Anche oggi le letture parlano di sofferenza e morte. Siamo straziati pensando a questa donna e ai suoi figli. Ma scopriamo quanto è importante la fedeltà all’Alleanza con Dio, unica promessa di Vita Eterna. Noi che, a differenza di loro, conosciamo già la risurrezione, abbiamo questa fede?
Gesù propone una parabola sui talenti di cui dovremo rendere conto, modificando al suo scopo un fatto realmente accaduto. Anche lì c'è molta durezza e ci possiamo scandalizzare di Gesù, così poco dolce. Attraverso immagini anche crudeli Gesù non presenta modelli di comportamento ma diceva alla gente di allora: voi accettate la logica e le esigenze di questo mondo, perché non accettate di dare tutto per Dio? Questo è il messaggio che deve arrivare a noi! “Un Dio che accetta tutto non è il Dio della Bibbia, ma un’immagine sognata. Gesù si mostra come Figlio di Dio proprio perché può prendere la frusta, e irato, cacciare dal Tempio i venditori”. Card. Joseph Ratzinger, lectio divina “Dio si impietosì” 24 gennaio 2003
Custodire la memoria: la memoria della
salvezza, la memoria del popolo di Dio, quella memoria che faceva forte la fede
di questo popolo perseguitato da questa colonizzazione ideologico-culturale. La
memoria è quella che ci aiuta a vincere ogni sistema educativo perverso. E poi,
la mamma. La mamma che parlava 'nella lingua dei padri': parlava in dialetto. E
non c’è alcuna colonizzazione culturale che possa vincere il dialetto. (Omelia
da Santa Marta, 23 novembre 2017)
Dal secondo libro dei Maccabèi
2Mac 7,1.20-31
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
Soprattutto la madre era ammirevole e degna di gloriosa memoria, perché, vedendo morire sette figli in un solo giorno, sopportava tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. Esortava ciascuno di loro nella lingua dei padri, piena di nobili sentimenti e, temprando la tenerezza femminile con un coraggio virile, diceva loro: «Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato il respiro e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il Creatore dell’universo, che ha plasmato all’origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il respiro e la vita, poiché voi ora per le sue leggi non vi preoccupate di voi stessi».
Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quel linguaggio fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo; e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l’avrebbe fatto ricco e molto felice, se avesse abbandonato le tradizioni dei padri, e che l’avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe affidato alti incarichi. Ma poiché il giovane non badava per nulla a queste parole, il re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza per il ragazzo.
Esortata a lungo, ella accettò di persuadere il figlio; chinatasi su di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua dei padri: «Figlio, abbi pietà di me, che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia».
Mentre lei ancora parlava, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. Tu però, che ti sei fatto autore di ogni male contro gli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio».
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19,11-28
In quel tempo, Gesù disse una parabola,
perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse
manifestarsi da un momento all’altro.
Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per
ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi,
consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio
ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una
delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo
aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui
aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato.
Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate
dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco,
ricevi il potere sopra dieci città”.
Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha
fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”.
Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho
tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo:
prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai
seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio!
Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito
e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio
denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse
poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha
dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà
dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici,
che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli
davanti a me”».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
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