173. In questa prospettiva, ricordo che è necessaria una riforma «sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni».[151] Senza dubbio ciò presuppone limiti giuridici precisi, per evitare che si tratti di un’autorità cooptata solo da alcuni Paesi e, nello stesso tempo, impedire imposizioni culturali o la riduzione delle libertà essenziali delle nazioni più deboli a causa di differenze ideologiche. Infatti, «quella internazionale è una comunità giuridica fondata sulla sovranità di ogni Stato membro, senza vincoli di subordinazione che ne neghino o ne limitino l’indipendenza».[152] Ma «il compito delle Nazioni Unite, a partire dai postulati del Preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale, può essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto, sapendo che la giustizia è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. […] Bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale».[153] Occorre evitare che questa Organizzazione sia delegittimata, perché i suoi problemi e le sue carenze possono essere affrontati e risolti congiuntamente.
174. Ci vogliono coraggio e generosità per stabilire
liberamente determinati obiettivi comuni e assicurare l’adempimento in tutto il
mondo di alcune norme essenziali. Perché ciò sia veramente utile, si deve
sostenere «l’esigenza di tenere fede agli impegni sottoscritti (pacta sunt
servanda)»,[154] in
modo da evitare «la tentazione di fare appello al diritto della forza piuttosto
che alla forza del diritto».[155] Ciò
richiede di potenziare «gli strumenti normativi per la soluzione pacifica delle
controversie […] in modo da rafforzarne la portata e l’obbligatorietà».[156] Tra
tali strumenti normativi vanno favoriti gli accordi multilaterali tra gli
Stati, perché garantiscono meglio degli accordi bilaterali la cura di un bene
comune realmente universale e la tutela degli Stati più deboli.
[151] Ibid.: AAS 101
(2009), 700.
[152] Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della
dottrina sociale della Chiesa, 434.
[153] Discorso
all’Organizzazione delle Nazioni Unite, New York (25 settembre
2015): AAS 107 (2015), 1037.1041.
[154] Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della
dottrina sociale della Chiesa, 437.
[155] S. Giovanni Paolo
II, Messaggio per la 37ª
Giornata Mondiale della Pace 1° gennaio 2004, 5: AAS 96
(2004), 117.
[156] Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della
dottrina sociale della Chiesa, 439.
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