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domenica 31 agosto 2025

COME ANNUNCIARE IL KERIGMA AI GENITORI NELLA PREPARAZIONE AL BATTESIMO? / risposta ad un amico



1.Pensando alla tua richiesta: come annunciare il kerigma ai garanti (genitori e padrini) dei bambini che stanno per essere battezzati? mi è venuto di cominciare con il verificare insieme a te la tua esperienza di fede, e mi sono imbattuto in questo testo di Papa Leone che mi ha confermato con la sua autorità ed esperienza:   

"Nel prologo del Vangelo di san Giovanni si afferma che «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), e poi si indica che Giovanni, il Battista, gli rende testimonianza (cfr. 1, 15). Se rileggiamo con attenzioni i primi capitoli del quarto Vangelo possiamo scoprire qual è la chiave di ogni scuola di evangelizzazione: rendere testimonianza di ciò che si è contemplato, dell’incontro che si è avuto con il Dio della vita. Così l’evangelista ce lo dice anche nella sua prima lettera: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Gv 1, 3). Questa è la missione della Chiesa, questa è la missione di ogni cristiano". (A los miembros de las “Escuelas de Evangelización “San Andrés”” (29 de agosto de 2025)). 

venerdì 29 agosto 2025

CON QUALI DISPOSIZIONI ACCOGLI LE RELIQUIE DI SAN CASTRESE? / Martirio di san Giovanni Battista, 29-08-2025.



Vinci la paura! Giovanni Battista ha preceduto Gesù come Parola e come Martire. Ha battezzato solo con acqua - un battesimo per il perdono dei peccati e per preparare al Signore un popolo ben disposto. Ma quel battesimo non dava lo Spirito Santo: era quindi molto diverso dal battesimo cristiano - ma alla fine della sua vita, anche lui in qualche modo è venuto con il sangue, come Gesù (1 Giovanni 5, 6). 

C'è un solo cammino per l'uomo: passa per la morte, ci porta alla morte, e come diceva il Cardinale Martini, solo nella morte l’uomo riesce a dire un pieno sì a Dio. Il Signore chiede il nostro sì lungo lo svolgersi della vita per crescere. “Tu, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro”. Giovanni Battista per diventare “voce di uno che grida nel deserto” deve dire sì a Dio e dire no alla sua paura. Deve disobbedire alla paura della morte. Così che possa cominciare a vivere la libertà di chi ha vinto la paura. Se hai provato che i tuoi sì a Dio hanno portato frutti buoni, ti hanno rafforzato, fatto crescere, cominci a comprendere che l'ultimo sì è quello che porterà frutti più abbondanti, ti farà entrare nella pienezza della Vita. 

Lì si compirà la promessa di Dio: “Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti”. Ma - dirai - è stato ucciso, e quindi lo hanno vinto! No, è stata la vittoria finale del testimone sulla morte, del profeta sul discorso menzognero del serpente, il sì che fa entrare nella Vita. Non è solo la frase coraggiosa di Falcone e altri: chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una sola volta! È l'esclamazione di un altro grande uomo di Dio, El Hallaj, che benedice i suoi uccisori perché nel suo cammino ha superato definitivamente l'islam e vuole morire nella "religione del patibolo" perché solo quel velo di carne lo separa ancora da Dio e al momento giusto i suoi carnefici gli permettono di unirsi al suo Signore. Certe cose non si inventano. Beato chi comprende queste cose. E godiamo la vita nella libertà: "Il Signore è lo Spirito e, dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà". (2 Corinzi 3, 17). San Castrese, se avesse obbedito alla paura avrebbe continuato una vita da schiavo, avendo perso il Signore e essendosi messo sotto la schiavitù dei principi vandali. Dicendo sì alla morte per Cristo, ha sperimentato le meraviglie del Signore e continuato per anni la sua missione di evangelizzatore nelle nostre terre. 

 Accogliamo san Castrese per dire un sì più totale a Dio, oppure per qualche altra ragione che, passata l'emozione, non lascerà nulla?  

giovedì 28 agosto 2025

I SANTI, INTERCESSORI O ESEMPI DI VITA? / Prepariamoci ad accogliere il corpo di san Castrese. 28-08-2025.



Non si possono conciliare superstizioni e fede. La superstizione è una violazione diretta del primo comandamento oltre che un’offesa all'intelligenza. Non puoi avere un piede di qua e l’altro di là.  (La Gioia del Vangelo: SE HAI OGGETTI DI SUPERSTIZIONE ADDOSSO O A CASA, NON PUOI DIRE DI CREDERE IN DIO / XXI sett. T.O., dispari, 2025.). 

