. “Se ritornerai, io ti farò ritornare e starai alla mia presenza”. Devi ancora purificare il tuo discernimento. Infatti, “Essi devono tornare a te, non tu a loro”. Quest’ultima è una frase impressionante che esprime tutto il dramma della Chiesa: essere dei “santi” cioè dei “separati” perché Dio è il Santo, ma la mancanza di equilibrio ha prodotto i cattivi farisei, chiusi nelle loro pratiche, che “hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza;” (Rm 10:2), oppure farsi “tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno“. (1 Cor 9,22) infatti “Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge” (v. 21). Ecco, san Paolo è andato anche lui a tastoni ma avendo un punto di riferimento: Cristo. E la sua missione avveniva dopo un lungo e impegnativo cammino di formazione di anni, portato avanti dopo la sua conversione. Purtroppo molti nell’apertura al mondo hanno perso la bussola e non hanno fatto tornare nessuno a Dio ma “sono tornati a loro”, si sono lasciati catechizzare dal mondo. Che fare?

Dio ci vuole caldi o freddi piuttosto che tiepidi (“Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca”. Apocalisse 3:16). “Meglio una Chiesa ferita piuttosto che una Chiesa che senta la muffa” ci avverte Papa Francesco. Ma egli ha sempre avuto come regola per sé e per gli altri l’obbedienza. Questa è la sicurezza “esterna”.

Il motore interno invece è sempre uno solo: aver trovato il tesoro per il quale vale la pena di spendere la vita, spendere tutto. Quindi nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1Cor 3,21-23). Dice ancora san Paolo come spende la sua vita: io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare l'utile mio ma quello di molti, perché giungano alla salvezza”. (1Cor 10:33): nel rinnegamento continuo di sé stesso.

 

Prima Lettura   Ger 15,10.16-21
Perché il mio dolore è senza fine? «Se ritornerai, starai alla mia presenza».

mercoledì 27 luglio 2022

KERYGMA? DI CHE SI TRATTA?

 

Lo Shofar o Tromba ebraica.

Il kerygma è il fondamento della nostra fede e della nostra vita di grazia in Cristo. Ora è largamente ignorato. Non deve sorprendere perché, “di pancia”, continuiamo ad essere condizionati dall’educazione ricevuta e dall’ambiente che ci circonda. Riguardo all’ambiente, la Cristianità che vigeva fino a mezzo secolo fa in Italia era radicalmente insufficiente perché mescolata con molti aspetti e tante volte con una impostazione generale pagana nel rapportarsi a Dio al Vangelo e ai santi. In ogni caso la Cristianità è finita. Lo ha detto chiaramente papa Francesco ai Cardinali, aggiungendo che forse ritornerà, non si sa però quando e oggi dobbiamo tener conto che non siamo più in uno stato di Cristianità! Ora vedo ancora molti riflessi di Cristianità nella vita pastorale, quando, per esempio, si chiede coerenza ai fedeli o loro stessi riconoscono la loro incoerenza riguardo alla pratica domenicale: “volere è potere”, “come troviamo il tempo per tante cose dobbiamo trovare il tempo per la Messa la domenica”, “è giusto, ci dobbiamo sforzare”…. Ma il pagano che chiede il battesimo e la Prima Comunione per i suoi figli, il matrimonio in Chiesa, o di fare il padrino, e latita la domenica a Messa è perfettamente coerente con uno schema religioso pagano!

Anche per questo papa Francesco insiste molto sul Kerygma. Infatti:

“Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio.”. (Evangelii Gaudium n. 165, vedi il Capitolo IV.Un’evangelizzazione per l’approfondimento del kerygma, dove appare la bellezza dell’annuncio e la logica della crescita accompagnata dalla premura della Chiesa attraverso il catecumenato. Nella celebrazione del battesimo, anche dei bambini, ci sono riti e segni del catecumenato. Ma nella pratica nessun bambino fa un catecumenato dopo né nessuna parrocchia lo propone, anche se i genitori si impegnano, assieme ai padrini a educare il neobattezzato nella fede cristiana.

 

Dalla Evangelii Gaudium:

martedì 26 luglio 2022

MEMORIA E SAGGEZZA, SANTITA' E TRADIZIONE VIVA / SS Gioacchino e Anna, festa dei nonni, 26 luglio.

