L’illusione della comunicazione
42. Paradossalmente, mentre crescono atteggiamenti chiusi e intolleranti che
ci isolano rispetto agli altri, si riducono o spariscono le distanze fino al
punto che viene meno il diritto all’intimità. Tutto diventa una specie di
spettacolo che può essere spiato, vigilato, e la vita viene esposta a un
controllo costante. Nella comunicazione digitale si vuole mostrare tutto ed
ogni individuo diventa oggetto di sguardi che frugano, denudano e divulgano,
spesso in maniera anonima. Il rispetto verso l’altro si sgretola e in tal modo,
nello stesso tempo in cui lo sposto, lo ignoro e lo tengo a distanza, senza
alcun pudore posso invadere la sua vita fino all’estremo.
43. D’altra parte, i movimenti digitali di odio e distruzione non
costituiscono – come qualcuno vorrebbe far credere – un’ottima forma di mutuo
aiuto, bensì mere associazioni contro un nemico. Piuttosto, «i media digitali
possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva
perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di
relazioni interpersonali autentiche».[46] C’è
bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio
corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché
tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana. I rapporti digitali, che
dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia, una reciprocità stabile e
anche un consenso che matura con il tempo, hanno un’apparenza di socievolezza.
Non costruiscono veramente un “noi”, ma solitamente dissimulano e amplificano
lo stesso individualismo che si esprime nella xenofobia e nel disprezzo dei deboli.
La connessione digitale non basta per gettare ponti, non è in grado di unire
l’umanità.
[46] Esort. ap. postsin. Christus vivit (25 marzo 2019), 88.
Nessun commento:
Posta un commento