Ma c'è anche il problema del culto dei santi. In quel caso i due piedi stanno dalla parte buona ma forse si cammina male, zoppicando. A cosa servono dunque i santi e come ce li presenta la Chiesa? Ne ho già parlato per la canonizzazione di Carlo Acutis (La Gioia del Vangelo: PERCHÉ QUALCUNO NON VORREBBE CANONIZZARE CARLO ACUTIS? / 28 luglio 2025) ma credo sia opportuno riprendere l’argomento in modo completo al momento in cui ci organizziamo per ricevere le reliquie di san Castrese. 

martedì 26 agosto 2025

LA MESSA FESTA, GIOIA, SOLENNITÀ, SERIETÀ / Papa Leone ai ministranti francesi, 20 - 08 - 2025.



Il Papa ha rivolto una parola ai ministranti francesi. Molti spunti possono aiutarci per la nostra partecipazione alla Liturgia. Prendo la libertà di pubblicare il testo sul blog. 


Udienza ai Ministranti Francesi, 25.08.2025


Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Leone XIV ha ricevuto in Udienza i Ministranti Francesi.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:


Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

La pace sia con voi! Cari ministranti venuti da tutta la Francia, buongiorno! 

Vi do il benvenuto a Roma e sono molto felice di incontrarvi, con tutti i vostri accompagnatori — laici, sacerdoti e vescovi — che saluto cordialmente.

Sapete che questo è un anno particolare: è un “Anno Santo” — che ha luogo solo ogni 25 anni — nel corso del quale il Signore Gesù ci offre un’occasione eccezionale. Quando veniamo a Roma e varchiamo la Porta Santa, Egli ci aiuta a “convertirci”, ossia a volgerci verso di Lui, a crescere nella fede e nel suo amore, per diventare discepoli migliori, affinché la nostra vita sia bella e buona sotto il suo sguardo, in vista della vita eterna. È dunque un grande dono del cielo che voi siate qui quest’anno! Vi invito ad accoglierlo vivendo intensamente le attività che vi vengono proposte, ma soprattutto prendendovi il tempo di parlare a Gesù nel segreto del cuore e amarlo sempre più. Il suo unico desiderio è di far parte della vostra vita per illuminarla dall’interno, di diventare il vostro migliore amico, quello più fedele. La vita diventa bella e felice con Gesù. Egli attende però la vostra riposta. Bussa alla porta e attende per entrare: «Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20). Essere “vicini” a Gesù, Lui, il Figlio di Dio, entrare nella sua amicizia! che destino inatteso! Che felicità! Che consolazione! Che speranza per il futuro!  

LA MESSE EST FÊTE, JOIE, ORDRE, MAJESTÉ / Léon XIV aux ministrants français 25 aout 2025.



Le Pape a reçu un groupe de servants d'Autel français. Lire ses mots peut nous aider tous.


PÈLERINAGE NATIONAL DES SERVANTS D’AUTEL

DISCOURS DE SA SAINTETÉ LE PAPE LÉON XIV


Salle Clémentine  

Lundi 25 août 2025


Au nom du Père, du Fils et du Saint Esprit. La paix soit avec vous !

Chers Servants d’Autel, venus de toute la France, Bonjour !

Je vous souhaite la bienvenue à Rome, et je suis très heureux de vous rencontrer, avec tous vos accompagnateurs : laïcs, prêtres, évêques que je salue chaleureusement.

Vous savez que cette année est particulière : c’est une “Année sainte” – qui n’a lieu que tous les 25 ans – au cours de laquelle le Seigneur Jésus nous offre une occasion exceptionnelle. En venant à Rome et en franchissant la Porte Sainte, Il nous aide à nous “convertir”, c’est à dire à nous tourner vers Lui, à grandir dans la foi et dans son amour, pour devenir de meilleurs disciples afin que notre vie soit belle et bonne sous son regard, en vue de la vie éternelle. C’est donc un grand cadeau du Ciel que vous soyez ici cette année ! Je vous invite à le saisir en vivant intensément les activités qui vous sont proposées, mais surtout en prenant le temps de parler à Jésus dans le secret du cœur et de l’aimer de plus en plus. Il n’a pour seul désir que de faire partie de votre vie pour l’illuminer de l’intérieur, devenir votre meilleur ami, le plus fidèle. La vie devient belle et heureuse avec Jésus. Mais Il attend votre réponse. Il frappe à la porte et Il attend pour entrer : « Je me tiens à la porte et je frappe; si quelqu’un entend ma voix et ouvre la porte, j’entrerai chez lui pour souper, moi près de lui et lui près de moi » (Ap 3, 20). Être “près” de Jésus, Lui le Fils de Dieu, entrer dans son amitié ! : quel destin inespéré ! Quel bonheur ! Quelle consolation ! Quelle espérance pour l’avenir ! 

lunedì 25 agosto 2025

SE HAI OGGETTI DI SUPERSTIZIONE ADDOSSO O A CASA, NON PUOI DIRE DI CREDERE IN DIO / XXI sett. T.O., dispari, 2025.

