Più fecondità che risultati
193. Mentre porta avanti questa attività instancabile, ogni
politico è pur sempre un essere umano. È chiamato a vivere l’amore nelle sue quotidiane
relazioni interpersonali. È una persona, e ha bisogno di accorgersi che «il
mondo moderno, con la sua stessa perfezione tecnica, tende a razionalizzare
sempre di più la soddisfazione dei desideri umani, classificati e suddivisi tra
diversi servizi. Sempre meno si chiama un uomo col suo nome proprio, sempre
meno si tratterà come persona questo essere unico al mondo, che ha il suo
cuore, le sue sofferenze, i suoi problemi, le sue gioie e la sua famiglia. Si
conosceranno soltanto le sue malattie per curarle, la sua mancanza di denaro
per fornirglielo, il suo bisogno di casa per dargli un alloggio, il suo
desiderio di svago e di distrazioni per organizzarli». Però, «amare il più
insignificante degli esseri umani come un fratello, come se al mondo non ci
fosse altri che lui, non è perdere tempo».[190]
194. Anche nella politica c’è spazio per amare con tenerezza.
«Cos’è la tenerezza? È l’amore che si fa vicino e concreto. È un movimento che
parte dal cuore e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani. […] La tenerezza
è la strada che hanno percorso gli uomini e le donne più coraggiosi e forti».[191] In
mezzo all’attività politica, «i più piccoli, i più deboli, i più poveri debbono
intenerirci: hanno “diritto” di prenderci l’anima e il cuore. Sì, essi sono
nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli».[192]
[190] René Voillaume, Frère de tous, Ed.
du Cerf, Paris 1968, 12-13.
[191] Videomessaggio al
TED2017 di Vancouver (26 aprile 2017): L’Osservatore Romano (27
aprile 2017), p. 7.
[192] Udienza generale (18 febbraio
2015): L’Osservatore Romano, 19 febbraio 2015, p. 8.
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