La bandiera della Baia di san Paolo a Malta che riporta gli elementi di questa vicenda: i flutti, la vipera che lo morse e la spada della Parola. |
Fino a sabato 25 è in
corso la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Quella unità che Gesù
ha raccomandato ai suoi discepoli come sua ultima raccomandazione prima di
affrontare il supplizio della croce per la salvezza di tutti gli uomini e che noi
discepoli abbiamo infranto. Leggiamo la meditazione che papa Francesco ha fatto
all’udienza generale di questo mercoledì (trovi il testo di riferimento degli
Atti degli Apostoli sul post di sabato 18 gennaio).
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
La catechesi di oggi è intonata alla Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani. Il tema di quest’anno, che è quello dell’ospitalità, è stato
sviluppato dalle comunità di Malta e Gozo, a partire dal passo degli Atti degli
Apostoli che narra dell’ospitalità riservata dagli abitanti di Malta a San
Paolo e ai suoi compagni di viaggio, naufragati insieme con lui. Proprio a
questo episodio mi riferivo nella catechesi di due settimane fa.
Ripartiamo dunque dall’esperienza drammatica di quel naufragio. La nave su
cui viaggia Paolo è in balia degli elementi. Da quattordici giorni sono in
mare, alla deriva, e poiché né il sole né le stelle sono visibili, i
viaggiatori si sentono disorientati, persi. Sotto di loro il mare s’infrange
violento contro la nave ed essi temono che quella si spezzi sotto la forza
delle onde. Dall’alto sono sferzati dal vento e dalla pioggia. La forza del
mare e della tempesta è terribilmente potente e indifferente al destino dei
naviganti: più di 260 persone!
Ma Paolo sa che non è così. La fede gli dice che la sua vita è nelle mani
di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, e che ha chiamato lui, Paolo, per
portare il Vangelo sino ai confini della terra. La sua fede gli dice anche che
Dio, secondo quanto Gesù ha rivelato, è Padre amorevole. Perciò Paolo si
rivolge ai compagni di viaggio e, ispirato dalla fede, annuncia loro che Dio
non permetterà che un capello del loro capo vada perduto.
Carissimi, l’ospitalità è un’importante virtù ecumenica. Anzitutto
significa riconoscere che gli altri cristiani sono veramente nostri fratelli e
nostre sorelle in Cristo. (...) Non è un atto di generosità a
senso unico, perché quando ospitiamo altri cristiani li accogliamo come un dono
che ci viene fatto. Come i maltesi siamo ripagati, perché riceviamo ciò che lo
Spirito Santo ha seminato in questi nostri fratelli e sorelle, e questo diventa
un dono anche per noi. (...) Accogliere cristiani di un’altra
tradizione significa in primo luogo mostrare l’amore di Dio nei loro confronti,
perché sono figli di Dio, fratelli nostri, e inoltre significa accogliere ciò
che Dio ha compiuto nella loro vita. L’ospitalità ecumenica richiede la
disponibilità ad ascoltare gli altri cristiani, prestando attenzione alle loro
storie personali di fede e alla storia della loro comunità. L’ospitalità
ecumenica comporta il desiderio di conoscere l’esperienza che altri cristiani
fanno di Dio e l’attesa di ricevere i doni spirituali che ne derivano. (...)
Oggi, il mare sul quale fecero naufragio Paolo e i suoi compagni è ancora
una volta un luogo pericoloso per la vita di altri naviganti. In tutto il mondo
uomini e donne migranti affrontano viaggi rischiosi per sfuggire alla violenza,
alla guerra, alla povertà. Come Paolo e i suoi compagni sperimentano
l’indifferenza l’ostilità del deserto, dei fiumi, dei mari… (...) Ma,
purtroppo, a volte incontrano anche l’ostilità ben peggiore degli uomini. Sono
sfruttati da trafficanti criminali; sono trattati come numeri e come una
minaccia da alcuni governanti; a volte l’inospitalità li rigetta come un’onda
verso la povertà o i pericoli da cui sono fuggiti.
Come cristiani, dobbiamo lavorare insieme per mostrare ai migranti l’amore
di Dio rivelato da Gesù Cristo. Possiamo e dobbiamo testimoniare che non ci
sono soltanto l’ostilità e l’indifferenza, ma che ogni persona è preziosa per
Dio e amata da Lui. Le divisioni che ancora esistono tra di noi ci impediscono
di essere pienamente il segno dell’amore di Dio per il mondo, che è la nostra
vocazione e missione. Lavorare insieme per vivere l’ospitalità, in particolare
verso coloro la cui vita è più vulnerabile, ci renderà (...) esseri
umani migliori, discepoli migliori e un popolo cristiano più unito. Ci
avvicinerà ulteriormente all’unità, che è la volontà di Dio per noi. Grazie.
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