Giosuè spiega al popolo
come condursi con Dio


“Vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per attendere il suo Figlio che egli ha risuscitato” scrive san Paolo alla comunità di Tessalonica. Dal 1 al 3 settembre sarà presente in mezzo a noi il corpo di san Castrese. Il 3 rinnoveremo insieme la professione di fede. Diremo “Credo in un solo Dio”. Il credere in un solo Dio è la base della nostra fede. Per Abramo il credere solo nel Dio della promessa probabilmente non escludeva l’esistenza di altri dèi. Ma questo Dio diverso dagli altri, che gli aveva promesso una discendenza e una terra, era l’unico Dio al quale prestava culto. Poi l’esperienza dell’Alleanza e lo sviluppo della riflessione fecero comprendere che non potevano esistere altri dèi. Ma conta soprattutto la scelta di servire il solo Dio dei Padri che diventa mio Dio. 

Purtroppo per la debolezza umana e la non formazione, finito l'insediamento nella Terra Promessa ci sono di nuovo tra il popolo statuette di idoli, porta fortuna, ecc. Giosuè fa allora fare al popolo una solenne professione di fede e chiede loro di eliminare gli dèi in mezzo a loro. Ascoltiamo questo dialogo di una forza immensa: ”Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore. Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore". Il popolo rispose: "Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio". Giosuè disse al popolo: "Voi non potete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà". Il popolo rispose a Giosuè: "No! Noi serviremo il Signore". Giosuè disse allora al popolo: "Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelti il Signore per servirlo!". Risposero: "Siamo testimoni!". "Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro cuore al Signore, Dio d'Israele!". Il popolo rispose a Giosuè: "Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!". (Giosuè 24,14-24). 

Se hai a casa tua oggetti contro il malocchio, portafortuna vari come cornicello, forbici, ecc, NON PUOI DIRE DI CREDERE IN DIO. Accogliendo le spoglie di un santo che accettò di morire in nome di un articolo di fede che poco prima - prima del Concilio di Nicea - non era chiaro per tutti, credo che sarebbe molto opportuno fare una pulizia generale di tutti questi oggetti e buttarli alla spazzatura o deporli in chiesa rinunciando a Satana che ispira queste gravi infedeltà a Dio! 

domenica 24 agosto 2025

TRAZ' 'E SICC', E SE METT' 'E CHIATT'. LE COSE DA NON FARE SE VUOI ENTRARE NEL REGNO DEI CIELI / XXI DOM T.O., C. 2025.


L'espressione napoletana del titolo vuol dire che abbiamo tutti tendenza ad installarci, a cercare una posizione di riguardo o almeno comoda. Tutto il contrario del Vangelo.

La prima lettura parla di apertura radiosa a tutti i popoli che convertendosi alla fede nell’Unico Dio, vengono persino resi degni di svolgere il servizio sacerdotale. Ma ecco che il Vangelo parla di porta di ingresso nel Regno dei Cieli, prima stretta poi chiusa.  

Gesù è diretto a Gerusalemme, e lungo la via un tale gli chiede: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” (Lc 13,23). Gesù risponde che non è importante sapere quanti si salvano. L’importante è che io mi salvi. Ora si entra nel Regno per  una porta stretta - bisogna sforzarsi per entrare per essa - ma a conti fatti fa entrare molta gente: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”  (Lc 13,29).

Questa porta poi sarà chiusa. E non a tutti il Signore aprirà. Mi chiedo: come essere sicuro che il Signore mi aprirà? Posso andare immaginando varie situazioni. Non si tratta di orario, o di aver fatto troppo poco: “Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno!” supplica il condannato crocifisso accanto a Gesù. Egli non ha opere buone da presentare. Ma per lui la porta si apre: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Il Cursillo de Cristiandad è nato dopo che un giovane aveva convinto due condannati a morte ad aprirsi al Signore poco prima della loro esecuzione all’alba. Parlò loro così: “siccome voi domani sarete in paradiso, voglio affidarvi una richiesta al Signore!” Grande stupore! Si confessarono e fecero la comunione. Nel pomeriggio quel giovane ricevette l’illuminazione che costituì l’architettura del Cursillo, come segno che fossero arrivati in paradiso. San Giuseppe Cafasso parlava dei suoi “santi impiccati”. La Chiesa condanna come peccato gravissimo la cosiddetta disperazione finale: il non credere che il Signore possa/voglia (più) salvarmi.  

