Il 1977 ci sembra molto lontano e un tempo molto più felice per la Chiesa in Italia, con le Messe domenicali ancora affollate e un generale ricorso ai Sacramenti, con una Società non ancora frantumata dall'individualismo egoista e violento di oggi. Eppure i segnali c'erano tutti di ciò che sarebbe stato il futuro e già il Magistero proponeva le soluzioni o riconosceva le opere già attuate dallo Spirito Santo. Paolo VI, l'8 maggio 1977, rivolgeva così una parola ai neocatecumenali presenti e ai 27 vescovi che li accompagnavano (*) :
... il messaggio dell’annuncio evangelico oggi più che mai è degno di essere annunciato per due titoli che sembrano contradditori. Uno, dobbiamo annunciarlo perché il mondo è sordo, e allora bisogna alzare la voce, e allora bisogna trovare la maniera di far capire, e allora bisogna insistere, bisogna convocare tutti ad una scuola nuova, ecc. La difficoltà diventa provocante, diventa un incentivo per diventare maestri del nostro catechismo, cioè della Verità del Vangelo da annunciare.
E, secondo motivo, che è proprio l’opposto del primo: chi sa vedere, chi sa leggere nel cuore delle folle, nel cuore del mondo, vede che in fondo c’è un malcontento, c’è un’inquietudine, c’è un bisogno di una parola vera, di una parola buona, di una parola che dica il senso della vita! che il mondo non sa più quale sia, che non ha più la forza di definire; vive come miope e come cieco in mezzo alle tenebre. Noi abbiamo la lanterna, noi abbiamo la lampada, noi abbiamo la Parola del Vangelo che diventa la luce del mondo. Il Signore ha detto ai suoi Apostoli: «Voi siete la luce del mondo». Ecco, se siamo la luce del mondo dobbiamo andare incontro a questa gente smarrita, così arrabbiata, così crudele, diventata perfino così sbandata, così senza princìpi, senza linee di condotta buona e umana, e andare incontro e dire: ecco, guarda, questo è il sentiero, questa è la via. E ripeto, per queste due ragioni, l’una la difficoltà e l’altra l’opportunità di annunciare il Vangelo, ecco che la Chiesa prende la parola.
... ciascuno deve essere testimone, deve saper tradurre, se non altro con l’esempio e con il suo appoggio, il messaggio di cui è depositario. Non esiste un cristiano muto, non esiste un cristiano sterile, non esiste un cristiano che viva per sé; deve vivere per la comunità, per il Corpo mistico che si chiama la Chiesa.
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La parola «Catecumenato» è riferita al Battesimo: Catecumenato era il periodo di preparazione al Battesimo. Adesso il Battesimo non ha più, almeno diffusamente e didatticamente, questo sviluppo. E allora questi dicono: «Beh, lo faremo dopo il Battesimo». Non è bastata la grazia santificante, anzi la grazia santificante non ha fatto che accendere un fuoco che deve essere poi illuminante e propagantesi nella vita. Sant’Agostino ha un accenno a questo: «Non possiamo anticipare? Facciamo dopo il Catecumenato», cioè l’istruzione, il completamento e l’educazione, tutta la parte educativa della Chiesa, dopo il Battesimo.
Il sacramento della rigenerazione cristiana deve ritornare ad essere ciò che era nella coscienza e nel costume delle prime generazioni del cristianesimo. La prassi (la pratica, non è vero?) e la norma della Chiesa hanno introdotto la santa abitudine di conferire il Battesimo ai neonati. Che istruzione hanno? Ecco che ci vuole il padrino che supplisce e parla a nome del battezzando. Ma il battezzato non ha nessun profitto da questa attestazione che il padrino dà al sacerdote, lasciando che il rito battesimale concentrasse adesso liturgicamente, perché la Liturgia ancora ha le tracce di questa iniziazione preparatoria, la preparazione che nei primi tempi, quando la società era profondamente pagana, precedeva il Battesimo e che era detta Catecumenato. Dopo la Chiesa ha concentrato questo periodo: perché? Ma perché le famiglie erano tutte cattoliche, erano tutte buone, tutte cristiane, la società in fondo era orientata cristianamente; impareranno lungo la via.
Ma adesso che la nostra società non è più uniforme, omogenea, è pluralista, anzi è tutta piena di contraddizioni e di ostacoli al Vangelo in sé stessa, nell’ambiente sociale di oggi, questo metodo ha bisogno di essere, dicevo, integrato da una istruzione, da una iniziazione postuma, allo stile di vita proprio del cristiano: questa deve essere successiva al Battesimo.
Questo il segreto della vostra formula, cioè: dà un’assistenza religiosa, conferisce un allenamento pratico alla fedeltà cristiana e compie un inserimento effettivo nella comunità dei credenti che è la Chiesa, dopo che uno è già effettivamente, soprannaturalmente entrato nella Chiesa, ma è stato come un seme che non ha ancora avuto il tempo di bene radicarsi.
Ecco la rinascita quindi del nome «Catecumenato», che certamente non vuole invalidare né sminuire l’importanza della disciplina battesimale vigente, ma la vuole applicare con un metodo di evangelizzazione graduale e intensivo che ricorda e rinnova in certo modo il Catecumenato di altri tempi. Chi è stato battezzato ha bisogno di capire, di ripensare, di apprezzare, di assecondare l’inestimabile fortuna del Sacramento ricevuto.
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Si prospetta così una catechesi successiva a quella che il Battesimo non ha avuto: «la pastorale degli adulti», come si dice oggi, viene delineando e crea nuovi metodi e nuovi programmi, poi nuovi ministeri – quanto bisogno c’è di chi assista: ecco i catechisti, ecco le suore stesse, ecco le famiglie che diventano anche loro maestre di questa evangelizzazione postuma al Battesimo – poi nuovi ministeri sussidiari sostengono la più esigente assistenza del sacerdote e del diacono nell’insegnamento e nella partecipazione alla liturgia, nuove forme di carità, di cultura e di solidarietà sociale accrescono la vitalità della comunità cristiana e ne fanno di fronte al mondo la difesa, l’apologia e l’attrattiva.
Tanta gente si polarizza verso queste Comunità Neocatecumenali perché vede che lì c’è una sincerità, c’è una verità, c’è qualche cosa di vivo e di autentico: c’è Cristo che vive nel mondo. E questo avvenga con la Nostra apostolica benedizione.
* Il testo completo con aggiunte tratte dalla registrazione si può trovare a questo link: Udienza generale 12-I-1977 – Cammino Neocatecumenale oppure quello ufficiale a questo link: Udienza generale, 12 gennaio 1977 | Paolo VI
Nel'Udienza del 1974 il Papa salutò queste nuove comunità con l'espressione - "ecco le cose post-conciliari!".
Epifania della nostra missione. Contratto da sottoscrivere, almeno per " presa visione" , al termine delle catechesi iniziali, per avere un riferimento quotidiano su cio' che siamo chiamati a compiere. Direi di organizzare una tua " catechesi" che ci "rilegga" queste parole con il tuo commento.
RispondiEliminaÈ molto semplice. Il battesimo è il sacramento della fede. Senza fede non c'è battesimo. Quindi ci vuole prima del battesimo una conversione reale della mentalità e dei costumi, e questo si ottiene attraverso il catecumenato. Va bene se il catecumenato si fa seriamente anche dopo il battesimo. Il problema è che il catecumenato è quasi sempre assente.
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