Ho trepidato - come tutti penso - di fronte all'assalto e ai morti al Campidoglio americano. Ho letto poi e ascoltato dalla sua voce il discorso di Joe Biden al momento del suo insediamento come Presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio scorso. Sono rimasto colpito. Non è l’insegnamento di un vescovo. È il discorso di un politico, di un politico americano, e sappiamo che, purtroppo, sembra anche per convinzione personale, egli sostiene su alcuni punti importanti delle posizioni non in linea con la dottrina cattolica. Ma questo discorso è un documento della nostra epoca e mi pare una salutare lezione di democrazia e di equilibrio umano che, senza negare i limiti sottolineati sopra, merita di essere accolta nei valori che propone pensando alla nostra propria situazione italiana. Ognuno si farà un suo giudizio. Quindi ho tradotto questo discorso e ve lo propongo.
Giudice Supremo Roberts, Vice-Presidente Harris, Speaker Pelosi, Leader
Schumer, Leader McConnell, Vice President Pence, miei illustri ospiti e
concittadini americani, questo è il giorno dell’America. Questo è il giorno
della democrazia. Un giorno di storia e speranza, di rinnovamento e risoluzione.
Provata nel crogiuolo attraverso i secoli, l’America è stata di nuovo messa
alla prova, ma ha raccolto la sfida. Oggi celebriamo il trionfo, non di un
candidato, ma di una causa. La causa della democrazia. Il popolo, la volontà
del popolo, è stata ascoltata e la volontà del popolo è stata rispettata.
Abbiamo imparato di nuovo che la democrazia è preziosa. La democrazia è
fragile. E in questa ora, amici miei, la democrazia ha prevalso.
Quindi ora, su questo luogo sacro, dove solo
pochi giorni fa, la violenza ha cercato di scuotere le fondamenta stesse del
Campidoglio, veniamo insieme come una sola nazione sotto Dio, indivisibile, per
portare a termine il trasferimento pacifico del potere come abbiamo fatto per
più di due secoli. Mentre guardiamo avanti con il nostro modo tipicamente
americano: instancabile, audace, ottimista, posiamo i nostri sguardi sulla
nazione che sappiamo di poter essere e che dobbiamo essere.
Ringrazio i miei predecessori dei due Partiti
per la loro presenza qui oggi. Li ringrazio dal profondo del mio cuore e
conosco… e conosco la resilienza della nostra Costituzione e la forza della
nostra nazione, come la conosce il presidente Carter con cui ho parlato ieri
sera, che non può essere con noi oggi, ma al quale rendiamo omaggio per il suo
servizio di tutta una vita.
Ho appena fatto un giuramento sacro che ognuno
di questi patrioti ha fatto. Il giuramento fatto per primo da George
Washington. Ma la storia americana dipende non da ciascuno di noi, non da
alcuni di noi, ma da tutti noi. Da noi, il popolo, che cerca una unione più
perfetta. Questa è una grande nazione. Siamo un buon popolo. E nel corso dei
secoli, attraverso tempeste e conflitti, in pace e in guerra, siamo arrivati
tanto lontano, ma dobbiamo ancora andare molto lontano.
Proseguiremo con velocità e urgenza, perché abbiamo molto da fare in questo inverno di pericoli e di significative possibilità. Molto da riparare, molto da ripristinare, da curare, da costruire e molto da guadagnare. Poche persone nella storia della nostra nazione sono state più sfidate o hanno trovato un momento più impegnativo o difficile del tempo in cui stiamo ora.
Un virus come ce n’è uno solo ogni cento anni
bracca silenziosamente il paese, e, in un solo anno, ha preso tante vite quante
ne perse l’America durante tutta la Seconda Guerra Mondiale. Milioni di
posti di lavoro sono andati perduti, centinaia di migliaia di attività imprenditoriali
sono state chiuse, e un’invocazione per la giustizia razziale che dura da circa
400 anni ci spinge. Il sogno della giustizia per tutti non sarà più rinviato.
Un grido per la sopravvivenza viene dal pianeta
stesso. Un grido che non può essere più disperato o più chiaro. E adesso un
aumento di estremismo politico, di suprematismo bianco e di terrorismo interno
che dobbiamo affrontare e che sconfiggeremo.
Superare queste sfide, ripristinare l’anima dell’America
e garantirne il futuro, richiede molto più di sole parole. Richiede la cosa più
inafferrabile di tutte in una democrazia: l’Unità. L’Unità.
In un altro mese di gennaio, nel giorno di
Capodanno del 1863, Abraham Lincoln firmò la “Proclamazione di Emancipazione”[1].