Secondo il testo del Vangelo la porta non viene aperta invece a chi pensa di avere dei meriti, a chi dà per scontato di averne il diritto. “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, hai insegnato nelle nostre piazze” (Lc 13,26). Per costoro, che pensano di avere il biglietto assicurato, la porta rimane chiusa. Infatti la salvezza è donata per grazia, e l’accoglie solo chi sa di non meritarla. Si tratta quindi semplicemente di riconoscere che siamo piccoli e poveri. Tutto ciò che ci viene chiesto, come al malfattore crocifisso, è di ammettere il nostro peccato e il nostro bisogno di redenzione: questa è la “parola d'ordine” che apre la porta.

Gesù chiama “operatori di ingiustizia” chi si sente giusto. È l’unica ingiustizia che impedisce la salvezza. Verso costoro, Gesù ha parole pesanti: “Non so di dove siete” (Lc 13,27). Ovvero non appartenete al mio Regno, non condividete la mia logica, il mio modo di vedere la vita, di vivere la fede. Al contrario, i lontani, che arrivano come dei poveri senza meriti, loro sederanno alla mensa del Regno. A patto però di rimanere come il ladrone sulla croce che può solo implorare ciò che può solo essere gratuito, che può solo essere donato. 

venerdì 22 agosto 2025

PAPA LEONE SEPPELLISCE LA PACHAMAMA? / 22 - 08 - 2025



Papa Leone tramite il Cardinale Parolin manda un telegramma ai vescovi dell’Amazzonia riuniti. Sottolinea tre dimensioni collegate tra loro (interconnesse) dell’azione della Chiesa: la missione della Chiesa di annunciare il Vangelo a tutti gli uomini, il trattamento equo dei popoli che abitano l’Amazzonia di cui sono vescovi, e la cura della casa comune. Primo, annunciare con chiarezza e carità il Mistero d’amore di Dio, rivelato e attuato da Gesù attraverso la sua incarnazione e la sua vita indefettibile di amore per Dio e il prossimo fino alla morte di croce e la vittoria sulla morte nella risurrezione. Poi la giustizia sociale e infine l’ecologia. 

domenica 3 agosto 2025

PERCHÉ È MORTA LA RAGAZZA EGIZIANA AL GIUBILEO, PERCHÉ SONO VIVO IO? / XVIII DOM. T.O., C., 2025.



Mentre ci rallegriamo per il Giubileo dei giovani e in particolare per la Veglia e la Messa a Tor Vergata, abbiamo appreso della morte della ragazza egiziana. Subito il Papa ha voluto ricevere i pellegrini amici suoi e rivolgere loro parole di grande sensibilità (To the young Egyptian pilgrims, companions of the young Pascale Rafic (2 August 2025)). Non sappiamo perché è morta, ma ci chiediamo: perché sono ancora vivo io? La risposta è una sola: perché devi ancora servire il Regno di Dio su questa terra! Benché ci sia ancora in te “ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria”, sei già morto alla logica di questo mondo per il tuo battesimo, per la tua adesione a Cristo che è la Verità e ha manifestato l’amore di Dio sulla croce e nella risurrezione. Per cui, già, “la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!” e hai una missione che supera ogni altro bene della vita terrena. “La tua vita non è grande per le doti che hai, ma per le ragioni per le quali metti a disposizione queste doti”, dice Mons. Delpini, il vescovo di Milano. 

La seconda Buona Notizia è difficile da accettare: “anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Siamo onesti: essere sempre nel bisogno, perdere i tuoi beni duramente acquistati, vedere un tuo figlio dilapidare ciò che hai costruito, o ancora renderti conto che un fratello, una sorella, magari tramite il cognato arrogante, ti frega la tua parte di eredità, tutto questo ferisce profondamente. Ma se ti appoggi a questa Parola e non al tuo senso umano di giustizia, ti rendi conto che la tua vita vale più del cibo, più del vestito, più delle ingiustizie subite, e che Dio è tuo Padre. Mentre provvede, fa crescere in te la vera Vita, quella che la morte non può toccare. Hai "rivestito il (l’uomo) nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato".


Dal libro del Qoèlet  Qo 1,2; 2,21-23 

sabato 2 agosto 2025

COMUNIONE IN CRISTO, NEL GREMBO DELLA COMUNIONE TRINITARIA / 42 NICEA. Gesù Cristo, ... n. 75.



75. Questa conoscenza e questa comunione inaudite e autentiche di e con Dio operano anche una comunione salvifica coi fratelli e le sorelle in umanità, amati da Dio, poiché l’evento Gesù Cristo è inseparabilmente comunione con Dio e con ogni essere umano. La fede della Chiesa apostolica testimonia questa comunione in Cristo e mediante Cristo, nel grembo della comunione trinitaria:

Colui che era fin da principio, colui che noi abbiamo sentito, colui che abbiamo veduto con i nostri occhi, colui che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato, cioè il Verbo della vita [...], lo annunziamo a voi, affinché anche voi abbiate comunione con noi. La nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo. E noi scriviamo queste cose perché la nostra gioia sia piena (1Gv 1,1.3-4).