 

"Avis i nets", Nonni e nipoti - dal Sito
dell'Arcidiocesi di Barcellona.

Geremia sembra dirci che siamo alla fine, senza più nessun rimedio o speranza. Ma ecco che queste parole sconfortate ci trovano qui, vivi. Gli anziani possono essere i testimoni che la vita va avanti, anche attraverso molte prove. L’attualità delle parole di Geremia, con tutti i mali che ci circondano e la guerra, ancora e sempre, ci ricordano pure che invece di maturare l’umanità sembra imparare poco. Gli anziani devono essere la memoria ma anche la saggezza.

Gesù nel Vangelo spiega la parabola della zizzania nel campo.  Dice che il seme buono sono i figli del Regno”, non solo la Parola di Dio, e che “La zizzania sono i figli del Maligno”. Come comprendere questa personalizzazione?

Guai a pensare che siccome siamo i cristiani, siamo quelli che vanno in chiesa, apparteniamo a un gruppo, siamo i migliori, senza macchia, senza pericolo. Una volta mi disse un prete: “Come puoi pensare che un gruppo di preti possa sbagliare?”. Mica sarebbe la prima volta. Gesù stesso ci fa capire che la zizzania può stare nella Chiesa. Ci dice pure di non sradicarla perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano”, dando così un valore spirituale intimo e non solo esteriore all’essere figli del Regno. Ma non possiamo nemmeno vivere un’autocritica continua per cui tutti quelli che sono fuori dalla Chiesa sono buoni e i membri della Chiesa sono tutti peccatori . La Chiesa è il Giardino dove fiorisce lo Spirito Santo. Questa fioritura si materializza nei Santi e nella Tradizione viva della Chiesa.

Nella Chiesa i “nonni” che annunciano il trionfo di Cristo nella vita concreta, portatori di speranza, di umile esperienza e della saggezza incessantemente trasmessa e sviluppata, sono i santi e la Tradizione autentica.  

 

Prima Lettura  Ger 14, 17-22
Ricordati, Signore! Non rompere la tua alleanza con noi. 

domenica 24 luglio 2022

(17) IL PRESBITERO CHE PRESIEDE L'ASSEMBLEA / Desiderio desideravi nn. 54-57.


54.
 Se è vero che l’ars celebrandi riguarda tutta l’assemblea che celebra, è altrettanto vero che i ministri ordinati devono avere per essa una particolare cura. Nel visitare le comunità cristiane ho spesso notato che il loro modo di vivere la celebrazione è condizionato – nel bene e, purtroppo, anche nel male – da come il loro parroco presiede l’assemblea. Potremmo dire che vi sono diversi “modelli” di presidenza. Ecco un possibile elenco di atteggiamenti che, pur essendo tra loro opposti, caratterizzano la presidenza in modo certamente inadeguato: rigidità austera o creatività esasperata; misticismo spiritualizzante o funzionalismo pratico; sbrigatività frettolosa o lentezza enfatizzata; sciatta trascuratezza o eccessiva ricercatezza; sovrabbondante affabilità o impassibilità ieratica. Pur nell’ampiezza di questa gamma, penso che l’inadeguatezza di questi modelli abbia una comune radice: un esasperato personalismo dello stile celebrativo che, a volte, esprime una mal celata mania di protagonismo. Spesso ciò acquista maggior evidenza quando le nostre celebrazioni vengono trasmesse in rete, cosa non sempre opportuna e sulla quale dovremmo riflettere. Intendiamoci, non sono questi gli atteggiamenti più diffusi, ma non di rado le assemblee subiscono questi “maltrattamenti”.

55. Molto si potrebbe dire sull’importanza e sulla delicatezza del presiedere. In più occasioni mi sono soffermato sul compito impegnativo del tenere l’omelia. [17] Mi limito ora ad alcune considerazioni più ampie, sempre volendo riflettere con voi su come veniamo formati dalla Liturgia. Penso alla normalità delle Messe domenicali nelle nostre comunità: mi riferisco, quindi, ai presbiteri ma implicitamente a tutti i ministri ordinati.

