Un
discorso che è una miniera di espressioni e riflessioni semplici e profonde
INCONTRO CON I GIOVANI
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Stadio Lokomotiva (Košice)
Martedì, 14 settembre 2021
______________________________________
Cari giovani, cari fratelli e sorelle, dobrý večer!
[buonasera!]
Mi ha dato gioia ascoltare le parole di Mons. Bernard, le
vostre testimonianze e le vostre domande. Ne avete fatte tre e io vorrei
provare a cercare delle risposte con voi.
Inizio da Peter e Zuzka, dalla vostra domanda sull’amore
nella coppia. L’amore è il sogno più grande della vita, ma non è un sogno a
buon mercato. È bello, ma non è facile, come tutte le cose grandi della vita.
È il sogno, ma non è un sogno facile da interpretare. Vi rubo
una frase: «Abbiamo cominciato a percepire questo dono con occhi totalmente
nuovi». Davvero, come avete detto, servono occhi nuovi, occhi che non si
lasciano ingannare dalle apparenze. Amici, non banalizziamo l’amore, perché
l’amore non è solo emozione e sentimento, questo semmai è l’inizio. L’amore non
è avere tutto e subito, non risponde alla logica dell’usa e
getta. L’amore è fedeltà, dono, responsabilità.
La vera originalità oggi, la vera rivoluzione, è
ribellarsi alla cultura del provvisorio, è andare oltre l’istinto, oltre
l’istante, è amare per tutta la vita e con tutto sé stessi. Non siamo qui per
vivacchiare, ma per fare della vita un’impresa. Tutti voi avrete in mente
grandi storie, che avete letto nei romanzi, visto in qualche film
indimenticabile, sentito in qualche racconto toccante. Se ci pensate, nelle
grandi storie ci sono sempre due ingredienti: uno è l’amore, l’altro è
l’avventura, l’eroismo. Vanno sempre insieme. Per fare grande la vita ci
vogliono entrambi: amore ed eroismo. Guardiamo a Gesù, guardiamo al Crocifisso,
ci sono entrambi: un amore sconfinato e il coraggio di dare la vita fino alla
fine, senza mezze misure. C’è qui davanti a noi la Beata Anna, un’eroina
dell’amore. Ci dice di puntare a traguardi alti. Per favore, non facciamo
passare i giorni della vita come le puntate di una telenovela.
Perciò, quando sognate l’amore, non credete agli effetti speciali, ma che ognuno di voi è speciale, ognuno di voi. Ognuno è un dono e può fare della vita, della propria vita, un dono. Gli altri, la società, i poveri vi aspettano. Sognate una bellezza che vada oltre l’apparenza, oltre il trucco, al di là delle tendenze della moda. Sognate senza paura di formare una famiglia, di generare ed educare dei figli, di passare una vita condividendo tutto con un’altra persona, senza vergognarsi delle proprie fragilità, perché c’è lui, o lei, che le accoglie e le ama, che ti ama così come sei. Questo è l’amore: amare l’altro come è, e questo è bello! I sogni che abbiamo ci dicono la vita che desideriamo. I grandi sogni non sono l’auto potente, il vestito alla moda o la vacanza trasgressiva. Non date ascolto a chi vi parla di sogni e invece vi vende illusioni. Una cosa è il sogno, sognare, e altra cosa avere illusioni. Questi che vendono illusioni parlando di sogno sono manipolatori di felicità. Siamo stati creati per una gioia più grande: ciascuno di noi è unico ed è al mondo per sentirsi amato nella sua unicità e per amare gli altri come nessuno può fare al posto suo. Non si vive seduti in panchina a fare la riserva di qualcun altro. No, ciascuno è unico agli occhi di Dio. Non lasciatevi “omologare”; non siamo fatti in serie, siamo unici, siamo liberi, e siamo al mondo per vivere una storia d’amore, di amore con Dio, per abbracciare l’audacia di scelte forti, per avventurarci nel rischio meraviglioso di amare. Vi domando: credete questo? Vi domando: sognate questo? [rispondono: “Sì!”] Sicuri? [“Sì!”] Bravi!