Quando posò la penna sulla carta, il presidente disse: “se il mio nome passerà
alla storia sarà per questo atto, e tutta la mia anima è in esso”.
Tutta la mia anima è in esso.
Oggi, in questo giorno di gennaio, tutta la mia
anima è in questo: riunire l’America, unire il nostro popolo, unire la nostra
nazione. E chiedo a ogni americano di raggiungermi in questa causa.
Unirci per combattere i nemici che abbiamo di
fronte: la rabbia, il risentimento e l’odio, l’estremismo, l’illegalità, la
violenza, la malattia, la disoccupazione e la disperazione. Con l’unità
possiamo fare grandi cose, cose importanti.
Possiamo correggere gli errori. Possiamo mettere
gente al lavoro, buoni lavori. Possiamo insegnare ai nostri figli in scuole
sicure. Possiamo sconfiggere il virus mortale. Possiamo premiare il lavoro e
ricostruire la classe media, garantire l’assistenza sanitaria a tutti. Possiamo
realizzare la giustizia razziale e possiamo fare dell’America di nuovo la forza
trainante del bene nel mondo.
So che, di questi tempi, parlare di unità può
sembrare ad alcuni come una sciocca fantasia. So che le forze che ci dividono
sono profonde e sono reali, ma so anche che non sono nuove. La nostra storia è
stata una lotta costante tra l’ideale americano, secondo cui siamo stati creati
tutti uguali, e l’aspra, brutta realtà del razzismo, del nativismo, della paura
e della demonizzazione che ci hanno a lungo divisi. La battaglia è perenne e la
vittoria non è mai assicurata.
Attraverso la Guerra Civile, la Grande
Depressione, la guerra mondiale, l’11 settembre, attraverso la lotta, il
sacrificio e le battute d’arresto, i nostri angeli migliori hanno sempre prevalso.
In ciascuno di questi momenti, un numero sufficiente di noi si è unito per
portare avanti tutti noi, e possiamo farlo adesso.
La storia, la fede e la ragione mostrano la via,
la via dell’unità. Possiamo vederci non come avversari, ma come vicini.
Possiamo trattarci l’un l’altro con dignità e rispetto. Possiamo unire le
forze, fermare le urla e raffreddare gli animi. Perché senza unità non c’è
pace, solo amarezza e furia, non c'è progresso, soltanto estenuante
indignazione, non c'è nazione, solo uno stato di caos. In questo nostro momento
storico di crisi e di sfide, l’unità è la strada da percorrere. E dobbiamo essere
all’appuntamento di questo momento come Stati Uniti d’America. Se lo facciamo,
vi garantisco che non falliremo. Non abbiamo mai, mai, mai, mai fallito in
America quando abbiamo agito insieme.
E così oggi, in questo momento, in questo luogo,
ricominciamo da capo, tutti noi. Cominciamo di nuovo l’uno ad ascoltare
l’altro, l’uno a sentire l’altro, l’uno a vedere l’altro, l’uno a mostrare
rispetto per l’altro. La politica non deve essere un fuoco che divampa furioso distruggendo
tutto sul suo passaggio. Ogni disaccordo non deve essere motivo di guerra
totale. E dobbiamo rigettare quella cultura in cui i fatti stessi vengono
manipolati e persino fabbricati.
Miei concittadini Americani, dobbiamo essere
diversi da questo. L’America deve essere migliore di così, e credo che
l’America sia molto migliore di questo. Guardatevi attorno. Stiamo all’ombra
della cupola del Campidoglio, come si è detto prima, completata durante la
Guerra Civile, quando l’Unione stessa era letteralmente in bilico. Eppure
abbiamo resistito, abbiamo prevalso.
Eccoci qui, a guardare il grande Viale dove il
dottor King ha parlato del suo sogno. Siamo qui dove, 108 anni fa, in un altro giorno
di inaugurazione, migliaia di manifestanti cercarono di bloccare donne
coraggiose che marciavano per il diritto di voto e oggi celebriamo il
giuramento della prima donna nella storia americana eletta a un incarico
nazionale, la vicepresidente Kamala Harris.
Non ditemi che le cose non possono cambiare!
Siamo qui di fronte al Cimitero di Arlington,
oltre il Potomac, dove eroi che hanno dato la suprema prova di dedizione,
riposano nella pace eterna. Siamo qui, solo pochi giorni dopo che una folla di
sediziosi pensava di poter usare la violenza per mettere a tacere la volontà
del popolo, per fermare il lavoro della nostra democrazia, per cacciarci da
questo luogo sacro. Non è successo. Non succederà mai, non oggi, non domani,
mai. Mai e poi mai.