56. Il presbitero vive la sua tipica partecipazione alla celebrazione in forza del dono ricevuto nel sacramento dell’Ordine: tale tipicità si esprime proprio nella presidenza. Come tutti gli uffici che è chiamato a svolgere, non si tratta primariamente di un compito assegnato dalla comunità, quanto, piuttosto, della conseguenza dell’effusione dello Spirito Santo ricevuta nell’ordinazione che lo abilita a tale compito. Anche il presbitero viene formato dal suo presiedere l’assemblea che celebra.

(16) L'ARTE DI CELEBRARE RIGUARDA TUTTI: IL SILENZIO, L'INGINOCCHIARSI, IL CELEBRARE LA PAROLA / Desiderio desideravi nn. 51-53.

 


51. Parlando di questo tema siamo portati a pensare che riguardi solo i ministri ordinati che svolgono il servizio della presidenza. In realtà è un atteggiamento che tutti i battezzati sono chiamati a vivere. Penso a tutti i gesti e le parole che appartengono all’assemblea: il radunarsi, l’incedere in processione, lo stare seduti, in piedi, in ginocchio, il cantare, lo stare in silenzio, l’acclamare, il guardare, l’ascoltare. Sono molti modi con i quali l’assemblea, come un solo uomo (Ne 8,1), partecipa alla celebrazione. Compiere tutti insieme lo stesso gesto, parlare tutti insieme ad una sola voce, trasmette ai singoli la forza dell’intera assemblea. È una uniformità che non solo non mortifica ma, al contrario, educa i singoli fedeli a scoprire l’unicità autentica della propria personalità non in atteggiamenti individualistici ma nella consapevolezza di essere un solo corpo. Non si tratta di dover seguire un galateo liturgico: si tratta piuttosto di una “disciplina” – nel senso usato da Guardini – che, se osservata con autenticità, ci forma: sono gesti e parole che mettono ordine dentro il nostro mondo interiore facendoci vivere sentimenti, atteggiamenti, comportamenti. Non sono l’enunciazione di un ideale al quale cercare di ispirarci, ma sono un’azione che coinvolge il corpo nella sua totalità, vale a dire nel suo essere unità di anima e di corpo.

52. Tra i gesti rituali che appartengono a tutta l’assemblea occupa un posto di assoluta importanza il silenzio. Più volte è espressamente prescritto nelle rubriche: tutta la celebrazione eucaristica è immersa nel silenzio che precede il suo inizio e segna ogni istante del suo svolgersi rituale. Infatti è presente nell’atto penitenziale; dopo l’invito alla preghiera; nella liturgia della Parola (prima delle letture, tra le letture e dopo l’omelia); nella preghiera eucaristica; dopo la comunione. [16] Non si tratta di un rifugio nel quale nascondersi per un isolamento intimistico, quasi patendo la ritualità come se fosse una distrazione: un tale silenzio sarebbe in contraddizione con l’essenza stessa della celebrazione. Il silenzio liturgico è molto di più: è il simbolo della presenza e dell’azione dello Spirito Santo che anima tutta l’azione celebrativa, per questo motivo spesso costituisce il culmine di una sequenza rituale. Proprio perché simbolo dello Spirito ha la forza di esprimere la sua multiforme azione. Così, ripercorrendo i momenti che ho sopra ricordato, il silenzio muove al pentimento e al desiderio di conversione; suscita l’ascolto della Parola e la preghiera; dispone all’adorazione del Corpo e del Sangue di Cristo; suggerisce a ciascuno, nell’intimità della comunione, ciò che lo Spirito vuole operare nella vita per conformarci al Pane spezzato. Per questo siamo chiamati a compiere con estrema cura il gesto simbolico del silenzio: in esso lo Spirito ci dà forma.

