Lo scarto mondiale
18. Certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili a vantaggio di una
selezione che favorisce un settore umano degno di vivere senza limiti. In
fondo, «le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e
tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i
nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani. Siamo diventati
insensibili ad ogni forma di spreco, a partire da quello alimentare, che è tra
i più deprecabili».[13]
19. La mancanza di figli, che provoca un invecchiamento della popolazione,
insieme all’abbandono delle persone anziane a una dolorosa solitudine, afferma
implicitamente che tutto finisce con noi, che contano solo i nostri interessi
individuali. Così, «oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui,
ma spesso gli stessi esseri umani».[14] Abbiamo
visto quello che è successo agli anziani in alcuni luoghi del mondo a causa del
coronavirus. Non dovevano morire così. Ma in realtà qualcosa di simile era già
accaduto a motivo delle ondate di calore e in altre circostanze: crudelmente
scartati. Non ci rendiamo conto che isolare le persone anziane e abbandonarle a
carico di altri senza un adeguato e premuroso accompagnamento della famiglia,
mutila e impoverisce la famiglia stessa. Inoltre, finisce per privare i giovani
del necessario contatto con le loro radici e con una saggezza che la gioventù
da sola non può raggiungere.
20. Questo scarto si manifesta in molti modi, come nell’ossessione di ridurre
i costi del lavoro, senza rendersi conto delle gravi conseguenze che ciò
provoca, perché la disoccupazione che si produce ha come effetto diretto di
allargare i confini della povertà.[15] Lo
scarto, inoltre, assume forme spregevoli che credevamo superate, come il
razzismo, che si nasconde e riappare sempre di nuovo. Le espressioni di
razzismo rinnovano in noi la vergogna dimostrando che i presunti progressi
della società non sono così reali e non sono assicurati una volta per sempre.
21. Ci sono regole economiche che sono risultate efficaci per la crescita, ma
non altrettanto per lo sviluppo umano integrale.[16] È
aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così ciò che accade è che «nascono
nuove povertà».[17] Quando
si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con
criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale. Infatti, in
altri tempi, per esempio, non avere accesso all’energia elettrica non era
considerato un segno di povertà e non era motivo di grave disagio. La povertà
si analizza e si intende sempre nel contesto delle possibilità reali di un
momento storico concreto.
[13] Discorso al Corpo
diplomatico accreditato presso la Santa Sede (11 gennaio
2016): AAS 108 (2016), 120.
[14] Discorso al Corpo
diplomatico accreditato presso la Santa Sede (13 gennaio 2014): AAS 106
(2014), 83-84.
[15] Cfr Discorso alla
Fondazione “Centesimus annus pro Pontifice” (25 maggio
2013): Insegnamenti, I, 1 (2013), 238.
[16] Cfr S. Paolo VI,
Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967),
14: AAS 59 (1967), 264.
[17] Benedetto XVI,
Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009),
22: AAS 101 (2009), 657.
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