3. Cogliere l’immensità della salvezza offerta agli uomini e l’immensità della nostra vocazione umana
30. Celebrare Nicea non consiste solo nel meravigliarsi davanti alla pienezza sovrabbondante di Dio e del Cristo Salvatore, ma anche davanti alla grandezza sovrabbondante del dono offerto agli esseri umani e della vocazione umana che in essa è svelata. Il mistero di Dio nella sua immensità è rivelazione della verità sull’uomo, anche lui semper major. Si tratta qui di sviluppare le implicazioni soteriologiche e antropologiche delle affermazioni trinitarie e cristologiche del Simbolo di Nicea, ma anche di tenere in considerazione l’insegnamento contenuto nella finale del terzo articolo sullo Spirito Santo, che presenta la fede nella Chiesa e nella salvezza:
[Noi crediamo] una sola Chiesa santa, cattolica e apostolica.
Confessiamo un solo battesimo per la remissione dei peccati;
Aspettiamo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
3.1. La grandezza della salvezza: l’ingresso nella vita di Dio
31. Poiché Cristo ci salva, la fede di Nicea confessa la “remissione dei peccati” e “la risurrezione dei morti”. Il Simbolo menziona il peccato poiché noi abbiamo bisogno di sapere da quale male siamo liberati. Il peccato, in senso teologico stretto, non è soltanto il vizio o la colpa che offende le intenzioni del Creatore nella creatura (cf. Rm 2,14-15), ma è anche una frattura deliberata nei confronti di Dio nell’ambito di una relazione teologale con lui. In questo senso pieno, il peccatore prende coscienza del suo peccato nella luce dell’amore misericordioso di Dio: il peccato deve essere “scoperto” per opera della grazia stessa in modo che essa possa convertire i cuori.[43] Così, la rivelazione del peccato è il primo passo della redenzione e deve essere confessato come tale.
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