A tutti coloro che hanno sostenuto la nostra
campagna, sono onorato della fiducia che avete riposto in noi. A tutti coloro
che non ci hanno sostenuto, lasciatemi dire questo. Datemi ascolto mentre
andiamo avanti – prendete in considerazione me e il mio cuore – se continuate a
non essere d’accordo, così sia, questa è la democrazia, questa è l’America. Il
diritto a dissentire pacificamente, dentro i guardrail della nostra repubblica,
è forse la più grande forza di questa nazione. Ma, ascoltatemi chiaramente: il
disaccordo non deve portare alla disunione, e io vi prometto questo, sarò un
presidente per tutti gli Americani. Tutti gli Americani.
E vi prometto che lotterò tanto duramente per
coloro che non mi hanno sostenuto che per coloro che l’hanno fatto.
Molti secoli fa, sant’Agostino, un santo nella
mia chiesa, scrisse che un popolo è una moltitudine definita dagli oggetti
comuni del suo amore. Definita dagli oggetti comuni del suo amore. Quali sono
gli oggetti comuni che noi in quanto Americani amiamo, e che ci definiscono
come Americani? Penso che lo sappiamo: opportunità, sicurezza, libertà,
dignità, rispetto, onore e, sì, la verità. Le ultime settimane e mesi ci hanno
insegnato una dolorosa lezione. C’è la verità e ci sono le bugie, bugie dette
per il potere e per il profitto.
Ognuno di noi ha un dovere e una responsabilità
come cittadini, come americani, e soprattutto come leader, - leader che si sono
impegnati ad onorare la nostra Costituzione e a proteggere la nostra nazione – quella
di difendere la verità e sconfiggere le bugie.
Guardate, capisco che molti dei miei
concittadini americani vedono il futuro con timore e trepidazione. Capisco che sono
preoccupati per il loro lavoro. Capisco, che come mio padre, stanno nel letto
di notte fissando il soffitto chiedendosi: potrò mantenere la mia assistenza
sanitaria? Potrò pagare il mutuo? E pensano alle loro famiglie, a quello che
verrà dopo. Ve l’ho promesso. L’ho capito, ma la risposta non è chiudersi in se
stessi e ritirarvi in fazioni in competizione l’una con le altre, diffidando di
coloro che non vi assomigliano o non adorano al vostro stesso modo, non
attingono le notizie dalla stessa fonte vostra. Dobbiamo porre fine a questa
guerra incivile che mette il rosso contro il blu,il rurale contro l’urbano, il
conservatore contro il liberale. Possiamo farlo solo se apriamo le nostre anime
invece di indurire i nostri cuori, se mostriamo un po’ di tolleranza e di
umiltà, e se vogliamo metterci nei panni dell’altro. Come direbbe mia madre:
solo un momento mettersi nei panni dell’altro. Perché questo è il problema
riguardo alla vita: non c’è certezza di ciò che il destino ti riserverà. Ci
sono giorni in cui hai bisogno di una mano e altri giorni in cui siamo chiamati
a dare una mano. E così deve essere. È quello che facciamo l’uno per l’altro.
Se agiamo in questo modo, il nostro Paese sarà più forte, più prospero, più
pronto per il futuro. E possiamo ancora non essere d’accordo.
Miei concittadini americani, nel lavoro che ci
aspetta, avremo bisogno l’uno dell’altro. Abbiamo bisogno di tutta la nostra
forza per perseverare in questo inverno buio. Stiamo entrando in quello che
potrebbe essere il periodo più duro e mortale del virus. Dobbiamo mettere da
parte la politica e affrontare finalmente questa pandemia come una sola
nazione. Una sola nazione.
E io vi prometto questo: come dice la Bibbia, “Alla
sera sopraggiunge il pianto e al mattino, ecco la gioia”. (salmo 29,6). Ce la faremo insieme. Insieme.
Guardate, gente! Tutti i miei colleghi con cui
ho prestato servizio nella Casa[2]
e nel Senato, lassù, comprendiamo tutti che il mondo sta guardando, sta guardando
a tutti noi, oggi. Quindi ecco il mio messaggio per coloro che sono oltre i
nostri confini:
L’America è stata messa alla prova e ne siamo
usciti più forti. Ripristineremo le nostre alleanze e ci impegneremo con il
mondo di nuovo. Non per affrontare le sfide di ieri, ma le sfide di oggi e di
domani.
