La prima comunità cristiana è fatta di uomini e donne imperfetti e quindi non esente di problemi. Si mormora (peccato comunissimo ma gravissimo) perché si fanno differenze tra le persone assistite. La mormorazione e il reclamare è direttamente contrario alla logica del kerigma che un battezzato dice di aver accettato: “E dire che è già per voi una sconfitta avere liti vicendevoli! Perché non subire piuttosto l'ingiustizia? Perché non lasciarvi piuttosto privare di ciò che vi appartiene?” (1Cor 6:7).
Ammiriamo e impariamo dal modo di affrontare il problema da parte degli Apostoli: non si arrabbiano. Capiscono che espresso in modo forse condannabile c'è una ricerca di giustizia fondata nel Vangelo, e c'è anche l’esigenza dell’armonia della comunità che può esigere un compromesso. Il discernimento degli Apostoli mette in luce anche le priorità: la carità è necessaria e deve essere ordinata, ma senza la preghiera e la formazione sulla Parola non cresce nulla e si viene meno alla missione principale della Chiesa: loro sono i testimoni della Risurrezione e degli insegnamenti del Signore.
Invece di acuire le tensioni con una lite
supplementare, gli Apostoli, guidati dallo Spirito Santo creano un nuovo sacramento
(!) nel senso che rendono alcuni uomini partecipi del loro ministero pieno. Forse
devono anche usare con coraggio la loro autorità, sostituendo qualche responsabile
precedente… ma è tutto fatto in modo positivo e sinodale: la stessa comunità partecipa
al processo decisionale scegliendo chi eserciterà la diaconia. Dopo un primo momento
di paura per il problema supplementare che si presenta, prendendo Gesù nella barca
agitata dal vento, la Chiesa arriva subito alla riva alla quale è diretta.
Prima
Lettura At 6, 1-7
Scelsero sette uomini pieni di Spirito Santo.