3. San Francesco, con la semplicità di quel segno, realizzò una grande
opera di evangelizzazione. Il suo insegnamento è penetrato nel cuore dei
cristiani e permane fino ai nostri giorni come una genuina forma per riproporre
la bellezza della nostra fede con semplicità. D’altronde, il luogo stesso dove
si realizzò il primo presepe esprime e suscita questi sentimenti. Greccio
diventa un rifugio per l’anima che si nasconde sulla roccia per lasciarsi
avvolgere nel silenzio.
Perché il presepe suscita tanto stupore e ci commuove? Anzitutto perché
manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, si abbassa alla
nostra piccolezza. Il dono della vita, già misterioso ogni volta per noi,
ci affascina ancora di più vedendo che Colui che è nato da Maria è la fonte e
il sostegno di ogni vita. In Gesù, il Padre ci ha dato un fratello che viene a
cercarci quando siamo disorientati e perdiamo la direzione; un amico fedele che
ci sta sempre vicino; ci ha dato il suo Figlio che ci perdona e ci risolleva
dal peccato.
Comporre il presepe nelle nostre case ci aiuta a rivivere la storia che si
è vissuta a Betlemme. Naturalmente, i Vangeli rimangono sempre la fonte che
permette di conoscere e meditare quell’Avvenimento; tuttavia, la sua
rappresentazione nel presepe aiuta ad immaginare le scene, stimola gli affetti,
invita a sentirsi coinvolti nella storia della salvezza, contemporanei
dell’evento che è vivo e attuale nei più diversi contesti storici e culturali.
In modo particolare, fin dall’origine francescana il presepe è un invito a
“sentire”, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella
sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via
dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di
Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con
misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi (cfr Mt 25,31-46).
4. Mi piace ora passare in rassegna i vari segni del presepe per cogliere
il senso che portano in sé. In primo luogo, rappresentiamo il contesto del
cielo stellato nel buio e nel silenzio della notte. Non è solo per fedeltà ai
racconti evangelici che lo facciamo così, ma anche per il significato che
possiede. Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene,
anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere
alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono
io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro?
Perché morirò? Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto
uomo. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti
attraversano le tenebre della sofferenza (cfr Lc 1,79).
Una parola meritano anche i paesaggi che fanno parte del presepe e che spesso rappresentano le rovine di case e palazzi antichi, che in alcuni casi sostituiscono la grotta di Betlemme e diventano l’abitazione della Santa Famiglia. Queste rovine sembra che si ispirino alla Legenda Aurea del domenicano Jacopo da Varazze (secolo XIII), dove si legge di una credenza pagana secondo cui il tempio della Pace a Roma sarebbe crollato quando una Vergine avesse partorito. Quelle rovine sono soprattutto il segno visibile dell’umanità decaduta, di tutto ciò che va in rovina, che è corrotto e intristito. Questo scenario dice che Gesù è la novità in mezzo a un mondo vecchio, ed è venuto a guarire e ricostruire, a riportare la nostra vita e il mondo al loro splendore originario.
5. Quanta emozione dovrebbe accompagnarci mentre collochiamo nel presepe le
montagne, i ruscelli, le pecore e i pastori! In questo modo ricordiamo, come
avevano preannunciato i profeti, che tutto il creato partecipa alla festa della
venuta del Messia. Gli angeli e la stella cometa sono il segno che noi pure
siamo chiamati a metterci in cammino per raggiungere la grotta e adorare il
Signore.
«Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha
fatto conoscere» (Lc 2,15): così dicono i pastori dopo l’annuncio fatto dagli
angeli. È un insegnamento molto bello che ci proviene nella semplicità della
descrizione. A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i
pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che
viene donata. Sono i più umili e i più poveri che sanno accogliere
l’avvenimento dell’Incarnazione. A Dio che ci viene incontro nel Bambino Gesù,
i pastori rispondono mettendosi in cammino verso di Lui, per un incontro di
amore e di grato stupore. È proprio questo incontro tra Dio e i suoi figli,
grazie a Gesù, a dar vita alla nostra religione, a costituire la sua singolare
bellezza, che traspare in modo particolare nel presepe.
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