E guideremo non solo con l’esempio del nostro
potere, ma con il potere del nostro esempio. Saremo un partner forte e
affidabile per la pace, il progresso e la sicurezza.
Guardate. Tutti sapete che in questa nazione
abbiamo attraversato tante sfide. Nel mio primo atto da presidente, vorrei
chiedervi di unirvi a me in un momento di preghiera silenziosa per ricordare
tutti coloro che abbiamo perso lo scorso anno a causa della pandemia, quei
400.000 concittadini americani: mamme, papà, mariti, mogli, figli, figlie,
amici, vicini e colleghi di lavoro. Li onoreremo diventando le persone e la
nazione che sappiamo di poter e dover essere.
Quindi, vi chiedo, diciamo una preghiera silenziosa
per coloro che hanno perso la vita, per coloro che sono rimasti indietro e per
il nostro Paese.
(Momento di silenzio)
Amen.
Questo è un tempo di prova. Dobbiamo affrontare
un attacco alla nostra democrazia e alla verità, c'è un virus fuori controllo,
una crescente disuguaglianza, il dardo di un razzismo sistemico, un clima in
crisi e un attacco al ruolo dell’America nel mondo. Ognuno di questi problemi
sarebbe sufficiente per sfidarci in modo profondo, ma il fatto è che ci troviamo
di fronte ad essi tutto in una volta, esponendo questa nazione ad una delle più
gravi responsabilità che abbiamo mai avuto. Ora stiamo per essere messi alla
prova. Ci faremo avanti, tutti noi?
È tempo del coraggio, perché c’è tanto da fare.
E questo è certo: voi ed io, saremo giudicati da come risolveremo queste crisi
a catena della nostra era.
La domanda è: saremo all’altezza della
situazione? Riusciremo a dominare quest’ora singolare e difficile? Adempiremo i
nostri obblighi e consegneremo un mondo nuovo e migliore ai nostri figli?
Credo che dobbiamo farlo, e sono sicuro che la
pensate così anche voi. Credo che lo faremo. E quando lo faremo, scriveremo il
prossimo grande capitolo della Storia degli Stati Uniti d’America, la storia
americana, una storia che potrebbe sembrare come una canzone che significa
molto per me. Si chiama “Inno Americano”. C’è un verso in particolare che si
contraddistingue, almeno per me, ed è questo: “Il lavoro e le preghiere di
secoli ci hanno portato fino ad oggi. Quale sarà la nostra eredità? Cosa
diranno i nostri figli? Che io sappia nel mio cuore quando i miei giorni
saranno finiti: “America, America, ho dato il mio meglio per te”.
Aggiungiamo il nostro proprio lavoro e preghiere
alla Storia che si sta dispiegando della nostra grande nazione. Se lo facciamo,
quando i nostri giorni saranno finiti, i nostri figli e i figli dei nostri
figli diranno di noi: “hanno dato il loro meglio; hanno fatto il loro dovere,
hanno guarito una terra devastata”.
Miei concittadini americani, chiudo oggi dove ho
iniziato, con un sacro giuramento. Davanti a Dio e a tutti voi, vi do la mia
parola: sarò sempre sincero con voi, difenderò la Costituzione, difenderò la
nostra democrazia, difenderò l’America. E vi darò questo, a tutti voi, che ogni
cosa che faccio al vostro servizio, lo farò pensando non al potere, ma alle
possibilità, non all’interesse personale, ma al bene pubblico. E insieme
scriveremo una storia americana di speranza, non di paura, di unità, non di
divisione, di luce, non di oscurità; una storia di decoro e dignità, di amore e
guarigione, di grandezza e bontà.
Possa questo essere il piano che ci guida, il
piano che ci ispira e il piano che racconta ai tempi a venire che abbiamo
risposto alla chiamata della Storia. Che abbiamo affrontato il momento. Che la
democrazia e la speranza, la verità e la giustizia non sono morte sotto i
nostri occhi ma hanno prosperato, che l’America che ha reso sicura la libertà
in patria e si è alzata di nuovo è un faro per il mondo. Questo è ciò che
dobbiamo ai nostri antenati, agli uni e agli altri e alla generazione che segue.
Quindi, con grande determinazione, ci rivolgiamo
a quei compiti del nostro tempo, sostenuti dalla fede, guidati dalla
convinzione e con dedizione gli uni per gli altri nel Paese che amiamo con
tutto il nostro cuore. Dio benedica l’America e Dio protegga le nostre truppe.
Grazie, America.
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