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giovedì 18 dicembre 2025

A MESSA DOVE E QUANDO È PRESENTE CRISTO? / 18 Dicembre 2025.

Molti fedeli pensano spontaneamente che, a Messa, Cristo è presente solo nell'ostia e nel vino consacrati e nel sacerdote, e si limitano a questo. È un modo di sentire che contraddice la verità della Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa. È importante cambiare opinione su questo punto della presenza di Cristo nella Messa? 

Il Concilio Vaticano II nel suo primo Documento (Costituzione) si occupò della Liturgia chiedendone la riforma generale nei confronti di quella precedente impostata dal grande Concilio precedente di Trento. Sfruttando tutti gli studi del Movimento liturgico permise così alla Chiesa di riavvicinarsi al modo di celebrare di Gesù con gli Apostoli e dei primi cristiani. 

Il Concilio recuperava così anche la visione primitiva della Chiesa tutta. Da una visione piramidale (laici, religiosi, sacerdoti, vescovi, Papa) la Chiesa affermò innanzitutto l’uguale dignità di tutti i suoi membri fondata sul battesimo. I vari carismi, anche quelli di autorità, sono doni per il servizio e la comunione ma non danno nessuna garanzia di santità, di valore, di importanza agli occhi di Dio e nel suo Regno. Certamente i carismi usati e serviti con fedeltà e diligenza portano alla santità, come il matrimonio diventa per gli sposi la loro nuova via di santità che non avevano da celibi. 

Il nome stesso “Chiesa” viene da Ekklesia = Assemblea. La Koinonia o Comunione creata dal dono dello Spirito Santo dato a chi crede nel Signore Gesù fa di questa Assemblea una Comunità che si raduna visibilmente per la Liturgia. 

Cristo presente nella sua Chiesa che è il suo corpo e di cui siamo le membra si manifesta quindi innanzitutto nell’Assemblea dei fratelli e sorelle radunata nel suo Nome, si manifesta in modo particolare nei ministri e nel presidente che rappresenta Cristo Capo, si manifesta nella Parola, che convoca e nutre i fedeli come pane. L’omelia che è riservata al ministro ordinato perché è un sacramentale manifesta la premura di Cristo di istruire i fedeli calando la sua parola nella loro situazione particolare. La Parola poi si fa pane, si fa corpo e sangue di Cristo con l’invocazione dello Spirito Santo e le parole della consacrazione. Unendosi più intimamente a Cristo con la comunione eucaristica dopo l’ascolto della Parola, i fedeli sono “altri Cristi” che portano nella vita quotidiana la testimonianza di Gesù. 

Purtroppo, a 60 anni dal Concilio Vaticano II, il modello clericale che vigeva prevalentemente nelle concezioni e nei comportamenti non è del tutto scomparso. Dobbiamo annunciare instancabilmente la verità della Scrittura e gli insegnamenti del Concilio, fonte di dignità e di retta fede per tutti.  


CAPITOLO I

PRINCIPI GENERALI PER LA RIFORMA E LA

PROMOZIONE DELLA SACRA LITURGIA


I. Natura della sacra liturgia e sua importanza nella vita della Chiesa

5. Dio, il quale «vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4), «dopo avere a più riprese e in più modi parlato un tempo ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1,1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto dallo Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti [8], « medico di carne e di spirito » [9], mediatore tra Dio e gli uomini [10]. Infatti la sua umanità, nell'unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Per questo motivo in Cristo « avvenne la nostra perfetta riconciliazione con Dio ormai placato e ci fu data la pienezza del culto divino » [11]. Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell'Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore principalmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale « morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha restaurato la vita» [12]. Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa [13].