SULLA CROCE GESÙ È ALL' "ALTEZZA" DI DIO, CHE È AMORE / 41. NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 73-74.


73. Se Gesù ci fa vedere il Padre, tutto in lui è accesso al Padre. Cristo, nella sua umanità fragile e vulnerabile, è l’espressione vera di Dio Padre: vedere lui, è vedere il Padre (cf. Gv 14,9).[115]Ne deriva che Dio non si è dapprima nascosto sul Golgota nell’impotenza del Crocifisso per poi manifestarsi, il mattino di Pasqua, di persona, infine onnipotente. Al contrario, l’amore di Gesù Cristo che si lascia crocifiggere e che, soffrendo la morte fisica, discende fino al luogo in cui il peccatore è prigioniero del peccato (lo šəʾôl ossia gli inferi), è la rivelazione dell’amore del Dio trinitario che non opera mediante la forza, ma che è proprio così più forte della morte e del peccato. È appunto davanti alla croce che Marco fa dire al centurione pagano: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (Mc 15,39). Come affermava Papa Benedetto XVI nel suo libro su Gesù:

La Croce è la vera “altezza”. È l’altezza dell’amore “fino alla fine” (Gv 13,1); sulla croce Gesù è all’“altezza” di Dio, che è Amore. Lì si può “conoscerlo”, si può riconoscere l’“Io Sono”. Il roveto ardente è la Croce. La suprema pretesa di rivelazione, l’“Io Sono” e la Croce di Gesù sono inseparabili.[116] 

SOLO ATTRAVERSO IL FIGLIO UNIGENITO POSSIAMO CONOSCERE DIO / 40. NICEA. Gesù Cristo, ... n. 72.

Da tanto tempo sono con voi
e tu non mi hai conosciuto Filippo?


1. L’evento Cristo: «Dio nessuno l’ha mai visto. Il Figlio unigenito lo ha rivelato» (Gv 1,18)

1.1. Il Cristo, Verbo Incarnato, rivela il Padre 

72. Il Simbolo di Nicea è l’espressione, la formulazione in parole, di un accesso inaudito, garantito e pienamente salvifico a Dio, offerto dall’evento Gesù Cristo. Nell’incarnazione, vita, passione, risurrezione e ascensione al Cielo del Verbo consustanziale al Padre, testimoniata nelle Sacre Scritture e nella fede della Chiesa apostolica, il Dio semper major offre, di sua propria iniziativa, una conoscenza e un accesso a Se stesso che solo lui può donare, e che sono al di là di ciò che l’uomo può immaginare e anche sperare.[113]In effetti, il Nuovo Testamento trasmette alla Chiesa di tutti i tempi, nel corso dei secoli, la testimonianza che Gesù ha donato di Se stesso e che il Padre, nella luce e nella potenza dello Spirito Santo, ha confermato una volta per tutte[114]nella Pasqua della morte, risurrezione e ascensione al cielo del Figlio fatto carne, dell’effusione pentecostale dello Spirito, nella pienezza dei tempi, “propter nos et propter nostram salutem”. In tal modo, se è vero che «Dio nessuno lo ha mai visto», la fede della Chiesa attesta che Gesù, «Figlio unico del Padre, lo ha rivelato» (Gv 1,18; cf. Gv 3,16.18 e 1Gv 4,9). Questa testimonianza si riassume nella risposta che Gesù diede all’apostolo Filippo, che gli domandava: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gesù gli risponde:

EVENTO DI SAPIENZA ED ECCLESIALE / 39. NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 70-71




Capitolo 3

Nicea come evento teologico e come evento ecclesiale

70. Celebrare Nicea, significa cogliere come il Concilio resta nuovo, di quella novità escatologica inaugurata il mattino di Pasqua, che continua a rinnovare la Chiesa anche 1700 anni dopo l’evento di Nicea. In effetti si tratta di un evento in senso forte, di una svolta che si inscrive nella trama della storia con i suoi concatenamenti, ma ne è ugualmente un punto di concentrazione, che introduce una reale novità ed esercita un’influenza decisiva su ciò che segue. A seconda delle lingue, il termine “evento” rinvia a ciò che avviene, l’ad-ventus (avènement, avent, avvenimento), o ancora a ciò che proviene da (évènement, event), alla produzione di un fatto (acontecimiento) o all’apparizione di qualcosa di nuovo (Ereignis). Così, Nicea è l’espressione di una svolta che avviene, proviene, si produce, si mostra nel pensiero umano, indotta dalla Rivelazione del Dio uno e trino in Gesù, che feconda lo spirito umano donandogli contenuti nuovi e nuove capacità. È un “evento di Sapienza”. Allo stesso modo Nicea, che sarà qualificato subito dopo come primo Concilio Ecumenico, è ugualmente l’espressione di una svolta nel modo in cui la Chiesa si struttura e veglia sulla sua unità e sulla verità della sua dottrina mediante la stessa confessione di fede: è un “evento ecclesiale”. Evidentemente, in entrambi i casi, la novità si appoggia su un processo previo, su una realtà data, quella stessa che questa novità trasforma. L’evento di Sapienza presuppone la cultura umana, l’assume, per così dire, per purificarla e trasfigurarla. L’evento ecclesiale si appoggia sulla precedente evoluzione delle strutture della Chiesa dei primi secoli, a loro volta appoggiata sull’eredità ebraica e greco-romana.  

