148. In realtà, una sana apertura non si pone mai in contrasto con l’identità.
Infatti, arricchendosi con elementi di diversa provenienza, una cultura viva
non ne realizza una copia o una mera ripetizione, bensì integra le novità
secondo modalità proprie. Questo provoca la nascita di una nuova sintesi che
alla fine va a beneficio di tutti, poiché la cultura in cui tali apporti
prendono origine risulta poi a sua volta alimentata. Perciò ho esortato i
popoli originari a custodire le loro radici e le loro culture ancestrali, ma ho
voluto precisare che non era «mia intenzione proporre un indigenismo
completamente chiuso, astorico, statico, che si sottragga a qualsiasi forma di
meticciato», dal momento che «la propria identità culturale si approfondisce e
si arricchisce nel dialogo con realtà differenti e il modo autentico di
conservarla non è un isolamento che impoverisce».[129] Il
mondo cresce e si riempie di nuova bellezza grazie a successive sintesi che si
producono tra culture aperte, fuori da ogni imposizione culturale.
149. Per stimolare un rapporto sano tra l’amore alla patria e la
partecipazione cordiale all’umanità intera, conviene ricordare che la società
mondiale non è il risultato della somma dei vari Paesi, ma piuttosto è la
comunione stessa che esiste tra essi, è la reciproca inclusione, precedente
rispetto al sorgere di ogni gruppo particolare. In tale intreccio della
comunione universale si integra ciascun gruppo umano e lì trova la propria
bellezza. Dunque, ogni persona che nasce in un determinato contesto sa di
appartenere a una famiglia più grande, senza la quale non è possibile avere una
piena comprensione di sé.
150. Questo approccio, in definitiva, richiede di accettare con gioia che
nessun popolo, nessuna cultura o persona può ottenere tutto da sé. Gli altri
sono costitutivamente necessari per la costruzione di una vita piena. La
consapevolezza del limite o della parzialità, lungi dall’essere una minaccia,
diventa la chiave secondo la quale sognare ed elaborare un progetto comune.
Perché «l’uomo è l’essere-limite che non ha limite».[130]
[129] Esort. ap.
postsin. Querida Amazonia (2 febbraio
2020), 37.
[130] Georg
Simmel, Brücke und Tür. Essays des Philosophen zur Geschichte,
Religion, Kunst und Gesellschaft, Köhler-Verlag, Stuttgart 1957, p. 6 (ed.
it. Ponte e porta, in Saggi di estetica, a cura di M.
Cacciari, Liviana, Padova 1970, 8).
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