Senza frontiere
3. C’è un episodio della sua vita che ci mostra il suo cuore senza confini,
capace di andare al di là delle distanze dovute all’origine, alla nazionalità,
al colore o alla religione. È la sua visita al Sultano Malik-al-Kamil in
Egitto, visita che comportò per lui un grande sforzo a motivo della sua
povertà, delle poche risorse che possedeva, della lontananza e della differenza
di lingua, cultura e religione. Tale viaggio, in quel momento storico segnato
dalle crociate, dimostrava ancora di più la grandezza dell’amore che voleva
vivere, desideroso di abbracciare tutti. La fedeltà al suo Signore era
proporzionale al suo amore per i fratelli e le sorelle. Senza ignorare le
difficoltà e i pericoli, San Francesco andò a incontrare il Sultano col
medesimo atteggiamento che esigeva dai suoi discepoli: che, senza negare la
propria identità, trovandosi «tra i saraceni o altri infedeli […], non facciano
liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio».[3] In
quel contesto era una richiesta straordinaria. Ci colpisce come, ottocento anni
fa, Francesco raccomandasse di evitare ogni forma di aggressione o contesa e
anche di vivere un’umile e fraterna “sottomissione”, pure nei confronti di
coloro che non condividevano la loro fede.
4. Egli non faceva la guerra dialettica imponendo dottrine, ma comunicava
l’amore di Dio. Aveva compreso che «Dio è amore; chi rimane nell’amore rimane
in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). In questo modo è stato un
padre fecondo che ha suscitato il sogno di una società fraterna, perché «solo
l’uomo che accetta di avvicinarsi alle altre persone nel loro stesso movimento,
non per trattenerle nel proprio, ma per aiutarle a essere maggiormente sé
stesse, si fa realmente padre».[4] In
quel mondo pieno di torri di guardia e di mura difensive, le città vivevano
guerre sanguinose tra famiglie potenti, mentre crescevano le zone miserabili
delle periferie escluse. Là Francesco ricevette dentro di sé la vera pace, si
liberò da ogni desiderio di dominio sugli altri, si fece uno degli ultimi e
cercò di vivere in armonia con tutti. A lui si deve la motivazione di queste
pagine.
5. Le questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale sono sempre
state tra le mie preoccupazioni. Negli ultimi anni ho fatto riferimento ad esse
più volte e in diversi luoghi. Ho voluto raccogliere in questa Enciclica molti
di tali interventi collocandoli in un contesto più ampio di riflessione.
Inoltre, se nella redazione della Laudato si’ ho avuto una
fonte di ispirazione nel mio fratello Bartolomeo, il Patriarca ortodosso che ha
proposto con molta forza la cura del creato, in questo caso mi sono sentito
stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale mi sono
incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio «ha creato
tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha
chiamati a convivere come fratelli tra di loro».[5] Non
si è trattato di un mero atto diplomatico, bensì di una riflessione compiuta
nel dialogo e di un impegno congiunto. Questa Enciclica raccoglie e sviluppa
grandi temi esposti in quel Documento che abbiamo firmato insieme. E qui ho
anche recepito, con il mio linguaggio, numerosi documenti e lettere che ho
ricevuto da tante persone e gruppi di tutto il mondo.
[3] S. Francesco di
Assisi, Regola non bollata, 16, 3.6: FF 42-43.
[4] Eloi Leclerc, O.F.M., Exilio y ternura,
ed. Marova, Madrid 1987, 205.
[5] Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi
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