CRISTO È FORMA DEL PADRE, NOI FORMA E IMMAGINE DI CRISTO / 38 NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 67-69

Psychomachia di Prudenzio


67. Ilario ha appreso il canto degli inni durante il suo esilio e l’ha introdotto in Gallia; Ambrogio confessa ugualmente d’aver adottato il “costume dell’Oriente”, durante i duri conflitti con gli ariani a Milano nel 386-87. Il Figlio è «sempre Figlio, come il Padre è sempre Padre. Altrimenti, come il Padre potrebbe portare tale nome se non avesse un Figlio?», sottolinea Ilario nell’inno Ante saecula qui manens, dove espone la «duplice nascita del Figlio, nato dal Padre, per il Padre che non conosce nascita, e nato dalla Vergine Maria, per il mondo». 

IL CANTO COME CATECHESI PREGATA / 37 NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 65-66.

S. Efrem il Siro,
Diacono e Dottore.

5. La teologia negli inni 

65. Gli inni, infine, sono un luogo di espressione della fede di Nicea che ha trovato posto nella vita del credente e che è stata influenzata da Nicea. Così numerosi inni terminano con la dossologia trinitaria. Peraltro, il confronto con l’eresia ariana ha giocato un ruolo importante nello sviluppo della poesia cristiana. È anzitutto in Oriente che sono stati composti inni e canti,[103]che volevano rispondere ai poemi di propaganda dei gruppi eterodossi. Quanto all’Occidente, si può perfino dire che il suo contributo teologico più importante nel IV secolo è consistito nella composizione degli inni. 

venerdì 1 agosto 2025

LA SPERANZA SI ESPRIME NELLA PREGHIERA / 36. NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 63-64.

Monaci certosini recitano la
dossologia alla fine del salmo.



63. La correttezza nella preghiera possiede un’implicazione soteriologica. È Gregorio di Nissa a lanciare l’avvertimento più incisivo: la speranza del credente è più di una morale nel senso attuale del termine, ma si esprime anche nella preghiera. La speranza è rivolta verso la divinizzazione operata da Dio: se «la prima grande speranza non è più presente presso coloro che si lasciano coinvolgere in un errore di dottrina», ciò ha per conseguenza «che non c’è alcun vantaggio a comportarsi correttamente col sostegno dei comandamenti». E Gregorio prosegue:

PREGHIAMO COME SIAMO STATI BATTEZZATI / 35. NICEA. Gesù Cristo, .... nn. 61-62.


S. Giovanni in Fonte,
il Battistero più antico
di Europa, Napoli.


61. I difensori di Nicea hanno affermato invece che la pratica della preghiera doveva sì corrispondere alla fede, ma che questa corrispondeva a sua volta al battesimo. Ora, la formula battesimale manifesta l’uguaglianza in dignità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Ne risulta che la preghiera – che sia personale o liturgica – può e deve ugualmente rivolgersi al Figlio. Anche se i niceni non hanno rigettato l’antica formula dossologica, ma ne hanno difeso il senso ortodosso,[95]essi hanno preferito altre formulazioni e preposizioni: “tō Patri, kai…kai”, “tō Patri, dia… sun”, che sono ugualmente attestate nella tradizione biblica e liturgica.[96]Basilio si riferisce in tal senso, tra l’altro, all’inno molto antico “Phōs hilăron” * (forse del II secolo), nel quale il Padre, il Figlio e lo Spirito sono oggetto di un canto di adorazione.[97] 

LA QUESTIONE DELLA PREGHIERA AL FIGLIO / 34 NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 59-60.

Cristo consegna la Legge a Pietro
Battistero di s. Giovanni in Fonte, 
Napoli.

