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giovedì 31 maggio 2018

VISITAZIONE: LA VIA DELL'UOMO DIVINIZZATO / 31 maggio.



Ci sono scene del Vangelo particolarmente belle e forse anche ricche più di altre. Per me la Visitazione è una di queste.
Come indica la lettera ai Romani, la Carità caratterizza l'andare in fretta di Maria e il suo fermarsi a lungo lì dove c'è bisogno. Questo suo modo è anche innanzitutto interiore. E Maria è tutta da una parte. Non si accontenta di stimare gli altri, ma gareggia nello stimarli, è fervente nello spirito, costante e perseverante nel bene, premurosa nel condividere.
Tutto questo è impossibile per chi nutre desideri di grandezza. Ma ogni vero devoto di Maria lo sa bene e con zelo e amore si volge a ciò che è umile, cerca la vera gloria nel nascondimento, rifugge dall’apparire, dal successo.
Il dinamismo spirituale di Maria che si esprime fisicamente in una corsa manifesta la sua potenza sopratutto nell’efficacia di ogni suo gesto. Essendo tutt’uno con Colui che è la Parola di Dio, il suo semplice saluto a Elisabetta diventa salvezza e disvelamento del mistero di Dio, diventa un donare lo Spirito Santo!


C'è un secondo aspetto di questo Vangelo che colpisce: Maria esalta il Signore con un cantico di lode. Fin qui tutto normale. Ma il contenuto di questo canto sorprende: lei afferma che Dio ha ormai fatto giustizia ai poveri, rovesciato i potenti dai troni, spogliato i ricchi e innalzato gli umili, colmato gli affamati. Pie immagini solo simboliche oppure realtà? Si devono intendere come vere solo in una dimensione “spirituale” che però lascia il corpo, la vita quotidiana nell’affanno, nella miseria? Il nostro sguardo sulla realtà ci fa vedere ciò che annuncia Maria come già realizzato, come crudele e pura fantasia. Eppure come pecore stupide continuiamo a dire con la bocca che crediamo in Dio, in Gesù e nella Chiesa. Non possiamo avere questa schizofrenia che ci fa dire che il Vangelo è Parola di Dio, viva ed eterna, creatrice, e poi credere che non è vera nella vita quotidiana, concreta. Un rabbino disilluso diceva: “Signore, smettila di amare i poveri e beneficare i ricchi!”.
Come affrontare questa difficoltà? La Chiesa sarebbe l’oppio dei popoli che addormenta i poveri e gli impedisce di rivendicare i loro diritti legittimi, lasciando così gli sfruttatori dormire tranquilli?
Lo spirito di Maria è colmo e “la vita dell’uomo è la contemplazione di Dio” (Sant’Ireneo di Lione). Quindi si tratterebbe di una salvezza dopo la morte di cui riceviamo sulla terra solo una caparra e una promessa? Ma l’azione di Dio non si limita ad una dimensione ultraterrena o disincarnata. Anzi, Dio si fa carne. E, attraverso Maria e in lei, docile in tutto allo Spirito Santo, inizia un processo di rigenerazione di tutta la vita, in ogni sua dimensione. Come Dio si incarna, così, pur sapendo che nulla mi è possibile senza la grazia, io comprendo che la Parola di Dio si incarna ogni giorno attraverso me. Dio non ha scelto altra via che quella dell’uomo.
Ecco quindi l'appello del Cardinale Bassetti, rivolto a tutti noi, in questi giorni difficili: 
Prima il bene comune. Appello del presidente della Cei

Gualtiero Bassetti mercoledì 30 maggio 2018 (da "Avvenire")
Di fronte alla crisi sociale e politica in cui è precipitata la «nostra diletta Italia» ogni persona di buona volontà ha il dovere di rinnovare il proprio impegno, ciascuno nel suo ruolo, per il bene supremo del Paese. Mai come oggi c’è un urgente bisogno di uomini e donne che sappiano usare un linguaggio di verità, parlando con franchezza, senza nascondere le difficoltà, senza fare promesse irrealizzabili ma indicando una strada e una meta. Questo è il tempo grave della responsabilità e non certo dello scontro istituzionale, politico e sociale. Per il bene delle famiglie, dei giovani e dei figli del popolo italiano.
Invito tutti gli uomini e le donne di buona volontà affinché si prendano cura del nostro amatissimo Paese con un umile spirito di servizio e senza piegarsi a visioni ideologiche, utilitaristiche o di parte. E rinnovo l’appello di don Luigi Sturzo a «tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria». È infatti eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell’Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale. Una rabbia che in queste ore trova drammaticamente spazio in uso irresponsabile ed esecrabile dei social network persino contro la persona del Presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini.
Mai come in questi giorni c’è assoluto bisogno di rispettare la volontà popolare, che si è espressa liberamente il 4 marzo, e tutte le Istituzioni civili che rappresentano l’architrave insostituibile della nostra democrazia e della nostra libertà: dalla più elevata, il Capo dello Stato, alla più rappresentativa, il Parlamento.
In questo momento difficile servono, dunque, parole di concordia e di dialogo per abbattere i muri di inimicizia e per superare lo spirito di divisione che sembra diffondersi nel Paese. Noi tutti rivestiti di responsabilità abbiamo il compito, per primi, di pacificare gli animi e di dare dei segnali concreti di speranza attraverso un linguaggio sobrio e consapevole. E oggi, tutti assieme, con carità e con senso del dovere, possiamo scrivere la prima pagina, forse la più importante.
Nel nome dell’Italia e dell’unità del Paese.
Esorto, quindi, tutti i credenti a pregare, e tutti gli italiani a lavorare, insieme, per la custodia e la salvezza del nostro grande e bellissimo Paese. A questo proposito, faccio mie alcune preziose parole della preghiera per l’Italia scritta da san Giovanni Paolo II: «O Dio, nostro Padre, ti lodiamo e ringraziamo. Tu che ami ogni uomo e guidi tutti i popoli, accompagna i passi della nostra nazione, spesso difficili ma colmi di speranza. (…) La tua legge d’amore conduca la nostra comunità civile a giustizia e solidarietà, a riconciliazione e pace». Che Dio benedica l’Italia!


Prima Lettura  Rm 12, 9-16
Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, la carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.
Non siate pigri nel fare il bene; siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore.
Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.
Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.

Salmo Responsoriale  
Ct 2,8.10-14
La tua visita, Signore, ci colma di gioia
Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene saltando per i monti,
balzando per le colline. 
Ora parla il mio diletto e mi dice:
«Alzati, amica mia, mia tutta bella, e vieni!
Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata. 
I fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza. 
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirùpi,
mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro».

Canto al Vangelo  
 Cf Lc 1,39,44
Alleluia, alleluia.

Maria si mise in viaggio, sollecita, verso la montagna;
alla voce del suo saluto, Elisabetta trasalì di gioia.
Alleluia.
  

Vangelo  Lc 1, 39-56
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente: ha innalzato gli umili.
Dal vangelo secondo Luca
In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.


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