Visualizzazioni totali

mercoledì 7 giugno 2017

IL DRAMMA DI TOBI E SARA / mercoledì IX sett. T.O.

Da lunedì (di Pentecoste) stiamo leggendo il libro di Tobia. Mi colpisce la coincidenza quest’anno perché la storia di Tobia ha una svolta decisiva proprio un giorno di Pentecoste. E non a caso. La Pentecoste è la festa del dono della Legge sul Sinai. Ora Tobi, assieme al suo popolo venne deportato in esilio a Ninive. I profeti interpretano questa catastrofe nazionale come la conseguenza delle troppe infedeltà alla Legge di Dio da parte dei re d’Israele e del popolo tutto. Infatti se c'è una vera vita spirituale nel popolo, non solo egli ha una identità radicata che lo protegge, ma anche una forza spirituale che gli permette di far fronte unito ai suoi nemici. Questo vale in ogni tempo e situazione. 

Lo osserviamo e lo comprendiamo più facilmente a livello della famiglia. Se una famiglia è unita dalla fede praticata, dalla preghiera, dall’osservanza dei precetti di Dio, vive in un clima che facilita il perdono reciproco, il superamento delle difficoltà, la solidarietà tra i suoi membri, la felicità e la forza morale. In una famiglia senza vita spirituale può facilmente prevalere tra i suoi membri l’egoismo, la doppiezza e tanti altri meccanismi che la disgregano. È lo stesso a livello di una comunità, di un popolo e anche della vita individuale.


Ora Tobi si era preservato dagli errori degli altri restando “fedele a Dio con tutto il cuore” (Tobia 1,12) e se questo non gli aveva evitato l’Esilio lo accompagnò come benedizione aiutandolo a trovare il favore del Re Assiro. E anche dopo un momento di persecuzione perché egli “strafa” dando sepoltura agli ebrei perseguitati, riesce a ristabilire la sua situazione. Però viene il momento della rottura della logica che lo sostiene. 

Un giorno di Pentecoste mentre celebra la festa in una fedeltà sofferta anche se convinta al Dio dei padri egli non esita ad esporsi di nuovo per seppellire un fratello ebreo ucciso e, come tutta ricompensa, mentre egli si è addormentato sfinito sotto un muro, dai nidi di uccelli sopra il muro gli cadono escrementi negli occhi che lo rendono cieco. Anche se il suo fratello lo aiuta e la moglie coraggiosa si rimbocca le maniche con merito e successo, la sua vita è sconvolta e, tagliato fuori dal mondo, sviluppa la mentalità propria degli ammalati. Un giorno litiga con la sua moglie per un sospetto infondato e questa, offesa, gli rinfaccia che fa la lezione a lei mentre lo stato in cui si trova dimostra che le sue opere non sono certamente state tanto giuste se Dio lo ha trattato in questo modo. Tobi si “vede” allora in tutta la sua impotenza e fragilità, uomo che è di peso agli altri e non può dare nulla in cambio, invaso da profondi e irrazionali sensi di colpa, senza via di scampo. Gli “crolla il mondo addosso” e invoca la morte da Dio. Non si ribella a Dio, lo proclama giusto. Gli chiede solo di non soffrire e di non far soffrire più.


Allo stesso momento un meccanismo simile avviene per una lontana parente, Sara, una giovane gravata da un percorso di vita molto pesante. Più giovane e fragile, Sara pensa al suicidio. La ferma solo il pensiero del dolore e della vergogna che darebbe ai suoi genitori e invoca a sua volta da Dio la liberazione attraverso la morte.

Che insegnamento sulla dignità della vita! Tobi e Sara desiderano la morte ma non scelgono il suicidio e nel buio profondo della loro vita si affidano a Dio.

Che insegnamento sulla fecondità della Legge e dell’osservanza dei suoi precetti! È vero, il giusto può essere gravato di pesi e dolori ben aldilà di ciò che merita per i suoi errori, ma non per questo sarà abbandonato da Dio. Gli altri si fanno una religione strana che riconosce sì la presenza di Dio ma il modo come lo servono attesta che non vale la pena seguire i suoi precetti, e che Egli, Dio, non è giusto. Tobi, invece, con il suo zelo si scontra in modo più chiaro e molto più profondo con “lo scandalo della croce” ma questo non lo abbatte del tutto. È “tribolato da ogni parte, ma non schiacciato; sconvolto, ma non disperato; perseguitato, ma non abbandonato; colpito, ma non ucciso, portando sempre e dovunque nel suo corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel suo corpo” (Cfr 2 Corinti 4,8-10). La sua fede vissuta genera in lui una forza che lo spinge avanti e gli permetterà di superare le contraddizioni in cui si dibatte.

