Abbiamo messo noi le frontiere. E per quanto legittime, molti fenomeni - come quelli climatici ma non solo - se ne ridono. Siamo tutti collegati. Viviamo su un'unica Terra che è di tutti. |
Escono ottimi commenti a "Fratelli tutti" da parte di autori di peso, e rimando alla loro lettura (questa mattina ho letto una profonda anche se simpatica riflessione perché parte dall'osservazione di un bambino piccolo che associa "Fratelli tutti" a "Tutti nudi"). Per il blog continuo la pubblicazione della sintesi ufficiale della Sala Stampa vaticana:
Una
società fraterna, dunque, sarà quella che promuove l’educazione al dialogo
per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” (105) e per
permettere a tutti di dare il meglio di sé. A partire dalla tutela della famiglia
e dal rispetto per la sua “missione educativa primaria e imprescindibile”
(114). Due, in particolare, gli ‘strumenti’ per realizzare questo tipo di
società: la benevolenza, ossia il volere concretamente il bene dell’altro
(112), e la solidarietà che ha cura delle fragilità e si esprime nel
servizio alle persone e non alle ideologie, lottando contro povertà e
disuguaglianze (115). Il diritto a vivere con dignità non può essere negato a
nessuno, afferma ancora il Papa, e poiché i diritti sono senza frontiere,
nessuno può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato (121). In
quest’ottica, il Pontefice richiama anche a pensare ad “un’etica delle
relazioni internazionali” (126), perché ogni Paese è anche dello
straniero ed i beni del territorio non si possono negare a chi ha bisogno
e proviene da un altro luogo. Il diritto naturale alla proprietà privata
sarà, quindi, secondario al principio della destinazione universale dei
beni creati (120). Una sottolineatura specifica l’Enciclica la fa anche
per la questione del debito estero: fermo restando il principio che esso
va saldato, si auspica tuttavia che ciò non comprometta la crescita e la
sussistenza dei Paesi più poveri (126).
Migranti: governance globale per progetti a lungo termine
Al tema
delle migrazioni è, invece, dedicato in parte il secondo e l’intero quarto
capitolo, “Un cuore aperto al mondo intero”: con le loro “vite
lacerate” (37), in fuga da guerre, persecuzioni, catastrofi naturali,
trafficanti senza scrupoli, strappati alle loro comunità di origine, i migranti
vanno accolti, protetti, promossi ed integrati. Bisogna evitare le
migrazioni non necessarie, afferma il Pontefice, creando nei Paesi di
origine possibilità concrete di vivere con dignità. Ma al tempo stesso,
bisogna rispettare il diritto a cercare altrove una vita migliore. Nei Paesi
destinatari, il giusto equilibrio sarà quello tra la tutela dei diritti
dei cittadini e la garanzia di accoglienza e assistenza per i migranti
(38-40). Nello specifico, il Papa indica alcune “risposte indispensabili”
soprattutto per chi fugge da “gravi crisi umanitarie”: incrementare e
semplificare la concessione di visti; aprire corridoi umanitari;
assicurare alloggi, sicurezza e servizi essenziali; offrire possibilità di
lavoro e formazione; favorire i ricongiungimenti familiari; tutelare i
minori; garantire la libertà religiosa e promuovere l’inserimento
sociale. Dal Papa anche l’invito a stabilire, nella società, il concetto di
“piena cittadinanza”, rinunciando all’uso discriminatorio del termine
“minoranze” (129-131). Ciò che occorre soprattutto – si legge nel
documento – è una governance globale, una collaborazione
internazionale per le migrazioni che avvii progetti a lungo termine, andando
oltre le singole emergenze (132), in nome di uno sviluppo solidale di
tutti i popoli che sia basato sul principio della gratuità. In tal modo,
i Paesi potranno pensare come “una famiglia umana” (139-141). L’altro
diverso da noi è un dono ed un arricchimento per tutti, scrive Francesco,
perché le differenze rappresentano una possibilità di crescita (133-135).
Una cultura sana è una cultura accogliente che sa aprirsi all’altro,
senza rinunciare a se stessa, offrendogli qualcosa di autentico. Come in un
poliedro – immagine cara al Pontefice – il tutto è più delle singole
parti, ma ognuna di esse è rispettata nel suo valore (145-146).
La politica, una delle forme più preziose della
carità
Il tema
del quinto capitolo è “La migliore politica”, ossia quella che
rappresenta una delle forme più preziose della carità perché si pone al
servizio del bene comune (180) e conosce l’importanza del popolo, inteso
come categoria aperta, disponibile al confronto e al dialogo (160).
Questo è, in un certo senso, il popolarismo indicato da Francesco, cui si
contrappone quel “populismo” che ignora la legittimità della nozione di
‘popolo’, attraendo consensi per strumentalizzarlo al proprio servizio e
fomentando egoismi per accrescere la propria popolarità (159). Ma la
migliore politica è anche quella che tutela il lavoro, “dimensione
irrinunciabile della vita sociale” e cerca di assicurare a tutti la
possibilità di sviluppare le proprie capacità (162). L’aiuto migliore per
un povero, spiega il Pontefice, non è solo il denaro, che è un rimedio provvisorio,
bensì il consentirgli una vita degna mediante l’attività lavorativa. La
vera strategia anti-povertà non mira semplicemente a contenere o a
rendere inoffensivi gli indigenti, bensì a promuoverli nell’ottica della
solidarietà e della sussidiarietà (187). Compito della politica, inoltre, è
trovare una soluzione a tutto ciò che attenta contro i diritti umani
fondamentali, come l’esclusione sociale; il traffico di organi, tessuti,
armi e droga; lo sfruttamento sessuale; il lavoro schiavo; il terrorismo ed il
crimine organizzato. Forte l’appello del Papa ad eliminare
definitivamente la tratta, “vergogna per l’umanità”, e la fame, in quanto
essa è “criminale” perché l’alimentazione è “un diritto inalienabile”
(188-189).
Il mercato da solo non risolve tutto. Occorre riforma
dell’ONU
La
politica di cui c’è bisogno, sottolinea ancora Francesco, è quella che dice no
alla corruzione, all’inefficienza, al cattivo uso del potere, alla
mancanza di rispetto delle leggi (177). È una politica incentrata sulla
dignità umana e non sottomessa alla finanza perché “il mercato da solo
non risolve tutto”: le “stragi” provocate dalle speculazioni finanziarie lo
hanno dimostrato (168).
Assumono,
quindi, particolare rilevanza i movimenti popolari: veri “poeti sociali” e
“torrenti di energia morale”, essi devono essere coinvolti nella
partecipazione sociale, politica ed economica, previo però un maggior
coordinamento. In tal modo – afferma il Papa – si potrà passare da una
politica “verso” i poveri ad una politica “con” e “dei” poveri (169). Un
altro auspicio presente nell’Enciclica riguarda la riforma dell’Onu: di
fronte al predominio della dimensione economica che annulla il potere del
singolo Stato, infatti, il compito delle Nazioni Unite sarà quello di dare
concretezza al concetto di “famiglia di nazioni” lavorando per il bene
comune, lo sradicamento dell’indigenza e la tutela dei diritti umani.
Ricorrendo instancabilmente “al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato” –
afferma il documento pontificio - l’Onu deve promuovere la forza del diritto
sul diritto della forza, favorendo accordi multilaterali che tutelino al
meglio anche gli Stati più deboli (173-175).
Il miracolo della gentilezza
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