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Psychomachia di Prudenzio |
67. Ilario ha appreso il canto degli inni durante il suo esilio e l’ha introdotto in Gallia; Ambrogio confessa ugualmente d’aver adottato il “costume dell’Oriente”, durante i duri conflitti con gli ariani a Milano nel 386-87. Il Figlio è «sempre Figlio, come il Padre è sempre Padre. Altrimenti, come il Padre potrebbe portare tale nome se non avesse un Figlio?», sottolinea Ilario nell’inno Ante saecula qui manens, dove espone la «duplice nascita del Figlio, nato dal Padre, per il Padre che non conosce nascita, e nato dalla Vergine Maria, per il mondo».
68. Contrariamente agli inni altamente teologici di Ilario, che non hanno trovato molto posto nella liturgia, gli inni di Ambrogio sono rapidamente divenuti celebri dovunque e hanno potentemente incoraggiato la fede, secondo l’intento che lo stesso Ambrogio loro attribuiva. Il suo inno del mattino Splendor paternae gloriae potrebbe essere considerato un commentario alla confessione di fede di Nicea. Particolarmente efficaci sono le strofe finali di alcuni inni, che sottolineano l’uguaglianza del Figlio col Padre: «Aequalis aeterno Patri», o che si rivolgono direttamente al Figlio: «Iesu, tibi sit gloria... cum Patre et almo Spiritu». In un inno molto breve, di cui Ambrogio è forse l’autore, la confessione del Dio unico in tre persone è quasi espressa in versi come una frase chiave per i fedeli: «O lux beata trinitas, et principalis unitas...».
69. Oltre ad Ambrogio, è soprattutto Prudenzio (Aurelius Prudentius Clemens, 348-415/25) ad avere inni importanti per la cristologia. Il poeta spagnolo è particolarmente segnato dalla vera divinità e dalla vera umanità del Redentore, nelle quali si fonda la nostra nuova creazione:
Cristo è forma del Padre, noi forma e immagine di Cristo;
siamo creati a somiglianza del Signore dalla bontà paterna,
e verrà nella nostra immagine Cristo dopo secoli.
Christus forma Patris, nos Christi forma et imago;
Condimur in faciem Domini bonitate paterna
Venturo in nostram faciem post saecula Christo.[110]
[110] Prudenzio, Apotheosis, linea 309-311, testo critico, trad., commento e indici di G. Garuti, Mucchi editore, Modena 2005, p. 70.
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