209. Diversamente, non potrebbe
forse succedere che i diritti umani fondamentali, oggi considerati
insormontabili, vengano negati dai potenti di turno, dopo aver ottenuto il
“consenso” di una popolazione addormentata e impaurita? E nemmeno sarebbe
sufficiente un mero consenso tra i vari popoli, ugualmente manipolabile. Già
abbiamo in abbondanza prove di tutto il bene che siamo capaci di compiere,
però, al tempo stesso, dobbiamo riconoscere la capacità di distruzione che c’è
in noi. L’individualismo indifferente e spietato in cui siamo caduti, non è
anche il risultato della pigrizia nel ricercare i valori più alti, che vadano
al di là dei bisogni momentanei? Al relativismo si somma il rischio che il
potente o il più abile riesca a imporre una presunta verità. Invece, «di fronte
alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci sono privilegi né
eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l’ultimo
“miserabile” sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle
esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali».[202]
210. Quello che oggi ci accade, trascinandoci in una logica
perversa e vuota, è che si verifica un’assimilazione dell’etica e della
politica alla fisica. Non esistono il bene e il male in sé, ma solamente un
calcolo di vantaggi e svantaggi. Lo spostamento della ragione morale ha per
conseguenza che il diritto non può riferirsi a una concezione fondamentale di
giustizia, ma piuttosto diventa uno specchio delle idee dominanti. Entriamo qui
in una degenerazione: un andare “livellando verso il basso” mediante un
consenso superficiale e compromissorio. Così, in definitiva, la logica della
forza trionfa.
[202] S. Giovanni Paolo
II, Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993),
96: AAS 85 (1993), 1209.
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