2.La posizione della Chiesa e
del Magistero costante:
Il
problema dei tradizionalisti è quindi più profondo del solo problema della
lingua latina. In pratica rifiutano il Concilio Vaticano II. A livello della
messa e della Liturgia in generale, rifiutano la Tradizione più antica degli
Apostoli e dei martiri, ritrovata con la riforma del 1970: vogliono celebrare con
il Messale di san Pio V, nell’Edizione del 1962 (la sesta dal 1570, quindi ogni
volta con delle modifiche. Gli esperti dicono che queste modifiche non sono poi
tanto marginali …). Da notare che san Pio V, promulgando il nuovo Messale
romano nel 1570, aveva tolto ogni valore ai libri liturgici anteriori e azzerato
riti di chiese particolari. O dentro o fuori! Rimaneva una sola preghiera eucaristica,
il “canone romano”. Invece, col Concilio, come già ricordato, si è conservato il
canone romano arricchendo le possibilità di usare altre preghiere. E, soprattutto,
negli anni ’80, si è voluto tener conto di della soggettività di certi gruppi,
dare il tempo di adattarsi, di cambiare mentalità, di superare lo shock della drammatica
rottura di Lefebvre con la Chiesa. Ma lo scopo era condurre tutti a celebrare
secondo il Rito suscitato dal Concilio.
Infatti
il Motu Proprio di Giovanni Paolo II “Ecclesia Dei adflicta” è molto chiaro:
“Le
particolari circostanze, oggettive e soggettive, nelle quali l'atto
dell'Arcivescovo Lefebvre è stato compiuto, offrono a tutti l'occasione per una
profonda riflessione e per un rinnovato impegno di fedeltà a Cristo e alla Sua
Chiesa.
§3. In
se stesso, tale atto è stato una disobbedienza al Romano
Pontefice in materia gravissima e di capitale importanza per l'unità della
Chiesa, quale è l'ordinazione dei vescovi mediante la quale si attua
sacramentalmente la successione apostolica. Perciò, tale disobbedienza - che
porta con sé un rifiuto pratico del Primato romano - costituisce un atto scismatico(3).
Compiendo tale atto, nonostante il formale monitum inviato
loro dal Cardinale Prefetto della Congregazione per i Vescovi lo scorso 17
giugno, Mons. Lefebvre ed i sacerdoti Bernard Fellay, Bernard Tissier de
Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta, sono incorsi nella grave
pena della scomunica prevista dalla disciplina ecclesiastica(4).
§4.
La radice di questo atto scismatico è individuabile in una
incompleta e contraddittoria nozione di Tradizione. Incompleta, perché non
tiene sufficientemente conto del carattere vivo della
Tradizione, «che - come ha insegnato chiaramente il Concilio
Vaticano II - trae origine dagli Apostoli, progredisce nella Chiesa
sotto l'assistenza dello Spirito Santo: infatti la comprensione, tanto delle
cose quanto delle parole trasmesse, cresce sia con la riflessione e lo studio
dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda
intelligenza che essi provano delle cose spirituali, sia con la predicazione di
coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di
verità»(5)
Ma è soprattutto contraddittoria una nozione di Tradizione che si oppone al Magistero universale della Chiesa, di cui è detentore il Vescovo di Roma e il Corpo dei Vescovi. Non si può rimanere fedeli alla Tradizione rompendo il legame ecclesiale con colui al quale Cristo stesso, nella persona dell'apostolo Pietro, ha affidato il ministero dell'unità nella sua Chiesa(6)
§5.
Dinanzi alla situazione verificatasi, sento il dovere di rendere consapevoli
tutti i fedeli cattolici di alcuni aspetti che questa triste circostanza pone
in particolare evidenza.
a)
L'esito a cui è approdato il movimento promosso da Mons. Lefebvre può e deve
essere motivo per tutti i fedeli cattolici, di una sincera riflessione circa la
propria fedeltà alla Tradizione della Chiesa autenticamente interpretata dal
Magistero ecclesiastico, ordinario e straordinario, specialmente nei Concili
ecumenici da Nicea al Vaticano II. Da questa riflessione, tutti devono trarre
un rinnovato ed efficace convincimento della necessità di migliorare ancora
tale fedeltà, rifiutando interpretazioni erronee ed applicazioni arbitrarie ed
abusive, in materia dottrinale, liturgica e disciplinare.
Soprattutto
ai Vescovi spetta, per propria missione pastorale, il grave dovere di
esercitare una chiaroveggente vigilanza piena di carità e di fortezza, affinché
tale fedeltà sia salvaguardata ovunque(7).
Seguendo il ragionamento di Giovanni
Paolo II, Lefebvre è stato coerente con la sua idea sbagliata di Tradizione ed
è uscito dalla Chiesa, è stato scomunicato. Sempre secondo il ragionamento del
Papa l’attaccamento di alcuni al Rito preconciliare ha alla sua radice la stessa incompleta nozione di
Tradizione, “perché non tiene sufficientemente conto del carattere vivo della
Tradizione.” Ben vengano i fratelli “tradizionalisti” che non vogliono rompere
con Roma, ma, di fatto non sono pienamente coerenti, né con la loro idea di
tradizione, né con quella che insegna la Chiesa.
Gli stessi criteri che hanno determinato la scomunica di Mons. Lefebvre si applicano alla scomunica di altri gruppi e dei loro membri.
Nessun commento:
Posta un commento