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lunedì 11 gennaio 2021

FRATELLI TUTTI / 60. Neoliberismo e movimenti popolari.

 

Non più politiche sociali "per " i poveri, ma "con" e "dei" poveri.

168. Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del “traboccamento” o del “gocciolamento” – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali. Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’inequità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale. Da una parte è indispensabile una politica economica attiva, orientata a «promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale»,[140] perché sia possibile aumentare i posti di lavoro invece di ridurli. La speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage. D’altra parte, «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare».[141] La fine della storia non è stata tale, e le ricette dogmatiche della teoria economica imperante hanno dimostrato di non essere infallibili. La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno».[142]

169. In certe visioni economicistiche chiuse e monocromatiche, sembra che non trovino posto, per esempio, i movimenti popolari che aggregano disoccupati, lavoratori precari e informali e tanti altri che non rientrano facilmente nei canali già stabiliti. In realtà, essi danno vita a varie forme di economia popolare e di produzione comunitaria. Occorre pensare alla partecipazione sociale, politica ed economica in modalità tali «che includano i movimenti popolari e animino le strutture di governo locali, nazionali e internazionali con quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento degli esclusi nella costruzione del destino comune»; al tempo stesso, è bene far sì «che questi movimenti, queste esperienze di solidarietà che crescono dal basso, dal sottosuolo del pianeta, confluiscano, siano più coordinati, s’incontrino».[143] Questo, però, senza tradire il loro stile caratteristico, perché essi sono «seminatori di cambiamento, promotori di un processo in cui convergono milioni di piccole e grandi azioni concatenate in modo creativo, come in una poesia».[144] In questo senso sono “poeti sociali”, che a modo loro lavorano, propongono, promuovono e liberano. Con essi sarà possibile uno sviluppo umano integrale, che richiede di superare «quell’idea delle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che riunisca i popoli».[145] Benché diano fastidio, benché alcuni “pensatori” non sappiano come classificarli, bisogna avere il coraggio di riconoscere che senza di loro «la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino».[146]

[140] Lett. enc. Laudato si’ (24 maggio 2015), 129: AAS 107 (2015), 899.

[141] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 35: AAS 101 (2009), 670.

[142] Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei movimenti popolari (28 ottobre 2014): AAS 106 (2014), 858.

[143] Ibid.

[144] Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei movimenti popolari (5 novembre 2016): L’Osservatore Romano, 7-8 novembre 2016, pp. 4-5.

[145] Ibid.

[146] Ibid.

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