La liturgia attua l'opera della salvezza propria della Chiesa

6. Pertanto, come il Cristo fu inviato dal Padre, così anch'egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo. Essi, predicando il Vangelo a tutti gli uomini [14] , non dovevano limitarsi ad annunciare che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana [15] e dalla morte e ci ha trasferiti nel regno del Padre, bensì dovevano anche attuare l'opera di salvezza che annunziavano, mediante il sacrificio e i sacramenti attorno ai quali gravita tutta la vita liturgica. Così, mediante il battesimo, gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo: con lui morti, sepolti e risuscitati [16], ricevono lo Spirito dei figli adottivi, «che ci fa esclamare: Abba, Padre» (Rm 8,15), e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca [17]. Allo stesso modo, ogni volta che essi mangiano la cena del Signore, ne proclamano la morte fino a quando egli verrà [18]. Perciò, proprio nel giorno di Pentecoste, che segnò la manifestazione della Chiesa al mondo, «quelli che accolsero la parola di Pietro furono battezzati » ed erano « assidui all'insegnamento degli apostoli, alla comunione fraterna nella frazione del pane e alla preghiera... lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo » (At 2,41-42,47). Da allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale: leggendo « in tutte le Scritture ciò che lo riguardava» (Lc 24,27), celebrando l'eucaristia, nella quale « vengono resi presenti la vittoria e il trionfo della sua morte » [19] e rendendo grazie «a Dio per il suo dono ineffabile» (2 Cor 9,15) nel Cristo Gesù, «a lode della sua gloria» (Ef 1,12), per virtù dello Spirito Santo.


Cristo è presente nella liturgia

7. Per realizzare un'opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, « offertosi una volta sulla croce [20], offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti », sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza [21]. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso:


« Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro » (Mt 18,20).

Effettivamente per il compimento di quest'opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale l'invoca come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'eterno Padre. Giustamente perciò la liturgia è considerata come l'esercizio della funzione sacerdotale di Gesù Cristo. In essa, la santificazione dell'uomo è significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun'altra azione della Chiesa ne uguaglia l'efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.


Liturgia terrena e liturgia celeste

8. Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio [22] quale ministro del santuario e del vero tabernacolo; insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l'inno di gloria; ricordando con venerazione i santi, speriamo di aver parte con essi; aspettiamo come Salvatore il Signore nostro Gesù Cristo, fino a quando egli comparirà, egli che è la nostra vita, e noi saremo manifestati con lui nella gloria [23].


mercoledì 17 dicembre 2025

AUDACI NELLO SPIRITO SANTO / 70. NICEA. Gesù Cristo, ... n. 114



2.3 Le lingue dello Spirito Santo per la formazione e il rinnovamento del consenso

114. In fondo, il compito ecclesiale sarà anzitutto un compito pneumatologico di metafrasi. Essa opera sul registro della traduzione, come la Settanta e i targoumim, che cercano la fedeltà al testo ebraico situandosi decisamente nei modi di pensiero e nel genio propri del greco e dell’aramaico. Si può supporre che il medesimo processo sia all’opera nella traduzione delle parole di Gesù, pronunciate in aramaico, nel greco dei Vangeli. Si tratta anche del lavoro di esegesi del testo sacro, cominciato coi midrashim e gli scritti dei primi Padri della Chiesa. È questo duplice movimento che fiorisce negli scambi viventi di un Concilio Ecumenico celebrato sotto la mozione dello Spirito di Pentecoste, nel quale i locutori potevano provenire dal mondo siriano o greco o copto o latino e che si concretizza in definizioni che sono esse stesse traducibili in altre lingue e in altre forme di espressione. 

CREDERE CON LA CHIESA / 69. NICEA. Gesù Cristo, ... n. 113



113. Questi arbitrati esprimono la stessa natura della Chiesa e permettono di comprendere il senso del magistero che essa esercita. Dal momento che la Chiesa è una realtà di grazia inscritta nella storia, essa è costituita e mossa dallo Spirito Santo, quello stesso che ha operato nell’Incarnazione del Verbo e che continua a operare l’incorporazione dei credenti nel Corpo mistico confrontato con le gioie, le tentazioni e le vicissitudini della storia. La sua missione salvifica si realizza non solo mediante la predicazione, con l’insegnamento delle Scritture e la celebrazione dei sacramenti, ma anche mediante il magistero esercitato dai vescovi, successori degli apostoli, in comunione col vescovo di Roma, successore di Pietro. Ciò non significa affermare che la verità della fede è storica e mutevole: significa piuttosto che il riconoscimento della verità e l’approfondimento della sua comprensione costituiscono un compito storico dell’unico soggetto-Chiesa. La Chiesa non ha dunque a sua disposizione la verità, che non può essere fabbricata, dal momento che si tratta fondamentalmente di Cristo stesso, ma essa la riceve, la richiama e la interpreta. 

martedì 16 dicembre 2025

PENTIRSI PER AVERE LA GRAZIA DELLA FEDE / 16 Dicembre 2025.