I sadducei nel Vangelo sono come gli esiliati di Ninive. Riducendo la religione a ciò che riescono a capire le facoltà umane, presentano a Gesù un caso che sembra avere come unica soluzione quella che presentano: la risurrezione è un assurdo, una impossibilità logica! Ma Dio non è assurdo. Egli è più grande e potente dell’uomo e non si riduce alle capacità dell’uomo.

Quante volte siamo anche noi in grande errore perché ci rinchiudiamo in tutto ciò che ci appare con una evidenza schiacciante senza lasciare più spazio alle “sorprese di Dio”, a ciò che “occhio non vide e orecchio non udì”? Siamo in grande errore nelle mille piccole cose del quotidiano. Possiamo esserlo in momenti tragici in cui saltano tutti i nostri schemi e ci troviamo completamente smarriti senza poter giustificare ciò che viviamo.
Beato chi si abbandona alla potenza di Dio.


Prima Lettura   Tb 3, 1-11.16-17
La loro preghiera fu accolta davanti alla gloria di Dio. 

Dal libro di Tobìa
In quei giorni, con l’animo affranto dal dolore, sospirai e piansi. Poi iniziai questa preghiera di lamento: «Tu sei giusto, Signore, e giuste sono tutte le tue opere. Ogni tua via è misericordia e verità. Tu sei il giudice del mondo. Ora, Signore, ricòrdati di me e guardami. Non punirmi per i miei peccati e per gli errori miei e dei miei padri. Violando i tuoi comandamenti, abbiamo peccato davanti a te. Ci hai consegnato al saccheggio; ci hai abbandonato alla prigionia, alla morte e ad essere la favola, lo scherno, il disprezzo di tutte le genti, tra le quali ci hai dispersi. Ora, quando mi tratti secondo le colpe mie e dei miei padri, veri sono tutti i tuoi giudizi, perché non abbiamo osservato i tuoi comandamenti, camminando davanti a te nella verità. Agisci pure ora come meglio ti piace; da’ ordine che venga presa la mia vita, in modo che io sia tolto dalla terra e divenga terra, poiché per me è preferibile la morte alla vita. Gli insulti bugiardi che mi tocca sentire destano in me grande dolore. Signore, comanda che sia liberato da questa prova; fa’ che io parta verso la dimora eterna. Signore, non distogliere da me il tuo volto. Per me infatti è meglio morire che vedermi davanti questa grande angoscia, e così non sentirmi più insultare!».
Nello stesso giorno a Sara, figlia di Raguèle, abitante di Ecbàtana, nella Media, capitò di sentirsi insultare da parte di una serva di suo padre, poiché lei era stata data in moglie a sette uomini, ma Asmodèo, il cattivo demonio, glieli aveva uccisi, prima che potessero unirsi con lei come si fa con le mogli. A lei appunto disse la serva: «Sei proprio tu che uccidi i tuoi mariti. Ecco, sei già stata data a sette mariti e neppure di uno hai potuto portare il nome. Perché vorresti colpire noi, se i tuoi mariti sono morti? Vattene con loro e che da te non dobbiamo mai vedere né figlio né figlia». In quel giorno dunque ella soffrì molto, pianse e salì nella stanza del padre con l’intenzione di impiccarsi. Ma, tornando a riflettere, pensava: «Che non insultino mio padre e non gli dicano: “La sola figlia che avevi, a te assai cara, si è impiccata per le sue sventure”. Così farei precipitare con angoscia la vecchiaia di mio padre negli inferi. Meglio per me che non mi impicchi, ma supplichi il Signore di farmi morire per non sentire più insulti nella mia vita». In quel momento stese le mani verso la finestra e pregò: «Benedetto sei tu, Dio misericordioso, e benedetto è il tuo nome nei secoli». 
In quel medesimo momento la preghiera di ambedue fu accolta davanti alla gloria di Dio e fu mandato Raffaele a guarire tutti e due: a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio, e a dare Sara, figlia di Raguèle, in sposa a Tobìa, figlio di Tobi, e così scacciare da lei il cattivo demonio Asmodèo.

Salmo Responsoriale  
 Dal Salmo 24 
A te, Signore, elevo l'anima mia. 


Mio Dio, in te confido:
che io non resti deluso!
Non trionfino su di me i miei nemici!
Chiunque in te spera non resti deluso. 

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza. 

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via. 

Canto al Vangelo 
  Gv 11,25
Alleluia, alleluia.

Io sono la risurrezione e la vita, dice il Signore;
chiunque crede in me non morirà in eterno. 
Alleluia.

Vangelo   Mc 12, 18-27
Non è Dio dei morti, ma dei viventi.

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 
Rispose loro Gesù: «Non è forse per questo che siete in errore, perché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio? Quando risorgeranno dai morti, infatti, non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. Riguardo al fatto che i morti risorgono, non avete letto nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Non è Dio dei morti, ma dei viventi! Voi siete in grave errore».
  

Nessun commento:

Posta un commento