Vorrei darvi un altro consiglio. Perché l’amore porti
frutto, non dimenticate le radici. E quali sono le vostre radici? I
genitori e soprattutto i nonni. State attenti: i nonni. Loro vi hanno preparato
il terreno. Innaffiate le radici, andate dai nonni, vi farà bene: fate loro
domande, dedicate tempo ad ascoltare i loro racconti. Oggi c’è il pericolo di
crescere sradicati, perché siamo portati a correre, a fare tutto di fretta: quello
che vediamo in internet può arrivarci subito a casa; basta
un clic e persone e cose compaiono sullo schermo. E poi
succede che diventino più familiari dei volti che ci hanno generato. Pieni di
messaggi virtuali, rischiamo di perdere le radici reali. Disconnetterci dalla
vita, fantasticare nel vuoto, non fa bene, è una tentazione del maligno. Dio ci
vuole ben piantati per terra, connessi alla vita; mai chiusi, ma
sempre aperti a tutti! Radicati e aperti. Avete capito? Radicati e aperti.
Sì, è vero, ma – mi direte voi – il mondo la pensa
diversamente. Si parla tanto d’amore, ma in realtà vige un altro
principio: ciascuno pensi per sé. Cari giovani, non lasciatevi
condizionare da questo, da ciò che non va, dal male che imperversa. Non
lasciatevi imprigionare dalla tristezza, dallo scoraggiamento rassegnato di chi
dice che nulla mai cambierà. Se si crede a questo ci si ammala di pessimismo. E
voi avete visto la faccia di un giovane, di una giovane pessimista? Avete visto
quale faccia ha? Una faccia amareggiata, una faccia di amarezza. Il pessimismo
ci ammala di amarezza, ci invecchia dentro. E si invecchia giovani. Oggi ci
sono tante forze disgregatrici, tanti che incolpano tutti e tutto,
amplificatori di negatività, professionisti della lamentela. Non ascoltateli!,
no, perché la lamentela e il pessimismo non sono cristiani, il Signore detesta
tristezza e vittimismo. Non siamo fatti per tenere la faccia a terra, ma per
alzare lo sguardo al Cielo, agli altri, alla società.
E quando siamo giù – perché tutti nella vita siamo in
certi momenti un po’ giù, tutti conosciamo questa esperienza – e quando siamo
giù, che cosa possiamo fare? C’è un rimedio infallibile per rialzarci. È quello
che ci hai raccontato tu, Petra: la Confessione. Avete ascoltato Petra, voi? [“Sì!”]
Il rimedio della Confessione. Mi hai chiesto: «Come può un giovane oltrepassare
gli ostacoli sulla via verso la misericordia di Dio?». Anche qua è questione di
sguardo, di guardare a quello che conta. Se io vi domando: “A che cosa pensate
quando andate a confessarvi?” – non ditelo a voce alta –, sono quasi certo
della risposta: “Ai peccati”. Ma – vi chiedo, rispondete – i peccati sono
davvero il centro della Confessione? [“No!”] Non sento… [“No!”] Bravi! Dio
vuole che ti avvicini a Lui pensando a te, ai tuoi peccati, o a Lui? Cosa vuole
Dio? Che ti avvicini a Lui o ai tuoi peccati? Cosa vuole? Rispondete [“A lui!”]
Più forte, che sono sordo… [“A Lui!”] Qual è il centro, i peccati o il Padre
che perdona tutti i peccati? Il Padre. Non si va a confessarsi come dei
castigati che devono umiliarsi, ma come dei figli che corrono a ricevere
l’abbraccio del Padre. E il Padre ci risolleva in ogni situazione, ci perdona
ogni peccato. Sentite bene questo: Dio perdona sempre! Avete
capito? Dio perdona sempre!
Vi do un piccolo consiglio: dopo ogni Confessione,
rimanete qualche istante a ricordare il perdono che avete ricevuto. Custodite
quella pace nel cuore, quella libertà che provate dentro. Non i peccati, che
non ci sono più, ma il perdono che Dio ti ha regalato, la carezza di Dio Padre.
