Narciso - Caravaggio.
Conosciamo
tutti il Mito di Narciso. Un giovane di eccezionale bellezza e orgoglioso di sé scopre
in uno specchio d’acqua la sua immagine e se ne innamora. Per gli
antichi questo auto innamoramento fu una punizione divina. Narciso non riesce più
a staccarsi dalla propria immagine e cade in essa, cioè nell’acqua dove muore annegato.
Si può
veramente cadere nel narcisismo e “morirne”, annegare e rimanere schiavi.
Narciso scopre la sua immagine da adolescente perché all’epoca non esistevano gli
specchi. Da allora è stato inventato lo specchio, poi la fotografia e il
filmino e ultimamente la possibilità del selfie. Si moltiplicano le occasioni
di ammirare se stessi invece di aprirsi agli altri
Sono impressionato
di vedere quanti selfie si fanno anche credenti che fanno un cammino di fede. Vanità?
Direi: certamente. Ma dietro: orgoglio o insicurezza? Forse molta insicurezza
se devo continuamente verificare la mia immagine. Molta difficoltà a stabilire
relazioni se non ho meglio da fare che specchiare me stesso. In ogni caso il selfie compulsivo indica
un ripiegamento su se stessi, una difficoltà nella crescita. Dalla stessa radice inglese viene “selfish” che significa
“egoista”. In ogni caso il selfie è il contrario del cammino cristiano che è
dimenticare se stessi per donarsi, affidare a Dio e al suo giudizio il mistero
della propria vita e perderla per amare Dio e il prossimo, rischiare la propria
vita nella relazione con l’altro, con la comunità. Il tempo che passi a farti le
fotografie da solo, magari con smorfie più o meno strane, ecc. (e anche i continui
selfie di gruppo con te al centro) non è certamente un tempo dato a Dio e al
prossimo. Certo ci sono tanti altri comportamenti autoreferenziali magari meno vistosi. Ma la malattia del selfie è una vera malattia. Tutti i comportamenti autoreferenziali vanno affrontati con la stessa scelta consapevole: passare dall'Io al centro all'Altro al centro. L'Altro in assoluto è Dio. Sant'Agostino usa per questo parole molto forti: passare dall'Avversione a Dio alla Conversione a Dio. Benedetto XVI in "Deus caritas est" (2005), parla di un cammino da compiere dall'Eros all'Agape, passando per la Filia, attraverso molte purificazioni successive, dall'amore centrato su di me all'amore gratuito, divino.
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