Il 28 novembre scorso sono passati
25 anni dalla morte del Cardinale Tarancòn che fu Arcivescovo di Madrid dal
1971 al 1982 e permise alla Chiesa spagnola di accompagnare la Transizione
dalla dittatura di Francisco Franco alla Democrazia mettendo fine, con l’aiuto
di Papa Paolo VI, alla unione della Chiesa e dello Stato spagnolo, lasciando da
parte il “nazionalcattolicesimo”. Inoltre egli favorì il rinnovamento del
Concilio Vaticano II in una Chiesa, come quella spagnola, con ancora dei “tic”
franchisti.
Infatti con l’avvento della
seconda Repubblica in Spagna (1931) di stampo rivoluzionario anarchico comunista,
iniziarono persecuzioni feroci contro la Chiesa e i cristiani, con molti
martiri (a volte interi conventi e monasteri furono massacrati! ma anche molti
laici). Il Sollevamento militare di Francisco Franco (1936) fu generalmente
accolto dai vescovi e dai cristiani praticanti come buono, addirittura come
provvidenziale. “Per tutti noi era non
solo una guerra giusta ma una guerra santa”(le citazioni in corsivo in
questo testo sono parole del Cardinale Tarancòn, per lo più estratte dal suo
libro “Recuerdos de Juventud” 1986). Però rapidamente Tarancòn, allora
assistente dell’Azione Cattolica, si rese conto che “non erano chiari i comportamenti dei militari che dirigevano la
guerra” e che “tra le destre che
avevano aiutato il Sollevamento, c'erano interessi poco chiari sul piano
cristiano”. “I politici di destra, guardando ai loro interessi economici,
predicavano la guerra per farla finita con coloro che pretendevano strappargli
le loro ricchezze”. Benché gli insorti parlassero con entusiasmo della
“Spagna cattolica”, questo non era altro che “una mera tattica, non un convincimento reale dell’importanza del
Cristianesimo o dell’interesse a difendere i valori religiosi e morali”. I
franchisti volevano “servirsi della
Chiesa, non volevano servire il Cristianesimo. E questa impostazione la
vedevamo pericolosissima”. Si commettevano crimini fatti passare come “cose che accadono in tempi di guerra” e
tra i falangisti, influenzati dagli altri regimi fascisti europei di allora (nazisti,
fascisti italiani, ecc.), vigeva una impostazione “completamente pagana”. In quegli anni, Tarancòn scrisse un libro che trattava dell'apostolato dei laici. Cito: “l’Azione Cattolica, come la Chiesa, avendo un
carattere eminentemente religioso, non può confondersi con una attività di
ordine umano e politico; essendo per natura legame di unione tra tutti i
cattolici, non può confondersi con una attività che, lungi dall’unirli, è causa
della loro divisione. È necessario, poi, che praticamente appaia l’Azione
Cattolica separata da ogni partito, perché nessuno possa confonderli”. La Nueva forma del apostolato seglar.
La Santa Sede essendo prudente e, anzi, contraria ai regimi fascisti, gli insorti giunti al potere esigerono la pubblicazione di una lettera pastorale collettiva affinché il Vaticano e la Gerarchia mondiale riconoscessero il ben fondato della Sollevazione dal punto di vista cristiano. Tutti i vescovi firmarono questa lettera perché obbligati, ma molti anche con convinzione. Roma però non approvava che la Chiesa ufficiale spagnola prendesse le parti di una delle due fazioni in lotta. Tarancòn e altri vedevano che essa, alla quale il regime dava molti privilegi, non avrebbe guadagnato in libertà spirituale e avrebbe pagato un prezzo molto alto nella coscienza del popolo.
Dalla tremenda vicenda
spagnola possiamo trarre una lezione. Anche se non viviamo in condizioni così
estreme, i meccanismi nell’uomo e nella società sono sempre gli stessi. La
lezione della Storia, infinitamente ripetuta, è che la Chiesa vive nel mondo ma
non è del mondo, anche se un gran numero di cristiani che si riferiscono al
Vangelo costituisce un fatto sociale e quindi politico. Perciò i cristiani
devono assumersi le loro responsabilità di cittadini. Tra di loro alcuni hanno
la vocazione a fare politica attiva. Il Magistero offre una guida elaborando a
partire dal Vangelo dei principi validi per la vita sociale e comunitaria. Ma
nessuno può pretendere che la sua proposta o la sua riflessione politica sia un
assoluto per ogni coscienza cristiana (mentre il cristiano obbedisce ai
legittimi Pastori in materia di fede e costumi, anche a chi non è esemplare
come persona). Chi si entusiasma troppo per un partito politico, chi pretende
di abbinare il Cristianesimo ad un partito politico, sbaglia strada, non segue quello
che Gesù ha detto con chiarezza: date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio
ciò che è di Dio. E in nessun caso l’obbedienza politica può legare un
cristiano contro il Vangelo e al di sopra della sua appartenenza alla Chiesa.
Siamo di Dio e anche Cesare è una creatura di Dio che dovrà rendere conto. “Tu
non avresti nessun potere se non ti fosse concesso dall’Alto” dice Gesù a
Pilato. La lezione della Storia evidenzia che la politica cerca di servirsi
della religione. Per non scrivere un altro post su un argomento di
attualità molto importante, sono stato felice che da vari partiti sia stata
espressa di recente una chiara condanna del razzismo, di ogni razzismo. Invece
mi ha scioccato che qualche leader, invitato a prendere posizione, abbia detto
che c'erano problemi molto più importanti da considerare a favore degli
italiani. Cosa gli costava dire semplicemente : “il razzismo non ha posto nella
mia proposta politica!” e, subito dopo, occuparsi degli altri problemi degli italiani?
Se un leader politico strizza l’occhio ai gruppi razzisti, c'è veramente da
preoccuparsi.
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