53. Ogni gesto e ogni parola contiene un’azione precisa che è sempre nuova perché incontra un istante sempre nuovo della nostra vita. Mi spiego con un solo semplice esempio. Ci inginocchiamo per chiedere perdono; per piegare il nostro orgoglio; per consegnare a Dio il nostro pianto; per supplicare un suo intervento; per ringraziarlo di un dono ricevuto: è sempre lo stesso gesto che dice essenzialmente il nostro essere piccoli dinanzi a Dio. Tuttavia, compiuto in momenti diversi del nostro vivere, plasma la nostra interiorità profonda per poi manifestarsi all’esterno nella nostra relazione con Dio e con i fratelli. Anche l’inginocchiarsi va fatto con arte, vale a dire con una piena consapevolezza del suo senso simbolico e della necessità che noi abbiamo di esprimere con questo gesto il nostro modo di stare alla presenza del Signore. Se tutto questo è vero per questo semplice gesto, quanto più lo sarà per la celebrazione della Parola? Quale arte siamo chiamati ad apprendere nel proclamare la Parola, nell’ascoltarla, nel farla ispirazione della nostra preghiera, nel farla diventare vita? Tutto questo merita la massima cura, non formale, esteriore, ma vitale, interiore, perché ogni gesto e ogni parola della celebrazione espresso con “arte” forma la personalità cristiana del singolo e della comunità.

(15) CHE COSA E' L'ARTE DI CELEBRARE, L'ARS CELEBRANDI? / Desiderio desideravi nn. 48-50.

 


Ars celebrandi

48. Un modo per custodire e per crescere nella comprensione vitale dei simboli della Liturgia è certamente quello di curare l’arte del celebrare. Anche questa espressione è oggetto di diverse interpretazioni. Essa si chiarisce se viene compresa avendo come riferimento il senso teologico della Liturgia descritto in Sacrosanctum Concilium al n. 7 e che abbiamo più volte richiamato. L’ars celebrandi non può essere ridotta alla sola osservanza di un apparato rubricale e non può nemmeno essere pensata come una fantasiosa – a volte selvaggia – creatività senza regole. Il rito è per se stesso norma e la norma non è mai fine a se stessa, ma sempre a servizio della realtà più alta che vuole custodire.

49. Come ogni arte, richiede diverse conoscenze.

Anzitutto la comprensione del dinamismo che descrive la Liturgia. Il momento dell’azione celebrativa è il luogo nel quale attraverso il memoriale si fa presente il mistero pasquale perché i battezzati, in forza della loro partecipazione, possano farne esperienza nella loro vita: senza questa comprensione facilmente si cade nell’esteriorismo (più o meno raffinato) e nel rubricismo (più o meno rigido).

Occorre, poi, conoscere come lo Spirito Santo agisce in ogni celebrazione: l’arte del celebrare deve essere in sintonia con l’azione dello Spirito. Solo così sarà libera da soggettivismi, che sono il frutto del prevalere di sensibilità individuali, e da culturalismi, che sono acquisizioni acritiche di elementi culturali che non hanno nulla a che vedere da un corretto processo di inculturazione.

È necessario, infine, conoscere le dinamiche del linguaggio simbolico, la sua peculiarità, la sua efficacia.

50. Da questi brevi cenni, risulta evidente che l’arte del celebrare non si può improvvisare. Come ogni arte richiede applicazione assidua. Ad un artigiano basta la tecnica; ad un artista, oltre alle conoscenze tecniche, non può mancare l’ispirazione che è una forma positiva di possessione: l’artista, quello vero, non possiede un’arte ne è posseduto. Non si impara l’arte del celebrare perché si frequenta un corso di public speaking o di tecniche di comunicazione persuasiva (non giudico le intenzioni, vedo gli effetti). Ogni strumento può essere utile ma deve sempre essere sottomesso alla natura della Liturgia e all’azione dello Spirito. Occorre una diligente dedizione alla celebrazione lasciando che sia la celebrazione stessa a trasmetterci la sua arte. Scrive Guardini: «Dobbiamo renderci conto di quanto profondamente siamo ancora radicati nell’individualismo e nel soggettivismo, di quanto siamo disabituati al richiamo delle grandezze e di quanto sia piccola la misura della nostra vita religiosa. Deve risvegliarsi il senso dello stile grande della preghiera, la volontà di coinvolgere anche in essa la nostra esistenza. Ma la via verso queste mète è la disciplina, la rinuncia ad una sentimentalità morbida; un serio lavoro, svolto in obbedienza alla Chiesa, in rapporto al nostro essere e al nostro comportamento religioso». [15] È così che si impara l’arte del celebrare.

IL PADRE NOSTRO E' UNA FORMULA O UNA PREGHIERA FILIALE? / XVII Dom. T.O., C.

