Ci sono vari modi di vivere il carcere. Premetto che
dalla frequentazione della patrie galere so che in carcere non ci si sta bene e
che nella misura del possibile bisogna limitare al massimo questo mezzo anche quando non si può eliminare.
Il primo modo, purtroppo molto frequente, di vivere il
carcere è di essere solo in attesa della libertà e di ciò che ricorda la
libertà. Si vive per dopo, si vive il carcere come una immensa parentesi, come agnelli
o leoni in gabbia, pieni di buoni propositi per dopo, che raramente si
realizzano. E' il modo peggiore.
Il secondo modo è di approfittare del carcere per imparare
qualcosa, lavorare su se stessi, per essere migliori quando si esce. Grazie al
volontariato ma anche ai servizi interni che l'Amministrazione offre molti riescono a mettere a profitto in questo modo il tempo della carcerazione.
San Paolo ci insegna un terzo modo, estremamente
audace: il carcere scelto come strumento per
realizzare uno scopo. L’ansia di
presentare ad ogni coscienza la buona notizia e raggiungere i lontani più lontani
suscita in lui la sete di “riempire il mondo" della Buona Notizia della vittoria
di Dio sulla morte e offerta agli Uomini. Come raggiungere l’Imperatore, l’uomo
più potente del mondo e e potergli parlare di ciò che ignora, guadagnarlo alla
causa del Vangelo per sé e per i popoli di cui è reggitore? Paolo sta in
carcere. Grazie a Festo e al relativo disinteresse dei romani per le cose dei
giudei, Paolo potrebbe essere liberato presto e riprendere la sua attività. Ma il
Signore gli ha detto “devi testimoniare anche a Roma”. Allora Paolo fa valere
la sua condizione di cittadino romano. E si appella all’Imperatore.
Infatti, come lo testimonia la Scrittura, tutti a
Roma sapranno che c'è questo giudeo, prigioniero, che deve essere giudicato perché
annuncia la Risurrezione dei morti! Sceglie il carcere come mezzo per avvicinarsi
all’Imperatore. Non è una passeggiata. È una scelta molto coraggiosa e audace
ma logica e che può portare frutto come nessun’altra.
Come avvicinarti al trono del Vero Imperatore, di Dio,
ottenere udienza presso di Lui ? Paolo e i santi hanno scelto la croce come mezzo
per avvicinarsi a Dio.
Prima Lettura At 25,13-21
Si trattava di un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo:
«C’è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna. Risposi loro che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l’accusato sia messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall’accusa.
Allora essi vennero qui e io, senza indugi, il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell’uomo. Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo.
Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare».
Si trattava di un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce e vennero a salutare Festo. E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re le accuse contro Paolo, dicendo:
«C’è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale, durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei per chiederne la condanna. Risposi loro che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l’accusato sia messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall’accusa.
Allora essi vennero qui e io, senza indugi, il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell’uomo. Quelli che lo incolpavano gli si misero attorno, ma non portarono alcuna accusa di quei crimini che io immaginavo; avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo.
Perplesso di fronte a simili controversie, chiesi se volesse andare a Gerusalemme e là essere giudicato di queste cose. Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio di Augusto, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare».
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