VOI, COME FIUMI CARSICI
Lettera di Don Mimmo Battaglia agli
uomini e alle donne con le mani sporche di vangelo
Conosco una storia nascosta e silenziosa,
per nulla appariscente, poco visibile agli occhi degli uomini e ai riflettori
delle telecamere.
È la storia minima e tenace, discreta e
coraggiosa di una Chiesa che quotidianamente la camorra la guarda in faccia,
dritta negli occhi e senza piegare la schiena.
É la storia di preti che in certi
territori dove l’unica legge sembra essere quella della sopraffazione e della
violenza hanno fatto delle loro parrocchie avamposti credibili e autorevoli in
difesa della dignità umana. Preti che dinanzi alla cappa omertosa della
sovranità mafiosa non arretrano neanche di un centimetro e propongono in alternativa
la logica “eversiva” di spazi comuni da recuperare alla bellezza dello stare
insieme, perché la tendenza all’isolamento alimentata dalla paura della camorra
si vince solo con il gusto della condivisione e del fare comunità.
Preti che si sentono chiamare “sbirri” perché con franchezza e “parresia” non hanno timore a ricordare che la denuncia è l’altra faccia dell’annuncio, perché il Dio di Gesù di Nazareth è lo stesso che attraverso il profeta Ezechiele ci dice “se tu non parli per distogliere l’empio dalla sua condotta, egli, l’empio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io chiederò conto a te” (Ez 33,8).
È la storia di religiosi e religiose che
non si limitano ad aspettare il ritorno del figliol prodigo, ma gli stanno
dietro, seguono i suoi passi, non gli danno tregua nel ricordargli lo sperpero
che sta facendo della sua vita, e spesso trasformano la cella carceraria della
pena in un crocevia di tormento e di speranza: tormento per il male sul quale
finalmente apre gli occhi, speranza per una vita che si fa sempre in tempo a
riprendere in mano.
Uomini e donne di vangelo costretti però
anche ad ingoiare spesso i bocconi amari dell’incomprensione e dell’insulto
perché chi viene sollecitato a mettere in discussione la propria esistenza
fatta di sangue e di morte si ribella, non accetta e non manda giù le parole
chiare e per questo dure di chi senza esitazioni e diplomazia gli ricorda che
ha venduto l’animo al diavolo.
Non voglio girarci intorno.
Io lo so che queste storie silenziose e
anonime non attenuano per nulla la chiassosa responsabilità per i silenzi di
non pochi uomini di Chiesa dinanzi all’arroganza e alla prepotenza della
camorra; non voglio negare l’imbarazzante tentativo di un certo pensiero
ecclesiastico di sminuire e minimizzare questo problema con la solita
affermazione che l’evangelizzazione non può appiattirsi sulla lotta alla mafia,
e lungi da me il tentativo di proporre i santini dei preti impegnati, o
addirittura di chi ci ha rimesso la vita come don Peppe Diana, come paraventi
insanguinati da mostrare all’occorrenza.
In coscienza, però, sento semplicemente
il dovere di restituire merito e onore a quei preti e religiosi che in silenzio
vivono il proprio ministero incarnando il vangelo del “si si, no no” (Mt
5,37): quel vangelo che non ti fa scendere a patti con nessuno, che ti fa
essere di parte perché hai scelto di schierarti con i più deboli rivendicando
per loro quei sacrosanti diritti che i mafiosi e i potenti trasformano invece
in favori da chiedere in elemosina, quel vangelo che ti invita a sporcarti le
mani perché se sogni un mondo giusto e una società libera dalle mafie quelle
mani non puoi tenerle in tasca.
E io di preti con le mani sporche di
vangelo ne conosco tanti!
Per questo ho preso carta e penna. Per
dirvi grazie.
Non so se siete una sparuta minoranza o
molti di più di quello che si possa immaginare, so solo che voi siete quella
profezia di cui oggi ha sempre più bisogno questa nostra amata e tormentata
Città, siete i pilastri ben conficcati nella roccia e per questo nascosti su
cui tutti insieme ci stiamo impegnando per costruire la casa di una nuova
umanità, e siete come fiumi carsici, quei fiumi cioè che scavano più di altri e
quando poi escono allo scoperto più di altri trasformano il volto di un
territorio. Ma vi scrivo anche per chiedervi di spronarmi se doveste
accorgervi di una mia eccessiva prudenza dinanzi alle lacrime innocenti della
prepotenza mafiosa e di trasmettermi la vostra “parresia” se anche io talvolta
dovessi girarmi dall’altra parte, e di accompagnare e sostenere i passi di quei
nostri confratelli che non poche volte continuano a preferire la neutralità
alla profezia e il silenzio rassicurante allo scomodo grido di libertà che
viene dal Vangelo.
Grazie fratello parroco, che ogni giorno
attraverso il tuo servizio pastorale testimoni la bellezza del vangelo,
annunciandone le esigenze di giustizia e di bene, raccontando a tutti coloro
che incontri nella tua chiesa e per le strade del tuo quartiere che è possibile
vivere una vita bella nella sequela del Signore, perché il camminare dietro a
lui conduce alla vita, a differenza della camorra che è un cammino di morte, di
tenebre.
Grazie giovane presbitero, che doni le
energie dei primi anni del tuo ministero a raccogliere tanti bambini, ragazzi e
giovani per mostrare loro che è possibile sognare e trasformare i sogni in
realtà nella misura in cui si cammina insieme, prendendosi per mano, nella
gioia e nell’impegno: un po’ come avviene nell’oratorio dove svolgi il tuo
servizio e che diventa non solo scuola di santità ma baluardo di impegno
civico, difesa dalle mani della malavita che pure desirerebbe sfruttare la tua
giovane età.
Grazie a te fratello religioso e sorella
religiosa, perché hai compreso che la tua consacrazione a Dio non può essere
mai disgiunta dall’impegno a favore dell’uomo, e soprattutto dell’uomo ferito,
emarginato, tentato: quante storie hai ascoltato, quante volte la periferia è
diventata il tuo chiostro e una piazza di spaccio il luogo della tua preghiera,
quante vite cerchi ogni giorno di sottrarre, lontano dai riflettori, alle
maglie mortifere delle mafie e dell’ingiustizia.
Grazie a te giovane, che semini
l’entusiasmo dell’impegno civile nella tua comunità parrocchiale, che traduci
il vangelo con l’alfabeto dell’impegno politico, associativo, sociale,
diventando per i tuoi coetanei un segno di speranza e un riferimento sicuro.
Quanti ragazzi e ragazze per seguire la tua allegria hanno resistito ad altre
proposte che li avrebbero condotti lontano dai sentieri della giustizia e della
legalità.
Grazie a te fratello, sorella, che
indipendentemente dal tuo ruolo nella chiesa e nella società o perfino dalla
fede di appartenenza, percorri ogni giorno a testa alta e senza paura il
sentiero della giustizia, della denuncia, della solidarietà, senza grandi
proclami ma con azioni piccole e quotidiane che, goccia dopo goccia, scavano
nuovi spazi e possibilità di rinascita tra i detriti lasciati qua e la dalle
mafie.
E in ultimo grazie a te, fratello e
sorella, che sproni la chiesa ad essere sempre più fedele al vangelo,
criticando quanto in esso è ancora intriso di neutralità e timore. E nel dirti
grazie ti chiedo anche di camminare insieme, di non lasciarci soli, di
prenderci per mano superando steccati e diffidenze per servire insieme la causa
della giustizia, del bene, della civiltà fondata sull’amore.
† don Mimmo Battaglia
arcivescovo di Napoli
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