Qualche giorno fa, parlando
a braccio durante l’omelia a Santa Marta, papa Francesco si è fatto scappare
un’espressione che più romana non si può: «La vita cristiana non si rafforza
con una romanella».
La “romanella” è il
piatto di pasta avanzata che si ripassa in padella per riscaldarla e
restituirle un po’ di gusto. E da lì viene usato per indicare metaforicamente
un lavoro sbrigativo e superficiale fatto per rimettere a posto o ridare un
lustro apparente a cose abbastanza malmesse. Da vero romano papa Francesco ha
colto questa parola dialettale in qualche conversazione.
Quello che ci vuole dire
è ovvio: «La vita cristiana non si rafforza con qualche aggiustatina sbrigativa
e superficiale, appariscente ma senza spessore».
Eppure quanti vengono
a chiedere i sacramenti per sé (cresima, matrimonio) o per i loro figli (battesimo,
comunione), o partecipano alla vita della parrocchia con questo atteggiamento! Ci
ha molto addolorato e fatto pensare, un ministro dell’Eucaristia e io, il caso
di una coppia anziana, lui allettato con l’ossigeno, che ci parlavano con enfasi
di tutti i pellegrinaggi nei migliori e più grandi santuari che avevano fatto. Pensavamo
che fosse una coppia radicata nella fede. E invece lui l’ha picchiata e si è fatto
venire a prendere dai parenti (con tutta la bombola di ossigeno) lasciandola
sola nella casa. Non so come si dividono le colpe e non interessa. Ripeto solo
a me e a tutti quanto scrive san Paolo: “chi crede di stare in piedi,
guardi di non cadere”.( 1Cor 10:12), (vedi anche 2 Cor 2,11;
Gal 6,1; 1 Tim 3,6).
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