l valore unico dell’amore
91. Le persone possono sviluppare alcuni atteggiamenti che presentano come
valori morali: fortezza, sobrietà, laboriosità e altre virtù. Ma per orientare
adeguatamente gli atti delle varie virtù morali, bisogna considerare anche in
quale misura essi realizzino un dinamismo di apertura e di unione verso altre
persone. Tale dinamismo è la carità che Dio infonde. Altrimenti, avremo forse
solo un’apparenza di virtù, e queste saranno incapaci di costruire la vita in
comune. Perciò San Tommaso d’Aquino – citando Sant’Agostino – diceva che la
temperanza di una persona avara non è neppure virtuosa.[69] San
Bonaventura, con altre parole, spiegava che le altre virtù, senza la carità, a
rigore non adempiono i comandamenti «come Dio li intende».[70]
92. La statura spirituale di un’esistenza umana è definita dall’amore, che in
ultima analisi è «il criterio per la decisione definitiva sul valore o il
disvalore di una vita umana».[71] Tuttavia,
ci sono credenti che pensano che la loro grandezza consista nell’imporre le
proprie ideologie agli altri, o nella difesa violenta della verità, o in grandi
dimostrazioni di forza. Tutti noi credenti dobbiamo riconoscere questo: al
primo posto c’è l’amore, ciò che mai dev’essere messo a rischio è l’amore, il
pericolo più grande è non amare (cfr 1 Cor 13,1-13).
93. Cercando di precisare in che cosa consista l’esperienza di amare, che Dio
rende possibile con la sua grazia, San Tommaso d’Aquino la spiegava come un
movimento che pone l’attenzione sull’altro «considerandolo come un’unica cosa
con sé stesso».[72] L’attenzione
affettiva che si presta all’altro provoca un orientamento a ricercare
gratuitamente il suo bene. Tutto ciò parte da una stima, da un apprezzamento,
che in definitiva è quello che sta dietro la parola “carità”: l’essere amato è
per me “caro”, vale a dire che lo considero di grande valore.[73] E
«dall’amore per cui a uno è gradita una data persona derivano le gratificazioni
verso di essa».[74]
[69] Cfr Summa
Theologiae II-II, q. 23, art. 7; S. Agostino, Contra Julianum,
4, 18: PL 44, 748: «Essi [gli avari] si astengono dai piaceri
sia per l’avidità di accrescere il guadagno, sia per il timore di diminuirlo».
[70] «Secundum
acceptionem divinam» (Commentaria in III librum Sententiarum Petri Lombardi,
Dist. 27, a. 1, q. 1, concl. 4).
[71] Benedetto XVI,
Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre
2005), 15: AAS 98 (2006), 230.
[72] Summa
Theologiae II-II, q. 27, art. 2, resp.
[73] Cfr ibid. I-II,
q. 26, a. 3, resp.
[74] Ibid., q.
110, a. 1, resp.
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