 


1.Paolo dice: “eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne”. Signore, capisco che il peccato causi la morte, ma la incirconcisione non è colpevole, cosa c'entra? Paolo ci ricorda che siamo salvati per grazia, per scelta libera da parte di Dio. La circoncisione fa entrare nel popolo eletto e le promesse di Dio, come il nostro battesimo.

2.Il “Padre nostro” nel Vangelo di Luca è diverso da quello di Matteo. Tutti quelli che accusano papa Francesco di “aver cambiato il Padre Nostro che si deve recitare come ce l’ha dato nostro Signore Gesù Cristo” potrebbero capire oggi che la preghiera è uno spirito e non una formula. Mettiamoci davanti a Dio nostro Padre come figli, direttamente, senza sacralizzare una formula.

3.Certamente le parole del Padre Nostro sia in Matteo che in Luca, malgrado le parole diverse, hanno un contenuto che è lo stesso. Matteo però insiste sul perdono a chi ci ha offeso, se vogliamo essere perdonati. Luca invece invita alla fiducia e all’insistenza. Nel rapporto con Dio vanno di pari passo come ci dimostra anche la preghiera di intercessione di Abramo per Sodoma e Gomorra. Ma Luca sottolinea anche un’altra cosa: chiediamo cose piccole e non ciò che vale, chiediamo grazie e non lo Spirito Santo.

4.Da lì due riflessioni: era necessario che Matteo e Luca facessero queste puntualizzazioni? Il perdono delle offese non è forse incluso nella frase “e perdona a noi i nostri debiti, come anche noi perdoniamo ai nostri debitori”? Certamente! La richiesta della Grazia e non delle grazie piccole soltanto, non è forse inclusa nella richiesta: sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno”? Senza alcun dubbio! Questo dimostra che troppo spesso riduciamo la preghiera a formulette. Non preghiamo in modo consapevole, non dialoghiamo con Dio che ci parla. Quanti di noi, in questa settimana, non hanno invocato nemmeno una volta lo Spirito Santo abbandonandosi alla volontà di Dio? Accettiamo con stupore la grandezza del dono di Dio.

 

Prima Lettura   Gn 18, 20-21. 23-32
Non si adiri il Signore, se parlo.

sabato 23 luglio 2022

SANTA BRIGIDA, PATRONA DI EUROPA / Santa Brigida, 23 luglio.

 


Nei vari patroni di Europa troviamo caratteristiche comuni: non hanno avuto progetti politici, almeno la loro vocazione non nasce come politica. Hanno desiderato diventare santi e hanno servito Dio intensamente nella preghiera e nelle persone, specie quelle semplici.

La vocazione di santa Brigida non nasce affatto come politica. Vivrà varie fasi , tutte con generosità e fede viva. Sposa sarà madre di otto figli, e una sua figlia diventerà santa Caterina di Svezia. In armonia col marito, governatore di una provincia svedese, si dedicano molto al servizio dei più poveri. Matrimonio vissuto con intensità umana e spirituale! Precettrice alla corte di Stoccolma eccelle con generosità anche in questo servizio. Vedova si consacra a Dio. Religiosa vive da mistica la sua vita di preghiera senza dimenticare la carità verso i più poveri. Per le sue relazioni con le dinastie regnanti, interviene per la pace tra le Corti Europee. Nella Chiesa lavora al ritorno del Papa da Avignone.

Di fronte all’Europa di oggi e ai suoi immensi problemi, seguiamo l’esempio di santa Brigida: diventare santi vivendo intensamente la situazione di vita che ci tocca oggi, dando precedenza alle persone – in particolare i poveri – che sono superiori a tutte le combinazioni geopolitiche perché create a immagine di Dio e destinate all’eternità. Di questo ha bisogno l'Europa: di cristiani santi. 

 

Prima Lettura  Gal 2, 19-20
Non vivo più io, ma Cristo vive in me.

venerdì 22 luglio 2022

(14) ESSERE PICCOLI NEL CONSEGNARE E RICEVERE I GESTI DELLA LITURGIA / Desiderio desideravi nn. 45-47

 


45. La domanda che ci poniamo è, dunque, come tornare ad essere capaci di simboli? Come tornare a saperli leggere per poterli vivere? Sappiamo bene che la celebrazione dei sacramenti è – per grazia di Dio – efficace in se stessa (ex opere operato) ma questo non garantisce un pieno coinvolgimento delle persone senza un adeguato modo di porsi di fronte al linguaggio della celebrazione. La lettura simbolica non è un fatto di conoscenza mentale, di acquisizione di concetti ma è esperienza vitale.

