Papa
Francesco è stato attaccato dal primo giorno. Infatti nel suo primo saluto non disse: “Sia Lodato Gesù
Cristo”... Scandalo! È attaccato come tutti i Papi ma credo più di altri. Non ricordo che un
Papa fosse stato chiamato Anticristo, né invitato a dimettersi dall’interno della Chiesa. Ma sono attacchi paradossali.
All’inizio si diceva che egli non rispettava la dottrina. Adesso lo
attaccano perché è troppo duro nel suo linguaggio, “poco inclusivo”.
Papa
Francesco dall’inizio incoraggiò ad accogliere tutti, ad accompagnare tutti
pastoralmente perché tutti redenti dal sangue di Cristo, tutti possono
risorgere e diventare santi – san Matteo festeggiato qualche giorno fa ne è un
grandissimo segno – e nessuno conosce fino in fondo il foro interno, le grazie
e le lotte, le sofferenze di ciascuno. Anche se papa Francesco precisava che lo diceva sul piano pastorale e non rinnegava nulla della dottrina rimanendo in linea con i suoi predecessori, è stato chiamato eretico e distruttore della Chiesa.
Nello stile
di povertà e semplicità, nei gesti di accoglienza egli si è spinto con
coraggio più in là dei Papi prima di lui proseguendo il cammino del Concilio e rispondendo anche lui ai problemi del momento. Non significa che Paolo VI o
Giovanni Paolo II non abbiano avuto altrettanto coraggio aprendo il cammino, ma
papa Francesco non si è accontentato di mantenere le loro conquiste.
Ed ecco che quando papa Francesco in questo anno 2021 straordinario dice che il parroco deve essere un prete e non può esserlo un laico, che non si parla di ordinazione di donne, che il Sinodo tedesco non può trattare questioni che riguardano la Chiesa universale, si piange perché Roma non comprende, frena il progresso, non si cala nelle sofferenze e nelle situazioni concrete. Quando papa Francesco dice che non si possono benedire le coppie gay perché non sono un matrimonio, ecco ribellione e grida. Quando il Papa, a luglio, chiede di mettere un termine alle parrocchie personali con gruppetti aggrappati alla Messa in latino di prima del Concilio, si eleva un pianto da parte di questi gruppi che dicono di essere trattati con durezza, non rispettati nella loro sensibilità e giudicati da chi non conosce la loro onorabilità. Mi colpisce che nessuno ragioni sul piano oggettivo della verità, ma solo su quello soggettivo della propria sensibilità. Magari si applaude quando è colpito il campo avversario ma se è il mio gruppo ad essere richiamato, grido all’ingiustizia.
Ultimamente,
quando, nel viaggio di ritorno da Bratislava, il Papa ricorda che l’aborto è un
crimine, anche da voci cattoliche si elevano critiche perché il Papa questa volta
sbaglia, il suo linguaggio non è quello giusto, bisogna comprendere la
situazione della ragazza incinta a tredici anni. Ma il Papa non attacca le donne.
Ricordo come in Francia si svolse la campagna a favore dell’aborto che poi
divenne legge: non si ragionava sulla realtà oggettiva della nuova vita umana e
sugli aiuti possibili a sostegno delle madri in difficoltà e dei bambini appena
nati, cercando soluzioni a sostegno della vita, ma si insisteva solo su casi
pietosi e sulla solitudine delle donne con una gravidanza indesiderata.
Quando
papa Francesco dice che l’aborto è un crimine, ripete solo l’insegnamento di sempre
della Chiesa e del Vangelo, perché è sopprimere una vita innocente che ha tutto
il diritto di vivere e non ha obbligato i suoi genitori a procrearla, perché
questa vita non è il corpo della donna che lo porta in grembo ma il corpo di un
altro essere umano che ha cominciato ad esistere e ha dignità pari a quella di
tutti noi. Il Papa non attacca le donne: dice la verità a tutta la società e la
chiama ad essere responsabile, in particolare si rivolge al padre del bambino,
al resto della famiglia, agli operatori sanitari e sociali, alle istituzioni, ecc., oltre che alla donna. Quando
Giovanni Paolo II intervenne per gli stupri a sfondo di odio etnico durante la
guerra dei Balcani, non disse nulla delle donne tentate di abortire, esortò
soltanto i cattolici ad offrirsi per adottare i bambini che non sarebbero stati
voluti dalle loro madri dopo la nascita.
Abbiamo
questo paradosso che papa Francesco è visto in modo contraddittorio. Ancora gira
la voce da parte di qualcuno che Francesco è “il Papa che ha depenalizzato l’aborto”.
Ha solo dato l’autorizzazione a tutti i sacerdoti di assolvere l’aborto durante
il giubileo della Misericordia. La verità è che non esiste una donna che si
avvicini alla confessione per un aborto e non sia pentita, non stia
profondamente soffrendo di quello che ha fatto, spesso perseguitata da quel
ricordo, depressa. In un incontro con dei sacerdoti papa Francesco disse che se
una donna confessa un aborto è semplice: è pentita e Dio perdona, ma il difficile
è dopo, per rialzarla, ridonarle fiducia, che accetti di rinascere pienamente da
questa misericordia.
Accogliamo
papa Francesco per quello che è: un pastore molto attento all’accompagnamento delle
persone, che sa che la misericordia ha la verità come fondamento. Uno che “accoglie
i peccatori e mangia con loro”, infonde in loro la fiducia dell’Amore eterno e
gratuito di Dio per “tutti i figli di Abramo”, ma che li chiama a conversione. Ci
ricorda quel maestro di Galilea che apriva a tutti le braccia ma invitava tutti
a conversione. I farisei lo criticavano perché troppo lassista, e molti del popolo
lo abbandonarono quando chiese loro di cercare il pane che dura per la Vita eterna.
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