Bimbo abbandonato |
66. Meglio non cadere in questa miseria. Guardiamo il modello del buon
samaritano. È un testo che ci invita a far risorgere la nostra vocazione di
cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame
sociale. È un richiamo sempre nuovo, benché sia scritto come legge fondamentale
del nostro essere: che la società si incammini verso il perseguimento del bene
comune e, a partire da questa finalità, ricostruisca sempre nuovamente il suo
ordine politico e sociale, il suo tessuto di relazioni, il suo progetto umano.
Coi suoi gesti il buon samaritano ha mostrato che «l’esistenza di ciascuno di
noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di
incontro».[57]
67. Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza
l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo
che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è
essere come il buon samaritano. Ogni altra scelta conduce o dalla parte dei
briganti oppure da quella di coloro che passano accanto senza avere compassione
del dolore dell’uomo ferito lungo la strada. La parabola ci mostra con quali
iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno
propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di
esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché
il bene sia comune. Nello stesso tempo, la parabola ci mette in guardia da
certi atteggiamenti di persone che guardano solo a sé stesse e non si fanno
carico delle esigenze ineludibili della realtà umana.
68. Il racconto, diciamolo chiaramente, non fa passare un insegnamento di
ideali astratti, né si circoscrive alla funzionalità di una morale
etico-sociale. Ci rivela una caratteristica essenziale dell’essere umano, tante
volte dimenticata: siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo
nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile;
non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci
deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci
con la sofferenza umana. Questo è dignità.
[57] Videomessaggio al
TED2017 di Vancouver (26 aprile 2017): L’Osservatore Romano,
27 aprile 2017, p. 7.
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