131. Per quanti sono arrivati già da tempo e sono inseriti nel tessuto
sociale, è importante applicare il concetto di “cittadinanza”, che «si basa
sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della
giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre
società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare
all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i
semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle
ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili
di alcuni cittadini discriminandoli».[112]
132. Al di là delle diverse azioni indispensabili, gli Stati non possono
sviluppare per conto proprio soluzioni adeguate «poiché le conseguenze delle
scelte di ciascuno ricadono inevitabilmente sull’intera Comunità
internazionale». Pertanto «le risposte potranno essere frutto solo di un lavoro
comune»,[113] dando
vita ad una legislazione (governance) globale per le migrazioni. In ogni
modo occorre «stabilire progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la
risposta di emergenza. Essi dovrebbero da un lato aiutare effettivamente
l’integrazione dei migranti nei Paesi di accoglienza e, nel contempo, favorire
lo sviluppo dei Paesi di provenienza con politiche solidali, che però non
sottomettano gli aiuti a strategie e pratiche ideologicamente estranee o
contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate».[114]
[112] Documento sulla
fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi (4 febbraio
2019): L’Osservatore Romano, 4-5 febbraio 2019, p. 7.
[113] Discorso al Corpo
diplomatico accreditato presso la Santa Sede (11 gennaio
2016): AAS 108 (2016), 124.
[114] Ibid.: AAS 108
(2016), 122.
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