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lunedì 5 ottobre 2020

"FRATELLI TUTTI", POLEMICHE E SINTESI 3/3

 


Continuano commenti e analisi di “Fratelli tutti”, spesso elogiativi, a volte critici, specie da parte di chi rappresenta l’economia liberale. Chiaramente non poteva mancare da parte di qualcuno l’interpretazione politica miope: per gli americani papa Francesco ha scritto solo per immischiarsi nella campagna presidenziale in corso, per gli italiani scrive contro tale o tale leader, ecc..

Attingo da “National Catholic Reporter” queste due annotazioni che possono aiutarci: Il padre gesuita James Martin ha scritto: “Se il messaggio di “Laudato Si” era ‘Tutte le cose sono connesse’, il messaggio di “Fratelli tutti” è ‘Ognuno di noi è connesso’.Il vescovo di Brownsville, Texas, incoraggia i Cattolici ad evitare una lettura frettolosa e parziale del documento del Papa e a prendere il tempo di assimilare le 43000 parole dell’Enciclica prima di farne i commenti. “Pensa e prega mentre leggi. Nel frattempo il mondo non andrà in malore e la tua anima ti ringrazierà”.

Ma prima ancora di leggere tutta l’Enciclica concludiamo la lettura della sintesi ufficiale.

L’artigianato della pace e l’importanza del perdono  

Riflette sul valore e la promozione della pace, invece, il settimo capitolo, “Percorsi di un  nuovo incontro”, in cui il Papa sottolinea che la pace è legata alla verità, alla giustizia ed alla  misericordia. Lontana dal desiderio di vendetta, essa è “proattiva” e mira a formare una società basata  sul servizio agli altri e sul perseguimento della riconciliazione e dello sviluppo reciproco (227-229).  In una società, ognuno deve sentirsi “a casa” – scrive il Papa – Per questo, la pace è un “artigianato”  che coinvolge e riguarda tutti e in cui ciascuno deve fare la sua parte. Il compito della pace non dà  tregua e non ha mai fine, continua il Pontefice, ed occorre quindi porre al centro di ogni azione la  persona umana, la sua dignità ed il bene comune (230-232). Legato alla pace c’è il perdono: bisogna  amare tutti, senza eccezioni – si legge nell’Enciclica – ma amare un oppressore significa aiutarlo a  cambiare e non permettergli di continuare ad opprimere il prossimo. Anzi: chi patisce un’ingiustizia  deve difendere con forza i propri diritti per custodire la propria dignità, dono di Dio (241-242).  Perdono non vuol dire impunità, bensì giustizia e memoria, perché perdonare non significa  dimenticare, ma rinunciare alla forza distruttiva del male ed al desiderio di vendetta. Mai dimenticare  “orrori” come la Shoah, i bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki, le persecuzioni ed i  massacri etnici – esorta il Papa – Essi vanno ricordati sempre, nuovamente, per non anestetizzarci e  mantenere viva la fiamma della coscienza collettiva. Altrettanto importante è fare memoria del bene,  di chi ha scelto il perdono e la fraternità (246-252).  

Mai più la guerra, fallimento dell’umanità!  

Una parte del settimo capitolo si sofferma, poi, sulla guerra: essa non è “un fantasma del  passato” – sottolinea Francesco – bensì “una minaccia costante” e rappresenta la “negazione di tutti  i diritti”, “il fallimento della politica e dell’umanità”, “la resa vergognosa alle forze del male” ed al  loro “abisso”. Inoltre, a causa delle armi nucleari, chimiche e biologiche che colpiscono molti civili  innocenti, oggi non si può più pensare, come in passato, ad una possibile “guerra giusta”, ma bisogna riaffermare con forza “Mai più la guerra!” E considerando che viviamo “una terza guerra mondiale a  pezzi”, perché tutti i conflitti sono connessi tra loro, l’eliminazione totale delle armi nucleari è “un  imperativo morale ed umanitario”. Piuttosto – suggerisce il Papa – con il denaro che si investe negli  armamenti, si costituisca un Fondo mondiale per eliminare la fame (255-262).  

Pena di morte è inammissibile, abolirla in tutto il mondo  

Una posizione altrettanto netta Francesco la esprime a proposito della pena di morte: è  inammissibile e deve essere abolita in tutto il mondo. “L’omicida non perde la sua dignità personale  – scrive il Papa – Dio ne è garante”. Di qui, due esortazioni: non vedere la pena come una vendetta,  bensì come parte di un processo di guarigione e di reinserimento sociale, e migliorare le condizioni  delle carceri, nel rispetto della dignità umana dei detenuti, pensando anche che l’ergastolo “è una  pena di morte nascosta” (263-269). Viene ribadita la necessità di rispettare “la sacralità della vita”  (283) laddove oggi “certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili”, come i nascituri, i poveri, i  disabili, gli anziani (18). 

Garantire libertà religiosa, diritto umano fondamentale 

Nell’ottavo e ultimo capitolo, il Pontefice si sofferma su “Le religioni al servizio della  fraternità nel mondo” e ribadisce che la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose,  bensì nelle loro deformazioni. Atti “esecrabili” come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla  religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, nonché a politiche di fame, povertà,  ingiustizia, oppressione. Il terrorismo non va sostenuto né con il denaro, né con le armi, né tantomeno  con la copertura mediatica perché è un crimine internazionale contro la sicurezza e la pace mondiale  e come tale va condannato (282-283). Al contempo, il Papa sottolinea che un cammino di pace tra le  religioni è possibile e che è, dunque, necessario garantire la libertà religiosa, diritto umano  fondamentale per tutti i credenti (279). Una riflessione, in particolare, l’Enciclica la fa sul ruolo della  Chiesa: essa non relega la propria missione nel privato – afferma – non sta ai margini della società e,  pur non facendo politica, tuttavia non rinuncia alla dimensione politica dell’esistenza. L’attenzione  al bene comune e la preoccupazione allo sviluppo umano integrale, infatti, riguardano l’umanità e  tutto ciò che è umano riguarda la Chiesa, secondo i principî evangelici (276-278). Infine, richiamando  i leader religiosi al loro ruolo di “mediatori autentici” che si spendono per costruire la pace, Francesco  cita il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza”, da lui stesso  firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib:  da tale pietra miliare del dialogo interreligioso, il Pontefice riprende l’appello affinché, in nome della  fratellanza umana, si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la  conoscenza reciproca come metodo e criterio (285).  

Il Beato Charles de Foucauld, “il fratello universale”  

L’Enciclica si conclude con il ricordo di Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma  Gandhi e soprattutto il Beato Charles de Foucauld, un modello per tutti di cosa significhi identificarsi  con gli ultimi per divenire “il fratello universale” (286-287). Le ultime righe del documento sono  affidate a due preghiere: una “al Creatore” e l’altra “cristiana ecumenica”, affinché nel cuore degli  uomini alberghi “uno spirito di fratelli”.  

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