La pena di morte
263. C’è un altro modo di
eliminare l’altro, non destinato ai Paesi ma alle persone. È la pena di morte.
San Giovanni Paolo II ha dichiarato in maniera chiara e ferma che essa è
inadeguata sul piano morale e non è più necessaria sul piano penale.[246] Non
è possibile pensare a fare passi indietro rispetto a questa posizione. Oggi
affermiamo con chiarezza che «la pena di morte è inammissibile»[247] e
la Chiesa si impegna con determinazione a proporre che sia abolita in tutto il
mondo.[248]
264. Nel Nuovo Testamento,
mentre si chiede ai singoli di non farsi giustizia da sé stessi (cfr Rm 12,17.19),
si riconosce la necessità che le autorità impongano pene a coloro che fanno il
male (cfr Rm 13,4; 1 Pt 2,14). In effetti,
«la vita in comune, strutturata intorno a comunità organizzate, ha bisogno di
regole di convivenza la cui libera violazione richiede una risposta adeguata».[249] Ciò
comporta che l’autorità pubblica legittima possa e debba «comminare pene
proporzionate alla gravità dei delitti»[250] e
che garantisca al potere giudiziario «l’indipendenza necessaria nell’ambito
della legge».[251]
265. Fin dai primi secoli
della Chiesa, alcuni si mostrarono chiaramente contrari alla pena capitale. Ad
esempio, Lattanzio sosteneva che «non va fatta alcuna distinzione: sempre sarà
un crimine uccidere un uomo».[252] Papa
Nicola I esortava: «Sforzatevi di liberare dalla pena di morte non solo
ciascuno degli innocenti, ma anche tutti i colpevoli».[253] In
occasione del giudizio contro alcuni omicidi che avevano assassinato dei
sacerdoti, Sant’Agostino chiese al giudice di non togliere la vita agli
assassini, e lo giustificava in questo modo: «Non che vogliamo con ciò impedire
che si tolga a individui scellerati la libertà di commettere delitti, ma
desideriamo che allo scopo basti che, lasciandoli in vita e senza mutilarli in
alcuna parte del corpo, applicando le leggi repressive siano distolti dalla
loro insana agitazione per esser ricondotti a una vita sana e tranquilla, o
che, sottratti alle loro opere malvage, siano occupati in qualche lavoro utile.
Anche questa è bensì una condanna, ma chi non capirebbe che si tratta più di un
benefizio che di un supplizio, dal momento che non è lasciato campo libero
all’audacia della ferocia né si sottrae la medicina del pentimento? […]
Sdegnati contro l’iniquità in modo però da non dimenticare l’umanità; non
sfogare la voluttà della vendetta contro le atrocità dei peccatori, ma rivolgi
la volontà a curarne le ferite».[254]
[247] Discorso in occasione del 25º
anniversario del Catechismo della Chiesa Cattolica (11 ottobre 2017): AAS 109
(2017), 1196.
[248] Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi circa la nuova
redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte (1 agosto 2018): L’Osservatore
Romano, 3 agosto 2018, p. 8.
[249] Discorso a una delegazione
dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale (23 ottobre 2014): AAS 106
(2014), 840.
[250] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della dottrina sociale della
Chiesa, 402.
[251] S. Giovanni Paolo II, Discorso all’Associazione Nazionale
Magistrati (31 marzo 2000), 4: AAS 92 (2000), 633.
[252] Divinae Institutiones VI, 20, 17: PL 6,
708.
[253] Epistula 97 (responsa ad consulta bulgarorum), 25: PL 119,
991.
[254] Epistula ad Marcellinum, 133, 1.2: PL 33,
509.
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