Ieri Gesù ci ha insegnato come evitare domande trappola o tergiversare. Egli usa una “arma” semplice e non offensiva ma molto efficace: rispondere con una domanda alternativa che mette nella giusta prospettiva il discorso. Ricordo un breve dialogo con un musulmano in una strada di Tunisi che voleva convincermi che la fede cristiana è assurda perché Dio non può essere insieme Uno e Tre (il Corano dice: “non dite tre” parlando di Dio e ci chiama “associatori” perché a Dio che è Uno e Unico noi associamo Gesù e un terzo che spesso è la Madonna). Per evitare ogni polemica o comunque una discussione sterile, il Signore mi ha ispirato una risposta: “tu credi che Gesù è stato crocifisso?”. Infatti il Corano nega la crocifissione di Gesù. Ho proseguito: “Dio è amore infinito. Se non credi che l’amore può arrivare a dare la vita su una croce, non potrai mai accettare il Mistero della Trinità”. Ho potuto mettere questo fratello nella giusta prospettiva e forse rimanere con qualche interrogativo. 

Gesù non usa mai la bugia e neppure è mai ambiguo. Talvolta usa la “restrizione mentale”: da una risposta parziale adatta alla persona o alla situazione. 

Con la domanda Gesù invita i suoi interlocutori a mettersi in discussione, a schierarsi e cioè a convertirsi. Rispondono evasivamente proprio perché non vogliono convertirsi. A quel punto Gesù va avanti; propone una parabola che dimostra che la volontà del Padre si fa obbedendo con i fatti, non limitandosi a parole, giustificandosi poi con vari pretesti. È il Vangelo di oggi, in cui Gesù rivela aspetti fondamentali sulla salvezza: viene dalla fede e non dalle opere, “Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gàlati 5, 6). E la fede viene dal credere a Dio che si rivela attraverso i suoi servi, i suoi segni. Ma per credere devo avere un cuore disposto al cambiamento. Ed ecco il pentimento. Il primo figlio, ribelle, si pentì e andò nella vigna. I capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, vedendo i segni (Giovanni Battista e le folle che andavano e soprattutto ritornavano cambiate) dovevano interrogarsi, pentirsi dei loro peccati per poter accogliere l’azione di Dio. Ecco quindi la sequenza della salvezza: SEGNI - PENTIMENTO - FEDE.

Anche noi, non possiamo negare di aver visto dei segni straordinari del Regno di Dio nella nostra generazione. Stiamo dunque attenti a non cadere sotto la condanna di quei sacerdoti e anziani. Gridiamo a Dio chiedendo una vera conversione.

(Vedi anche : La Gioia del Vangelo: USARE LA DOMANDA: IMPARIAMO DA GESU' / Santa Lucia, 13 dicembre.)


Dal libro del profeta Sofonìa  Sof 3,1-2.9-13  

NATALE E I RIFIUTI / 16 dicembre 2025


L’ISPRA pubblica le cifre sulla gestione dei rifiuti urbani. L’Italia globalmente è in crescita e in buona posizione nei confronti di altre nazioni in Europa, anche se c'è molto da fare (
Rapporto rifiuti urbani. Numeri e sfide future secondo l'Ispra - Formiche.net). Per quanto riguarda la raccolta differenziata, tutte le regioni raggiungono la media del 60% imposto dalla legge, ma in modo decrescente da Nord verso Sud. 