4. La preghiera al Figlio e le dossologie  

59. La fede di Nicea serve da regola per la preghiera personale e liturgica[90]e quest’ultima è segnata da Nicea. Benché l’“invocazione del nome del Signore (Gesù)” sia già attestata negli scritti del Nuovo Testamento[91]e benché soprattutto gli inni a Cristo[92]testimonino l’offerta di lode e di adorazione, la preghiera al Figlio diventa oggetto di controversia nella crisi ariana.

60. Nel rimando a certi testi di Origene,[93]alcuni ariani del IV secolo, ma anche alcuni seguaci di Origene dei secoli V e VII, si oppongono particolarmente alla preghiera liturgica al Figlio. Gli ariani avevano interesse a mettere in evidenza i passaggi delle Scritture che mostravano Gesù stesso in preghiera, al fine di sottolineare la sua inferiorità in rapporto al Padre. In combinazione con la concezione (apollinarista), ugualmente diffusa presso gli ariani, secondo la quale il Logos prende il posto dell’anima di Gesù, la subordinazione del Logos al Padre sembrava così provata. Per essi, quindi, la preghiera rivolta al Figlio era inappropriata. A favore del loro punto di vista, gli ariani argomentavano utilizzando la formulazione tradizionale della dossologia, che riveste una grande importanza, particolarmente nelle liturgie orientali: «Gloria e adorazione al Padre per (dia / per) il Figlio nello (en / in) Spirito Santo».[94] La differenza delle preposizioni veniva invocata come prova di una differenza essenziale delle persone. Gli ariani cercavano di ricorrere alla liturgia – riconosciuta come istanza di testimonianza della fede della Chiesa – per provare ciò che essi consideravano in tal modo teologicamente giustificato. 

SE GESÙ NON È DIO NON PUOI ESSERE SALVATO / 33. NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 57-58.



57. Così, nelle sue catechesi, Giovanni Crisostomo spiega la fede battesimale validamente formulata a Nicea,[86]e distingue la retta fede non soltanto rispetto alla dottrina omea, ma anche nei confronti della dottrina sabelliana: i cristiani credono in un Dio che è “una essenza, tre ipostasi”. Agostino argomenta in maniera simile nelle istruzioni dei candidati al battesimo.[87]L’Oratio catechetica magna di Gregorio di Nissa, le cui parti più voluminose sono dedicate al Verbo di Dio eterno e incarnato, può essere considerata come il capolavoro di una catechesi chiaramente destinata a coloro che dovrebbero diffonderla, cioè i vescovi e i catechisti. A tema non c’è solo la relazione tra il Figlio-Parola e il Padre (cap. 1.3.4.), ma anche il significato dell’incarnazione in quanto azione redentrice (cap. 5). Gregorio vuole far comprendere che la nascita e la morte non sono qualcosa di indegno di Dio o di incompatibile con la sua perfezione (cap. 9 e 10), e spiega l’incarnazione col motivo dell’amore di Dio per gli uomini. Ma insiste soprattutto sul fatto che il battesimo cristiano è compiuto nella “Trinità increata”, cioè nelle tre Persone coeterne. È solo così che il battesimo conferisce la vita eterna e immortale: «Poiché chi si sottomette a qualche essere creato (e cioè se pensa che il Figlio e lo Spirito Santo sono creati) non si accorge che ripone in quello, e non in Dio, la propria speranza di salvezza».[88] 

APPROFONDIMENTO NELLA PREDICAZIONE E NELLE CATECHESI / 32. NICEA. Gesù Cristo, ... n. 56.



3. Approfondimento nella predicazione e nelle catechesi 

56. I Padri d’Oriente e d’Occidente non si accontentavano di argomentare con l’aiuto dei trattati teologici, ma illustravano ugualmente la fede nicena nelle prediche destinate al popolo, al fine di premunire i fedeli contro le interpretazioni errate, generalmente designate col termine “ariano” – anche se gli “homei”d’Occidente all’epoca di Agostino si distinguevano nettamente dai “neo-ariani” d’Oriente nelle loro argomentazioni. La concezione teologica secondo la quale il Figlio non è “Dio vero da Dio vero”, ma solo la creatura più eminente del Padre e non è coeterno col Padre, è stata riconosciuta dai Padri come una minaccia persistente e combattuta anche indipendentemente dalla presenza di avversari concreti. Il prologo del Vangelo di Giovanni offriva in proposito l’occasione di spiegare la relazione tra Padre e Figlio ovvero tra “Dio” e la sua “Parola”, in modo conforme alla confessione di Nicea.[83]Cromazio di Aquileia (ordinato vescovo nel 387/388, morto nel 407), ad esempio, trasmette ai suoi fedeli la fede nicena senza utilizzare la terminologia tecnica.[84] Perfino i Padri della Chiesa che nutrivano un certo scetticismo di principio riguardo alle “dispute teologiche”, presero una posizione molto chiara contro “l’empietà ariana” (“asebeia”, “impietas”): gli Ariani non comprendono “la generazione eterna del Figlio”, né “l’uguaglianza-eternità originale” del Padre e del Figlio.[85]Essi si sbagliano anche sul monoteismo, accettando una seconda divinità subordinata. Il loro culto è quindi perverso ed erroneo. 

