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mercoledì 29 settembre 2021

PAPA FRANCESCO E MESSA IN LATINO 1/4 Qualche precisazione e riflessione

 


Grazie a Dio, tra noi non ci sono problemi riguardo al modo di celebrare la Messa. Però qualcuno attacca Papa Francesco sulla sua ultima decisione di restringere le concessioni accordate dai suoi predecessori di usare ancora il Messale di prima del Concilio, accusandolo di durezza, crudeltà, contraddizione con il suo principio di misericordia e di inclusione. Credo necessario spiegare un po' tutta la faccenda che ha radici lontane. 

1.I fatti:

Papa Francesco con un documento del 16 luglio scorso dal titolo “Traditionis custodes” (TC; Custodi della Tradizione, cioè i vescovi) ha ristretto le possibilità di celebrare la Messa in latino con il Messale di prima del Concilio Vaticano II (1962  - 1965) edito da Giovani XXIII nel 1962. Queste concessioni erano state prima disciplinate da Giovanni Paolo II con “Ecclesia Dei adflicta” dopo lo scisma provocato da Mons. Lefebvre, e rimodulate da Papa Benedetto XVI nel 2007 con “Summorum Pontificum”.

Cosa era successo? I vescovi di tutto il mondo radunati in Concilio (Vaticano II), frutto di un lungo cammino di preghiera, di studi e di esperienze, di riforme iniziali (Pio XII), che ha portato alla nuova edizione del Messale nel 1962 sotto Papa Giovanni XXIII, hanno sentito la necessità, meno di un anno dopo, di chiedere una “riforma generale della Liturgia”. Questo ha portato al Nuovo Messale romano nel 1969.

Molti di quelli che leggono questo post sono nati dopo il 1970 e non hanno molto coscienza dei cambiamenti portati dalla riforma voluta dal Concilio. Fino a quel momento in tutta Europa, in America del Nord e del Sud, in Africa, Oceania, ecc,  ovunque si celebrava secondo il rito romano, la messa si diceva in latino. Perfino le letture della Parola di Dio erano in latino, ma già poco prima Pio XII aveva deciso che le letture fossero nella lingua della gente. Con la riforma è stata tutta la messa che si è cominciato a celebrare nelle lingue nazionali: l’italiano in Italia, il francese in Francia ecc. Infatti nessuno sapeva più il latino. I suoi difensori dicevano che il latino era la lingua della Chiesa, che ci univa tutti, che permetteva di seguire la messa facilmente anche all’estero, ecc. Idealmente il latino ci univa, ma la gente vive a casa propria e non capiva la messa… E poi, chi non sa il latino, che bel vantaggio andando all’estero! continua a non capire, come a casa. Siamo più uniti se comprendiamo tutti chi è Gesù Cristo e viviamo la stessa fede illuminata, oppure se preghiamo con le stesse parole incomprensibili ai più se non a tutti?

Nel 2000 ho viaggiato in treno con dei tradizionalisti francesi, in pellegrinaggio verso Roma. Abbiamo parlato molto. Le loro motivazioni per rifiutare il Concilio erano tutte basate su cattivi esempi dati dai parroci “conciliari”. Tipo, il prete che si presenta alla porta della canonica in canottiera, o anche cose più pesanti…  Alla fine, ho proposto di dire il rosario insieme. Il loro libretto di pellegrinaggio era tutto in latino: preghiere, inni, ecc.. per cui ho pensato fargli piacere pregando in latino. Non sapevano nemmeno l’Ave Maria in latino!

Negli anni ’90, un mio confratello voleva che si celebrasse in convento ogni sabato la messa secondo il Messale di Paolo VI, quello conforme al Concilio, ma in latino. Non ho fatto obiezione. Siccome tra noi c'erano i turni per la presidenza dell’Eucaristia, un giorno mi si chiede: - Vuoi presiedere tu oggi? – No! – Come mai? – Se devo fare sforzi per far capire all’Assemblea, celebrerò anche in cinese, ma fare sforzi per non far capire ai frati, no. – Ma il latino lo comprendiamo tutti! – Ecco l’orazione sulle offerte, traduci! - ……  Quel fratello non sapeva tradurre, ed era un prete, ma giovane, che forse come me aveva studiato latino a scuola solo alle Medie. Figuriamoci la gente comune!

L’uso del latino nella liturgia, oggi, tranne qualche preghiera come il Padre nostro per esempio, è un totale controsenso. Infatti Gesù non celebrava in latino, e non lo farebbe oggi. San Pietro e gli apostoli celebravano in aramaico o in greco, nelle lingue della gente che evangelizzavano. Usavano soltanto alcune parole ebraiche che sembravano loro troppo importanti e che spiegavano ai fedeli come “Amen”, “Alleluja”, “Osanna”… . Anche noi usiamo ancora altre parole straniere come “Kyrie eleison” oppure “Eucaristia” che sono greche. Al tempo di Gesù un po’ tutti parlavano greco, dalla Palestina fino a Roma. Quindi i cristiani celebravano in greco. Quando non si è più capito il greco a Roma si è usato il latino. Da secoli i cattolici melkiti  e copti hanno lasciato il greco per celebrare in arabo, come i maroniti di Siria e del Libano (con alcune parole in aramaico). I cattolici arbresh di Sicilia e Calabria usano ancora molte frasi in albanese, la loro lingua di origine, anche se tutti conoscono soprattutto l’italiano.  Che senso avrebbe il latino oggi? Voler mantenere il latino nella Liturgia perché è la lingua della Chiesa, è solo una follia, frutto di grande ignoranza della Storia della Chiesa e dello Spirito dell’Evangelizzazione, dello Spirito del Vangelo.

(SEGUE...) 

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