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domenica 4 luglio 2021

"MI OPPONGO ALLA VIOLENZA" / L'arcivescovo Battaglia sui fatti accaduti nel penitenziario a Santa Maria Capua Vetere.

 


“MI OPPONGO ALLA VIOLENZA”

L'arcivescovo Battaglia sui fatti accaduti nel penitenziario a Santa Maria Capua Vetere (fonte Chiesa di Napoli)

 Mi oppongo alla violenza perché, quando sembra produrre il bene, è un bene temporaneo; mentre il male che fa è permanente”. Queste parole di Gandhi sono risuonate nel mio cuore nell’apprendere dei gravi episodi di violenza verificatisi nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Ancor di più quando leggendo in questi giorni in cui ho appreso dalle cronache cittadine e nazionali la descrizione degli eventi come parte del “sistema Poggioreale”, il grande istituto di pena della nostra città.

Le aggressioni commesse da alcuni agenti della polizia penitenziaria non solo sono una violazione della nostra Costituzione – che attribuisce alla pena un carattere rieducativo e ai sistemi detentivi di essere fedeli principi di umanità – ma rappresentano anche un vero e proprio uragano che ha travolto in modo grave tre comunità a cui sento la necessità di far giungere la mia vicinanza:

  • la comunità dei detenuti, traumatizzati e feriti dalla violenza ma anche danneggiati nel loro percorso educativo alla cui base non può che esservi la costruzione di un’autentica fiducia nei riguardi dello Stato e di coloro che lo rappresentano, fiducia gravemente minata da quanto accaduto;
  • la comunità della polizia penitenziaria, composta per la grande maggioranza da uomini e donne onesti, che adempiono lealmente il proprio dovere, spesso in condizioni di lavoro difficili e poco curate dal punto di vista psicologico;
  • la comunità delle famiglie degli agenti coinvolti, anch’essa travolta dalle pagine di cronaca e provata psicologicamente dal timore di ritorsioni e vendetta.

Dal canto mio, come uomo, cristiano e vescovo di una città con un enorme numero di detenuti, sento il dovere di ringraziare i cappellani degli istituti penali, i tanti volontari e tutti coloro che per ruolo istituzionale e spirito di solidarietà lavorano per rendere il carcere un luogo sempre più umano e umanizzante. Al tempo stesso sento il bisogno di invocare dal Signore per tutti la grazia di imparare da quanto accaduto affinché mai più si verifichino episodi del genere:

 

“Dio di amore e di giustizia,

il cui volto mite è il contrario di ogni violenza,

la cui carezza misericordiosa è il contrario di ogni pugno volto a colpire il fratello,

la cui bocca colma di parole di giustizia è contraria ad ogni vendetta:

dona a tutti i detenuti la certezza della tua misericordia che diventa primavera di nuovi inizi e possibilità di riscatto concreto dal male;

dona agli agenti di polizia penitenziaria e a tutto il personale carcerario, il cui servizio nascosto solo a te è noto, la certezza della tua presenza non solo in chi è carcerato ma anche in chi si china sulle ferite dei detenuti nel tentativo di riportarli al bene;

dona alla nostra città la capacità di non chiudere gli occhi dinanzi alle difficoltà di coloro che vivono e lavorano nelle nostre carceri e infondi nella Chiesa di Napoli una fede viva capace di riconoscere sempre nel recluso il volto ferito del Cristo Crocifisso e in coloro che lo assistono nella lealtà le mani tese del Samaritano venuto a ricucire le ferite del male”.

Amen


Sapiente intervento del nostro vescovo e appropriata citazione di Gandhi che fa molto riflettere! Mi associo pienamente alle sue considerazioni e incoraggiamenti. 

Voglio aggiungere questo: per quanto le carceri italiane debbano migliorare, non ho mai visto un detenuto latinoamericano o africano chiedere di completare la sua pena nel suo paese: si sta molto meglio nelle carceri italiane. Le carceri sono un punto dolente di ogni società, una specie di specchio alla rovescia, una risultante di tante forze della Società. Purtroppo fa gola ai politici e ai demagoghi perché  procura facilmente voti e visibilità. La situazione reale è un po' meno semplice. 

Appena arrivato all'OPG (Carcere Psichiatrico) come cappellano, avevo detto al Cardinale Sepe che bisognava cambiare la legge sugli OPG. Con la campagna di Ignazio Marino ho pensato che il Parlamento se ne sarebbe occupato. Ci fu invece il linciaggio mediatico contro il personale, specie la polizia penitenziaria, perché per ideologia e per evitare una multa (salatissima) dell'Italia da parte delle autorità europee, si voleva chiudere gli OPG. Sono stati chiusi, ma i malati "detenuti" vi hanno solo perso, e quelli "internati" non vi hanno guadagnato molto: non è stato cambiato il loro statuto. 

Se non ci convertiamo io e tu, tutte le riforme pensate, scritte, nella Chiesa e nella Società, resteranno lettera morta. Camminiamo, camminiamo. 

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