6. Nei nostri presepi siamo soliti mettere tante statuine simboliche. Anzitutto,
quelle di mendicanti e di gente che non conosce altra abbondanza se non quella
del cuore. Anche loro stanno vicine a Gesù Bambino a pieno titolo, senza che
nessuno possa sfrattarle o allontanarle da una culla talmente improvvisata che
i poveri attorno ad essa non stonano affatto. I poveri, anzi, sono
i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente
riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi.
I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che
più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza. Gesù, «mite e
umile di cuore» (Mt 11,29), è nato povero, ha condotto una vita semplice per
insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso. Dal presepe emerge chiaro
il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante
proposte effimere di felicità. Il palazzo di Erode è sullo sfondo, chiuso,
sordo all’annuncio di gioia. Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica
vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la
rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza. Dal presepe, Gesù
proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale
strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato.
Spesso i bambini – ma anche gli adulti! – amano aggiungere al presepe altre
statuine che sembrano non avere alcuna relazione con i racconti evangelici.
Eppure, questa immaginazione intende esprimere che in questo nuovo mondo
inaugurato da Gesù c’è spazio per tutto ciò che è umano e per ogni creatura.
Dal pastore al fabbro, dal fornaio ai musicisti, dalle donne che portano le
brocche d’acqua ai bambini che giocano…: tutto ciò rappresenta la santità
quotidiana, la gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni,
quando Gesù condivide con noi la sua vita divina.
7. Poco alla volta il presepe ci conduce alla grotta, dove troviamo le
statuine di Maria e di Giuseppe. Maria è una mamma che contempla il suo bambino
e lo mostra a quanti vengono a visitarlo. La sua statuetta fa pensare al grande
mistero che ha coinvolto questa ragazza quando Dio ha bussato alla porta del
suo cuore immacolato. All’annuncio dell’angelo che le chiedeva di diventare la
madre di Dio, Maria rispose con obbedienza piena e totale. Le sue parole: «Ecco
la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38), sono per
tutti noi la testimonianza di come abbandonarsi nella fede alla volontà di Dio.
Con quel “sì” Maria diventava madre del Figlio di Dio senza perdere, anzi
consacrando grazie a Lui la sua verginità. Vediamo in lei la Madre di Dio che
non tiene il suo Figlio solo per sé, ma a tutti chiede di obbedire alla sua
parola e metterla in pratica (cfr Gv 2,5).
Accanto a Maria, in atteggiamento di proteggere il Bambino e la sua mamma,
c’è San Giuseppe. In genere è raffigurato con il bastone in mano, e a volte
anche mentre regge una lampada. San Giuseppe svolge un ruolo molto importante
nella vita di Gesù e di Maria. Lui è il custode che non si stanca mai di
proteggere la sua famiglia. Quando Dio lo avvertirà della minaccia di Erode,
non esiterà a mettersi in viaggio ed emigrare in Egitto (cfr Mt 2,13-15). E una
volta passato il pericolo, riporterà la famiglia a Nazareth, dove sarà il primo
educatore di Gesù fanciullo e adolescente. Giuseppe portava nel cuore il grande
mistero che avvolgeva Gesù e Maria sua sposa, e da uomo giusto si è sempre
affidato alla volontà di Dio e l’ha messa in pratica.
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