46. Anzitutto dobbiamo riacquistare fiducia nei confronti della creazione. Intendo dire che le cose – con le quali i sacramenti “sono fatti” – vengono da Dio, a Lui sono orientate e da Lui sono state assunte, in modo particolare con l’incarnazione, perché diventassero strumenti di salvezza, veicoli dello Spirito, canali di grazia. Qui si avverte tutta la distanza sia dalla visione materialista sia da quella spiritualista. Se le cose create sono parte irrinunciabile dell’agire sacramentale che opera la nostra salvezza, dobbiamo predisporci nei loro confronti con uno sguardo nuovo non superficiale, rispettoso, grato. Fin dall’origine esse contengono il germe della grazia santificante dei sacramenti.

47. Altra questione decisiva – sempre riflettendo su come la Liturgia ci forma – è l’educazione necessaria per poter acquisire l’atteggiamento interiore che ci permette di porre e di comprendere i simboli liturgici. Lo esprimo in modo semplice. Penso ai genitori e, ancor più, ai nonni, ma anche ai nostri parroci e catechisti. Molti di noi hanno appreso la potenza dei gesti della liturgia – come ad esempio il segno della croce, lo stare in ginocchio, le formule della nostra fede – proprio da loro. Forse non ne abbiamo il ricordo vivo, ma facilmente possiamo immaginare il gesto di una mano più grande che prende la piccola mano di un bambino e la accompagna lentamente nel tracciare per la prima volta il segno della nostra salvezza. Al movimento si accompagnano le parole, anch’esse lente, quasi a voler prendere possesso di ogni istante di quel gesto, di tutto il corpo: «Nel nome del Padre … e del Figlio … e dello Spirito Santo … Amen». Per poi lasciare la mano del bambino e guardarlo ripetere da solo, pronti a venire in suo aiuto, quel gesto ormai consegnato, come un abito che crescerà con Lui, vestendolo nel modo che solo lo Spirito conosce. Da quel momento quel gesto, la sua forza simbolica, ci appartiene o, sarebbe meglio dire, noi apparteniamo a quel gesto, ci dà forma, siamo da esso formati. Non servono troppi discorsi, non è necessario aver compreso tutto di quel gesto: occorre essere piccoli sia nel consegnarlo sia nel riceverlo. Il resto è opera dello Spirito. Così siamo stati iniziati al linguaggio simbolico. Di questa ricchezza non possiamo farci derubare. Crescendo potremo avere più mezzi per poter comprendere, ma sempre a condizione di rimanere piccoli.

giovedì 21 luglio 2022

(13) LA GLORIA DI DIO E' L'UOMO VIVENTE E LA GLORIA DELL'UOMO CONSISTE NELLA VISIONE DI DIO / Desiderio desideravi nn. 42-44

 


42. Questo coinvolgimento esistenziale accade – in continuità e coerenza con il metodo dell’incarnazione – per via sacramentale. La Liturgia è fatta di cose che sono esattamente l’opposto di astrazioni spirituali: pane, vino, olio, acqua, profumo, fuoco, cenere, pietra, stoffa, colori, corpo, parole, suoni, silenzi, gesti, spazio, movimento, azione, ordine, tempo, luce. Tutta la creazione è manifestazione dell’amore di Dio: da quando lo stesso amore si è manifestato in pienezza nella croce di Gesù tutta la creazione ne è attratta. È tutto il creato che viene assunto per essere messo a servizio dell’incontro con il Verbo incarnato, crocifisso, morto, risorto, asceso al Padre. Così come canta la preghiera sull’acqua per il fonte battesimale, ma anche quella sull’olio per il sacro crisma e le parole della presentazione del pane e del vino, frutti della terra e del lavoro dell’uomo.