Quello custodite, non lasciatevelo rubare. E quando la volta dopo andate a
confessarvi, ricordatelo: vado a ricevere ancora quell’abbraccio che mi ha
fatto tanto bene. Non vado da un giudice a regolare i conti, vado da Gesù che
mi ama e mi guarisce. In questo momento mi viene di dare un consiglio ai preti:
io direi ai preti che si sentano al posto di Dio Padre che perdona sempre e
abbraccia e accoglie. Diamo a Dio il primo posto nella Confessione. Se Dio, se
Lui è il protagonista, tutto diventa bello e confessarsi diventa il
Sacramento della gioia. Sì, della gioia: non della paura e del giudizio, ma
della gioia. Ed è importante che i preti siano misericordiosi. Mai curiosi, mai
inquisitori, per favore, ma che siano fratelli che donano il perdono del Padre,
che siano fratelli che accompagnano in questo abbraccio del Padre.
Ma qualcuno potrebbe dire: “Io comunque mi vergogno, non
riesco a superare la vergogna di andare a confessarmi”. Non è un problema, è
una cosa buona! Vergognarsi, nella vita, alle volte fa bene. Se ti vergogni,
vuol dire che non accetti quello che hai fatto. La vergogna è un buon segno, ma
come ogni segno chiede di andare oltre. Non rimanere prigioniero della
vergogna, perché Dio non si vergogna mai di te. Lui ti ama proprio lì, dove tu
ti vergogni di te stesso. E ti ama sempre. Vi dico una cosa che non è nel
maxischermo. Nella mia terra, quegli sfacciati che fanno di tutto male, li
chiamiamo “senza-vergogna”.
E un ultimo dubbio: “Ma, Padre, io non riesco a
perdonarmi, quindi neanche Dio potrà perdonarmi, perché cadrò sempre negli
stessi peccati”. Ma – senti – Dio, quando si offende? Quando vai a chiedergli
perdono? No, mai. Dio soffre quando noi pensiamo che non possa perdonarci,
perché è come dirgli: “Sei debole nell’amore!”. Direi questo a Dio è brutto!
Dirgli “sei debole nell’amore”. Invece Dio gioisce nel perdonarci, ogni volta.
Quando ci rialza crede in noi come la prima volta, non si scoraggia. Siamo noi
che ci scoraggiamo, Lui no. Non vede dei peccatori da etichettare, ma dei figli
da amare. Non vede persone sbagliate, ma figli amati; magari feriti, e allora
ha ancora più compassione e tenerezza. E ogni volta che ci confessiamo – non
dimenticatelo mai – in Cielo si fa festa. Che sia così anche in terra!
Infine, Peter e Lenka, nella vita avete sperimentato la
croce. Grazie per la vostra testimonianza. Avete chiesto come «incoraggiare i
giovani a non temere di abbracciare la croce». Abbracciare: è un bel verbo!
Abbracciare aiuta a vincere la paura. Quando veniamo abbracciati riacquistiamo
fiducia in noi stessi e anche nella vita. Allora lasciamoci abbracciare da
Gesù. Perché quando abbracciamo Gesù riabbracciamo la speranza. La croce non si
può abbracciare da sola; il dolore non salva nessuno. È l’amore che trasforma il
dolore. Quindi, è con Gesù che si abbraccia la croce, mai da soli! Se si
abbraccia Gesù, rinasce la gioia. E la gioia di Gesù, nel dolore,
si trasforma in pace. Cari giovani, care giovani, vi auguro questa gioia, più
forte di ogni cosa. Vi auguro di portarla ai vostri amici. Non prediche,
ma gioia. Portate gioia! Non parole, ma sorrisi, vicinanza fraterna. Vi
ringrazio per avermi ascoltato e vi chiedo un’ultima cosa: non dimenticatevi di
pregare per me. Ďakujem! [Grazie!]
In piedi, tutti, e preghiamo Dio che ci ama, preghiamo il
Padre Nostro: “Padre nostro…” [in slovacco]
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
A BUDAPEST, IN OCCASIONE DELLA SANTA MESSA CONCLUSIVA
DEL 52.mo CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE, E IN SLOVACCHIA
(12-15 SETTEMBRE 2021)
Nessun commento:
Posta un commento