"Evidentemente" le grandi città sono meno virtuose, più in affanno di molti piccoli comuni attorno. Tra le grandi città meno virtuose, anche se in crescita, si attestano Genova (49,8%), Roma (48%), Bari (46%) e Napoli (44,4%), all’ultimo posto. Prima tra le città del Sud c'è Messina (58,6%) davanti a Torino e Verona. Quindi è possibile, è un problema di mentalità. Cambiare le mentalità è difficile, molto difficile, ma non impossibile. Dipende innanzitutto dall’impegno di ciascuno di noi, dell’esempio e dell’educazione che si dà alle nuove generazioni. Ma anche della volontà politica che si trasmette tramite il voto e il controllo civico.  

lunedì 15 dicembre 2025

L'AMORE È UNA SFIDA CONTINUA... / 15 dicembre 2025.



“L’amore è una sfida continua. Dio stesso forse ci sfida affinché noi stessi sfidiamo il destino”. Questa frase è tratta dall’opera La bottega dell’orefice dell'allora giovane vescovo Karol Wojtyla nel 1960. 

È una frase del giovane protagonista. Assieme alla sua fidanzata vanno nella bottega dell’orefice (che rappresenta Dio) per comprare le fedi nuziali. Ma esitano di fronte all’impegno “per sempre” riconoscendo la loro fragilità. Saranno capaci? Potranno riuscirci? L’amore di coppia non è per sempre se il padre di lui è morto e i genitori di lei non si amano più. 

domenica 14 dicembre 2025

FUGGIRANNO TRISTEZZA E PIANTO / Domenica della gioia, 14 Dicembre 2025.



“Gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto”. Il Messia è venuto. Quanti non avrebbero bisogno di psicologi e psicofarmaci se ci fosse in loro una presenza forte del Signore. Non si esclude la missione dei psicologi, specie se chi dovrebbe accompagnare nella fede non sa molto ascoltare o ha un’impostazione miracolistica, e neppure è escluso l’aiuto che possono dare le medicine. Ma tutti quelli che hanno sperimentato la presenza reale del Signore nella loro vita e si sono aperti a lui sanno quanto sostegno e luce ha dato loro la fede in Cristo. 

Ma, noi che ci diciamo credenti, gioia e felicità ci seguono e sono fuggiti da noi tristezza e pianto? Ci dobbiamo interrogare su questo punto molto seriamente. Non in senso moralista: devo essere gioioso! ma aprirci comprendendo che la speranza cristiana è la cosa più seria e forte che ci sia dal punto di vista esistenziale e quindi anche dal punto di vista terapeutico perché non solo da una rassicurazione per l’esito - comunque sia - della nostra vita terrena nel dono gratuito del paradiso, ma fin da adesso abita e dinamizza la nostra vita, aiutandoci a non lasciarci inghiottire dai nostri drammi personali e a superarli ma anche a guardarli con meno paura e spingere lo sguardo più in profondità nel buio delle nostre ferite e della morte e delle “morti” che ci attagliano e minacciano. “Gioia è guardare al cielo, tristezza è guardare a noi stessi” diceva san Carlo Acutis. I risultati, così giovane, della sua crescita personale, della sua carità, della sua intensa attività apostolica e di riflessione sulla fede, della sua accettazione del dolore e della morte, sono la prova che la speranza non delude. Certo siamo solo all’inizio e dobbiamo camminare, aprendoci al “nuovo di Dio” come Giovanni Battista che non comprendeva perché Gesù si comportava in modi che non aspettava. Era molto ispirato ma non sapeva tutto. D’altronde anche Maria ha dovuto camminare e “si domandava che senso avesse un tale saluto” (Luca 1,29), “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Luca 2,19). Giuseppe e lei “si stupivano delle cose che si dicevano di lui” (Luca 2,33), e, più tardi “non compresero le sue parole” (Luca 2,50). Ma Maria “serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Luca 2,51). 

Non si tratta di negare le nostre ferite e difficoltà ma neppure è ripiegandoci su noi stessi, sulle nostre tristezze e dolori, che vivremo bene. Apriamoci al Signore che viene. Il Signore non ci abbandona e vede la buona volontà di noi che siamo deboli e ci renderà più grandi di Giovanni Battista, non per i nostri sforzi ma per la fede che ci infonde, essendone autore e perfezionatore. .


Dal libro del profeta Isaìa  Is 35,1-6a.8a.10