Se Dio salva non può lasciarci in mezzo al guado,
migliorare la nostra vita soltanto qui, e poi abbandonarci nella morte. Se Dio si
è manifestato l’Unico, l’Eterno e l’Onnipotente e Gesù ci ha insegnato a
chiamarlo Padre, non può amare così tanto i suoi figli e poi annullare la loro vita.
Nessun Padre lo farebbe. È vero che Dio si comporta in modo diverso dai
genitori umani, ma per vie diverse dalle nostre vuole ciò che non avremmo osato
chiedere e addirittura pensare: essere come lui, risorti nel corpo e nell’anima.
Ma la fede dei tessalonicesi è ancora debole di fronte alla morte e san Paolo li
istruisce e li incoraggia nella speranza.
Anche la fede degli abitanti di Nazareth è debole. Sono
colpiti dall’apparire di Gesù, così diverso dall’idea che si erano fatti di lui
mentre cresceva. Ma invece di aprirsi a questa manifestazione di Dio, si
bloccano su un aspetto molto forte ancora tra noi, ma molto molto di più 2000
anni fa: “chi mi appartiene”, chi è mio paesano, deve trattarmi con privilegio, se
non addirittura mettersi in toto a servizio della “famiglia”. Gesù ricorda la
libertà e gratuità dell’agire di Dio continuamente testimoniata dalla Bibbia. Lo
dice in modo così netto – contro ogni logica di clan - che la buona disposizione dei suoi compaesani
si tramuta in ostilità dichiarata.
La fede deve essere illuminata e nutrita, formata, per
poter affrontare ogni aspetto della realtà. La fede è abbandono a Dio e alla sua
volontà, e non piegarlo con le preghiere o i sacrifici alla nostra volontà. Tutti
abbiamo attese. Spesso sono deluse. Chi si abbandona a Dio non rimane deluso.
Prima
Lettura 1 Ts 4, 13-18
Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti.
Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore.
Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 95
Il Signore viene a giudicare la terra.
Cantate
al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
Grande
è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.
Gioiscano
i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.
Davanti
al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.
Canto al Vangelo Lc 4,18
Alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio.
Alleluia.
Vangelo Lc 4, 16-30
Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio. Nessun
profeta è bene accetto nella sua patria.
Dal
vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo
solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il
rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga,
gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si
è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che
uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma
egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura
te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella
tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene
accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in
Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e
ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato
Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in
Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non
Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si
alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del
monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli,
passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
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