43. La liturgia dà gloria a Dio non perché noi possiamo aggiungere qualcosa alla bellezza della luce inaccessibile nella quale Egli abita (cfr. 1Tm 6,16) o alla perfezione del canto angelico che risuona eternamente nelle sedi celesti. La Liturgia dà gloria a Dio perché ci permette, qui, sulla terra, di vedere Dio nella celebrazione dei misteri e, nel vederlo, prendere vita dalla sua Pasqua: noi, che da morti che eravamo per le colpe, per grazia, siamo stati fatti rivivere con Cristo (cfr. Ef 2,5), siamo la gloria di Dio. Ireneo, doctor unitatis, ce lo ricorda: «La gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo consiste nella visione di Dio: se già la rivelazione di Dio attraverso la creazione dà la vita a tutti gli esseri che vivono sulla terra, quanto più la manifestazione del Padre attraverso il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio!». [12]

SCEGLI TRA LA SORGENTE D'ACQUA VIVA E UNA CISTERNA SCREPOLATA. / giovedì XVI sett. T.O., pari.

 


Dopo l’incontro col Signore e il tempo del fidanzamento, viene il tempo della prova, della tentazione riguardo alla fedeltà all’Alleanza. L’uomo preferisce ottenere delle grazie piuttosto che approfondire la comunione con Dio, fonte di tutte le grazie. Il popolo, vuole appropriarsi dei beni datigli dal Signore, sottraendoli alla sua Sapienza, e vuole aggiungere cose non date da Lui. Il risultato finale è una rovina. L’immagine di Geremia è molto significativa: Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua.”

Attenti a non abbandonare il Signore sorgente di acqua viva per rallegrarci un momento di cisterne che non tengono l’acqua.

Il Vangelo, ad un orecchio poco attento, può sembrare discriminatorio. È vero che Dio dà la sua grazia a chi e come vuole. Ma la sua volontà è di salvare tutti. Alla fine è l’uomo che decide della propria sorte: Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”

Dio vuole guarirti, ma lo può fare solo se ti converti a lui, se entri in Alleanza con lui. Contrariamente al detto popolare Dio propone e l’uomo dispone.

Oggi accompagniamo con la preghiera una sorella nel suo ritorno al Padre. Ricordo con gratitudine la sua partecipazione, la sua gioia e i suoi ringraziamenti nel ricevere l’olio degli infermi qualche settimana fa. È per me un chiaro segno che era un'eletta con cuore da piccolo.

 

Prima Lettura   Ger 2, 1-3.7-8.12-13
Ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne piene di crepe.

mercoledì 20 luglio 2022

AHIME', SIGNORE DIO, IO SONO GIOVANE E HO PAURA / mercoledì XVI sett. T.O., pari.

 



«Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane».

Il problema di Geremia non riguarda l’apprendimento scolastico, ma l’essere giovane, cioè senza la saggezza di chi ha accumulato anni ed esperienze e ha superato le prove della vita. Papa Francesco, a ragione, insiste molto sul valore dell’età anziana come memoria e saggezza da trasmettere alle nuove generazioni. Ma Dio è la fonte di ogni saggezza e la sua follia è più saggia della sapienza degli uomini. Egli parla per la bocca di chi sceglie, anche dei piccoli: Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli”. (Salmo 8:3, vedi Luca 10,21). Per questo motivo, san Benedetto raccomanda all’abate di chiedere il parere anche dei più giovani.

Geremia ha un altro problema: teme le autorità o i gruppi potenti che rifiuteranno il suo messaggio. Ma Dio è anche il Signore di ogni potere e autorità, persino della morte.

Cerca di vedere oggi quante volte le tue parole sono della sapienza (o insipienza) umana, o sono quelle suggerite dallo Spirito Santo. Sii attento a quante volte la Parola seminata nel tuo cuore non si trova più, perché non vi è entrata, sei stato distratto mentre arrivava a te, quante volte l’entusiasmo iniziale non ha superato le prime difficoltà e ti sei scoraggiato, oppure lasciato sedurre dalle preoccupazioni della vita, anche futili, ma soprattutto dai soldi, mettendoli al di sopra della Parola di Dio così che questa è rimasta senza frutto nella tua vita.

 

Prima Lettura   Ger 1, 1. 4-10
Ti ho stabilito profeta delle nazioni.