"NOI" CREDIAMO / 31. NICEA. Gesù Cristo, ... n. 54.



54. Ugualmente, è a motivo del suo statuto di confessione di fede e precisamente di fede apostolica, e non in quanto definizione o insegnamento, che il Simbolo di Nicea è considerato nel periodo successivo (almeno fino alla fine del V secolo) come la prova decisiva dell’ortodossia.[78] Per questo è utilizzato come testo base nei concili successivi. Così, Efeso e Calcedonia si vogliono interpreti del Simbolo niceno: essi sottolineano il loro accordo con Nicea e si oppongono alle prese di posizione dissidenti rispetto a Nicea. Quando la Confessione di fede di Nicea-Costantinopoli è stata letta al Concilio di Calcedonia, i vescovi riuniti hanno esclamato: «Ecco la nostra fede. É in questa fede che siamo stati battezzati, è in questa fede che noi battezziamo! Il papa Leone crede così, Cirillo credeva così».[79] Notiamo che la professione di fede può essere espressa al singolare – “io credo” – ma che spesso è al plurale: “noi crediamo”; allo stesso modo, la preghiera del Signore è al plurale: “Padre nostro…”. La mia fede, radicalmente personale e singolare, si inscrive altrettanto radicalmente in quella della Chiesa, intesa come comunità di fede. Il Simbolo di Nicea e l’originale greco del Simbolo di Nicea-Costantinopoli si aprono col plurale “noi crediamo”, «per testimoniare che in questo “Noiˮ, tutte le Chiese erano in comunione, e che tutti i cristiani professavano la stessa fede».[80] 

NON ESPOSIZIONE TEORICA MA CONFESSIONE DI FEDE BATTESIMALE / 30. NICEA. Gesù Cristo, ... nn. 52-53

Professione di fede
nella parrocchia di
s. Castrese, Marano


2. Il Simbolo di Nicea come confessione di fede

52. Non soltanto la confessione di fede di Nicea è espressione della fede battesimale ma è possibile che provenga direttamente da un Simbolo battesimale della Chiesa di Cesarea in Palestina (se si dà credito a ciò che dice Eusebio).[75] Sarebbero state fatte tre aggiunte: “…cioè della sostanza del Padre”, “generato, non creato”, e “consustanziale al Padre (homooúsios)”. In questo modo, è stabilito con una impressionante chiarezza che colui che “ha preso carne per noi uomini... e ha sofferto” è Dio, homooúsion tō Patri. Eppure, pur essendo “da la sostanza del Padre” (ek tēs ousias tou Patros), Egli è distinto dal Padre nella misura in cui è suo Figlio. Grazie a lui, che «si è fatto uomo per la nostra salvezza», noi sappiamo che cosa significa il fatto che il Dio trinitario «è amore» (1Gv 4,16). Queste aggiunte sono essenziali e dicono l’originalità propria e l’apporto determinante di Nicea, ma conviene allo stesso tempo sottolineare senza posa che il Simbolo in quanto simbolo di fede si radica in modo originale nel contesto liturgico, che è il suo ambito vitale e dunque il contesto nel quale riceve tutto il suo senso. Non si tratta certo di un’esposizione teorica ma di un atto di celebrazione battesimale, che si arricchisce dal resto della liturgia e a sua volta la illumina. I nostri contemporanei possono avere talvolta l’impressione che il credo sia un’esposizione molto teorica proprio perché ne ignorano il radicamento liturgico e battesimale.  

IL BATTESIMO SENZA FEDE NON HA VALORE / 29. NICEA. Gesù Cristo, ... n. 51.

Battesimi di giovani e adulti
 in forte crescita in Francia


51. Detto questo, per Atanasio e per i Padri Cappadoci, non si tratta semplicemente di pronunciare la formula trinitaria, ma il battesimo presuppone la fede nella divinità di Gesù Cristo. Così, l’insegnamento della retta fede è necessario e fa parte della pratica conforme al battesimo. Atanasio cita come fondamento la formulazione del comando in Mt 28,19: «Andate... insegnate... e battezzate».[72]Per questo Atanasio – come Basilio e Gregorio di Nissa[73]– negano ogni efficacia al battesimo ariano, perché coloro che considerano il Figlio come una creatura non hanno una giusta concezione di Dio Padre: colui che non riconosce il Figlio non comprende nemmeno il Padre e non “possiede” il Padre, dal momento che il Padre non ha mai cominciato ad essere Padre.[74]