Continuano commenti e analisi di “Fratelli tutti”, spesso elogiativi,
a volte critici, specie da parte di chi rappresenta l’economia liberale. Chiaramente
non poteva mancare da parte di qualcuno l’interpretazione politica miope: per gli
americani papa Francesco ha scritto solo per immischiarsi nella campagna presidenziale
in corso, per gli italiani scrive contro tale o tale leader, ecc..
Attingo da “National Catholic Reporter” queste due annotazioni
che possono aiutarci: Il padre gesuita James Martin ha scritto: “Se il
messaggio di “Laudato Si” era ‘Tutte le cose sono connesse’, il messaggio di “Fratelli
tutti” è ‘Ognuno di noi è connesso’.Il vescovo di Brownsville, Texas, incoraggia
i Cattolici ad evitare una lettura frettolosa e parziale del documento del Papa
e a prendere il tempo di assimilare le 43000 parole dell’Enciclica prima di
farne i commenti. “Pensa e prega mentre leggi. Nel frattempo il mondo non andrà
in malore e la tua anima ti ringrazierà”.
Ma prima ancora di leggere tutta l’Enciclica concludiamo la
lettura della sintesi ufficiale.
Riflette
sul valore e la promozione della pace, invece, il settimo capitolo, “Percorsi
di un nuovo incontro”, in cui il Papa sottolinea che la pace è legata
alla verità, alla giustizia ed alla misericordia. Lontana dal desiderio
di vendetta, essa è “proattiva” e mira a formare una società basata sul
servizio agli altri e sul perseguimento della riconciliazione e dello sviluppo
reciproco (227-229). In una società, ognuno deve sentirsi “a casa” –
scrive il Papa – Per questo, la pace è un “artigianato” che coinvolge e
riguarda tutti e in cui ciascuno deve fare la sua parte. Il compito della pace
non dà tregua e non ha mai fine, continua il Pontefice, ed occorre quindi
porre al centro di ogni azione la persona umana, la sua dignità ed il
bene comune (230-232). Legato alla pace c’è il perdono: bisogna amare
tutti, senza eccezioni – si legge nell’Enciclica – ma amare un oppressore
significa aiutarlo a cambiare e non permettergli di continuare ad
opprimere il prossimo. Anzi: chi patisce un’ingiustizia deve difendere
con forza i propri diritti per custodire la propria dignità, dono di Dio
(241-242). Perdono non vuol dire impunità, bensì giustizia e memoria,
perché perdonare non significa dimenticare, ma rinunciare alla forza
distruttiva del male ed al desiderio di vendetta. Mai dimenticare
“orrori” come la Shoah, i bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki, le
persecuzioni ed i massacri etnici – esorta il Papa – Essi vanno ricordati
sempre, nuovamente, per non anestetizzarci e mantenere viva la fiamma
della coscienza collettiva. Altrettanto importante è fare memoria del
bene, di chi ha scelto il perdono e la fraternità (246-252).
Mai più la guerra, fallimento dell’umanità!
Una
parte del settimo capitolo si sofferma, poi, sulla guerra: essa non è “un
fantasma del passato” – sottolinea Francesco – bensì “una minaccia
costante” e rappresenta la “negazione di tutti i diritti”, “il fallimento
della politica e dell’umanità”, “la resa vergognosa alle forze del male” ed
al loro “abisso”. Inoltre, a causa delle armi nucleari, chimiche e
biologiche che colpiscono molti civili innocenti, oggi non si può più
pensare, come in passato, ad una possibile “guerra giusta”, ma bisogna riaffermare
con forza “Mai più la guerra!” E considerando che viviamo “una terza guerra mondiale
a pezzi”, perché tutti i conflitti sono connessi tra loro, l’eliminazione
totale delle armi nucleari è “un imperativo morale ed umanitario”.
Piuttosto – suggerisce il Papa – con il denaro che si investe negli
armamenti, si costituisca un Fondo mondiale per eliminare la fame
(255-262).
Pena di morte è inammissibile, abolirla in tutto il mondo
Una
posizione altrettanto netta Francesco la esprime a proposito della pena di
morte: è inammissibile e deve essere abolita in tutto il mondo. “L’omicida
non perde la sua dignità personale – scrive il Papa – Dio ne è garante”.
Di qui, due esortazioni: non vedere la pena come una vendetta, bensì come
parte di un processo di guarigione e di reinserimento sociale, e migliorare le
condizioni delle carceri, nel rispetto della dignità umana dei detenuti,
pensando anche che l’ergastolo “è una pena di morte nascosta” (263-269).
Viene ribadita la necessità di rispettare “la sacralità della vita” (283)
laddove oggi “certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili”, come i
nascituri, i poveri, i disabili, gli anziani (18).
Garantire libertà religiosa, diritto umano
fondamentale
Nell’ottavo
e ultimo capitolo, il Pontefice si sofferma su “Le religioni al servizio
della fraternità nel mondo” e ribadisce che la violenza non trova
base alcuna nelle convinzioni religiose, bensì nelle loro deformazioni.
Atti “esecrabili” come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla
religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, nonché a politiche
di fame, povertà, ingiustizia, oppressione. Il terrorismo non va
sostenuto né con il denaro, né con le armi, né tantomeno con la copertura
mediatica perché è un crimine internazionale contro la sicurezza e la pace
mondiale e come tale va condannato (282-283). Al contempo, il Papa
sottolinea che un cammino di pace tra le religioni è possibile e che è,
dunque, necessario garantire la libertà religiosa, diritto umano
fondamentale per tutti i credenti (279). Una riflessione, in particolare,
l’Enciclica la fa sul ruolo della Chiesa: essa non relega la propria
missione nel privato – afferma – non sta ai margini della società e, pur
non facendo politica, tuttavia non rinuncia alla dimensione politica
dell’esistenza. L’attenzione al bene comune e la preoccupazione allo
sviluppo umano integrale, infatti, riguardano l’umanità e tutto ciò che è
umano riguarda la Chiesa, secondo i principî evangelici (276-278). Infine,
richiamando i leader religiosi al loro ruolo di “mediatori autentici” che
si spendono per costruire la pace, Francesco cita il “Documento sulla
fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza”, da lui stesso
firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, insieme al Grande Imam di Al-Azhar,
Ahmad Al-Tayyib: da tale pietra miliare del dialogo interreligioso, il
Pontefice riprende l’appello affinché, in nome della fratellanza umana,
si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e
la conoscenza reciproca come metodo e criterio (285).
Il Beato Charles de Foucauld, “il fratello
universale”
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