Qualche giorno fa un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) ha fatto notizia: la Chiesa non ha il potere di benedire le unioni omosessuali come se fossero matrimoni, quindi i preti non devono prestarsi a questo tipo di benedizioni. Ci sono state molte reazioni, di giornalisti e di qualche vescovo, di gruppi di preti, anche di teologi, e, chiaramente di laici e di associazioni di omosessuali ecc. Erano per lo più emotive come era da aspettarsi in un primo momento e in quanto tocca un punto e un vissuto molto sensibili. C'è chi dice che papa Francesco è un ipocrita dopo le sue parole di accoglienza degli omosessuali, chi dice che è stato una forzatura contro di lui da parte della CDF, chi dice che, facendo così, la Chiesa perderà i pochi fedeli che le sono rimasti (qualcuno ha già annunciato che lascia), ecc. Qualcuno ha detto: "mi sono sentito cancellato come persona. Ero qualcuno adesso sono solo un omosessuale". Una tale frase non ha logica, ma esprime un dolore. Un’Associazione ha espresso la sua delusione dicendo che la Quaresima sarà evidentemente ancora lunga e bisognerà aspettare ancora per la Risurrezione attesa. Mi sono sentito partecipe di questo dolore espresso con amarezza ma con garbo, e di tutte le altre reazioni, ma non credo di condividere la maggior parte delle argomentazioni, anche se mi rendo conto della mia povertà se desidero confortare e aiutare. Ci sono tante altre situazioni in cui mi sento povero e impreparato per aiutare le persone nel loro cammino verso una felicità reale, fondata sulla verità. Tre Cardinali hanno reagito a queste turbolenze ribadendo che la Chiesa non vuole discriminare nessuno e si impegna ad accompagnare tutti. E' la posizione di sempre del Vangelo: Gesù alla donna adultera dice: "Neanch'io ti condanno, va, e d'ora in poi, non peccare più" (Gv 8,1-11). Ci vuole molta preghiera e molto amore per rendere questa frase una buona notizia nella vita delle persone.
Ho letto il documento (“Responsum”) della CDF e invito a leggerlo (Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso (22 febbraio 2021). È breve e anche l’articolo esplicativo che l’accompagna. Ognuno avrà così una prima base oggettiva per approfondire e eventualmente farsi una sua opinione.
Riguardo ad un'eventuale forzatura contro il Papa, ecc., chiaramente non sappiamo nulla delle discussioni che ci possono essere tra le mura vaticane. Voglio solo fare alcune osservazioni quanto più oggettive possibili. Infatti, anche le dichiarazioni dogmatiche dei Concili sono precedute da discussioni, talvolta accese, che coinvolgono personalità, caratteri, circostanze, ecc. Ma, credendo nello Spirito Santo, accettiamo il risultato finale come frutto della sua azione. Un semplice “Responsum” della CDF non è certo una dichiarazione dogmatica di un Concilio, ma il processo è lo stesso. C'è un problema, viene esaminato, si confrontano certamente opinioni e riflessioni, alla fine c'è un risultato oggettivo dal quale bisogna partire, non escludendo a priori che lo Spirito Santo possa agire anche nella definizione di una presa di posizione ufficiale di una Congregazione vaticana. Certamente, che diritto avrei di invalidare un documento perché sono convinto di conoscere io, meglio di tutti, i pensieri intimi e le intenzioni segrete del Papa o di Cardinali cospiratori? Soprattutto se questo documento ripete quello che sta scritto a chiare lettere in Amoris Laetitia (al n. 251), documento di papa Francesco (egli ci invita ad approfondirlo in questo anno dedicato alla Famiglia), e redatto in conformità al Catechismo della Chiesa Cattolica (vedi in particolare i paragrafi 2357-2359). Quindi nessuna sorpresa.
Ma era
opportuno ribadire questo insegnamento, riaprire vecchie ferite? Se ci sono
state reazioni di forte delusione e anche di stizza, è segno che questo insegnamento
non è stato pacificamente recepito, che è stato forse dimenticato o considerato
come superato, e quindi una ripetizione da parte di chi lo ritiene sempre valido
appare opportuna. Soprattutto se una parte dei vescovi vuole cambiare la dottrina
su questo punto. Già nel settembre del 2019 il Vaticano nella persona di mons.
F. Iannone aveva messo in guardia questi vescovi: “Come
può una Chiesa particolare deliberare in modo vincolante se i temi affrontati
riguarderanno l’intera Chiesa?” “La conferenza episcopale non può dare effetto
legale alle risoluzioni, ciò è al di fuori delle sue competenze”.
Fondamentalmente
la libertà che dimostra la Chiesa di saper esprimere le sue posizioni anche quando
la maggioranza della Società (e forse anche dei membri della Chiesa stessa)
segue altre posizioni, la capacità di andare contro il pensiero dominante anche
quando questo vorrebbe essere pensiero unico e colpevolizzare ogni dissenso, è
senz’altro un ottimo segno per tutti. Probabilmente il fenomeno attuale di
emarginazione della Chiesa in tanti paesi può essere visto in parte come un rigetto
a lungo termine di tempi in cui, in pratica, la Chiesa era alleata del potere e
non proponeva soltanto ma imponeva i suoi criteri come legge per tutti, a
prescindere dalle proprie convinzioni di ognuno. Ma le eventuali colpe passate non
possono portarmi a rigettare o tacere la verità del Vangelo che professo. Se qualcuno,
vescovo o meno che sia, vuole cambiare qualsiasi punto di dottrina per timore
di perdere consensi, non ha mai ascoltato la Parola di Gesù quando annuncia l’Eucaristia
e da allora “molti dei suoi discepoli tornarono
indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Volete
andarvene anche voi?” (Gv 6,66-67). Papa Francesco che ha ascoltato questa Parola
ha dichiarato: “prego perché non ci sia uno scisma, ma non lo temo”. Se qualcuno
lascia la Chiesa perché essa lo delude nelle sue attese può essere compreso
conoscendo il suo percorso, ma le sue ragioni non sono buone. Quel grido del cuore
di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai
parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di
Dio” vale ancora oggi, in situazioni in cui non riesco a capire o ad
accettare volentieri l’insegnamento della Chiesa. Chi dice, come ho letto: “il nostro
rapporto è con Dio e non con la Chiesa” esprime chiaramente la sua posizione, ma
nel suo cuore non ha mai fatto veramente parte della Chiesa, oppure ha
rinnegato la sua Fede.
È chiaro
che anche in questo caso, l’emotività di un primo momento ricadrà e si potrà più
facilmente passare ad una fase di riflessione profonda. Il richiamo della CDF è
rivolto a tutti noi. Dicendo che il matrimonio non è soltanto una scelta
soggettiva, di piacere personale e di innamoramento, ma è un progetto di Dio,
un servizio alla Vita e alla Società di cui la Famiglia è la cellula base, non si
toglie nulla alla sua bellezza e grandezza, anzi si aggiunge. Lo si fa entrare
in una dimensione di responsabilità, di missione che esige una vera donazione. Le
famiglie, i figli e la società stanno morendo dell’irresponsabilità e del
soggettivismo che permeano la mentalità comune. Una società “liquida” non assicura
nessun punto di riferimento sufficiente alla formazione di personalità stabili
e mature.
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