51. Parlando di questo tema siamo portati a
pensare che riguardi solo i ministri ordinati che svolgono il servizio della
presidenza. In realtà è un atteggiamento che tutti i battezzati sono chiamati a
vivere. Penso a tutti i gesti e le parole che appartengono all’assemblea: il
radunarsi, l’incedere in processione, lo stare seduti, in piedi, in ginocchio,
il cantare, lo stare in silenzio, l’acclamare, il guardare, l’ascoltare. Sono
molti modi con i quali l’assemblea, come un solo uomo (Ne
8,1), partecipa alla celebrazione. Compiere tutti insieme lo stesso gesto,
parlare tutti insieme ad una sola voce, trasmette ai singoli la forza
dell’intera assemblea. È una uniformità che non solo non mortifica ma, al
contrario, educa i singoli fedeli a scoprire l’unicità autentica della propria
personalità non in atteggiamenti individualistici ma nella consapevolezza di
essere un solo corpo. Non si tratta di dover seguire un galateo liturgico: si
tratta piuttosto di una “disciplina” – nel senso usato da Guardini – che, se
osservata con autenticità, ci forma: sono gesti e parole che mettono ordine
dentro il nostro mondo interiore facendoci vivere sentimenti, atteggiamenti,
comportamenti. Non sono l’enunciazione di un ideale al quale cercare di
ispirarci, ma sono un’azione che coinvolge il corpo nella sua totalità, vale a
dire nel suo essere unità di anima e di corpo.
52. Tra i gesti rituali che appartengono a tutta
l’assemblea occupa un posto di assoluta importanza il silenzio. Più volte è
espressamente prescritto nelle rubriche: tutta la celebrazione eucaristica è
immersa nel silenzio che precede il suo inizio e segna ogni istante del suo
svolgersi rituale. Infatti è presente nell’atto penitenziale; dopo l’invito
alla preghiera; nella liturgia della Parola (prima delle letture, tra le
letture e dopo l’omelia); nella preghiera eucaristica; dopo la comunione. [16] Non
si tratta di un rifugio nel quale nascondersi per un isolamento intimistico,
quasi patendo la ritualità come se fosse una distrazione: un tale silenzio
sarebbe in contraddizione con l’essenza stessa della celebrazione. Il silenzio
liturgico è molto di più: è il simbolo della presenza e dell’azione dello
Spirito Santo che anima tutta l’azione celebrativa, per questo motivo spesso
costituisce il culmine di una sequenza rituale. Proprio perché simbolo dello
Spirito ha la forza di esprimere la sua multiforme azione. Così, ripercorrendo
i momenti che ho sopra ricordato, il silenzio muove al pentimento e al
desiderio di conversione; suscita l’ascolto della Parola e la preghiera;
dispone all’adorazione del Corpo e del Sangue di Cristo; suggerisce a ciascuno,
nell’intimità della comunione, ciò che lo Spirito vuole operare nella vita per
conformarci al Pane spezzato. Per questo siamo chiamati a compiere con estrema
cura il gesto simbolico del silenzio: in esso lo Spirito ci dà forma.
53. Ogni gesto e ogni parola contiene un’azione
precisa che è sempre nuova perché incontra un istante sempre nuovo della nostra
vita. Mi spiego con un solo semplice esempio. Ci inginocchiamo per chiedere
perdono; per piegare il nostro orgoglio; per consegnare a Dio il nostro pianto;
per supplicare un suo intervento; per ringraziarlo di un dono ricevuto: è
sempre lo stesso gesto che dice essenzialmente il nostro essere piccoli dinanzi
a Dio. Tuttavia, compiuto in momenti diversi del nostro vivere, plasma la
nostra interiorità profonda per poi manifestarsi all’esterno nella nostra
relazione con Dio e con i fratelli. Anche l’inginocchiarsi va fatto con arte,
vale a dire con una piena consapevolezza del suo senso simbolico e della
necessità che noi abbiamo di esprimere con questo gesto il nostro modo di stare
alla presenza del Signore. Se tutto questo è vero per questo semplice gesto,
quanto più lo sarà per la celebrazione della Parola? Quale arte siamo chiamati
ad apprendere nel proclamare la Parola, nell’ascoltarla, nel farla ispirazione
della nostra preghiera, nel farla diventare vita? Tutto questo merita la
massima cura, non formale, esteriore, ma vitale, interiore, perché ogni gesto e
ogni parola della celebrazione espresso con “arte” forma la personalità
cristiana del singolo e della comunità.