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domenica 11 giugno 2017

PAPA FRANCESCO SULLA NATURA DELLA CHIESA / domenica 11 giugno

Da quattro anni un vescovo designato dalla Santa Sede non ha potuto insediarsi nella sua diocesi in Nigeria perché rifiutato dal clero a causa della sua appartenenza ad una etnia diversa. Ieri, sabato, il papa ha ricevuto una delegazione della diocesi di Ahiara. Di seguito le sue parole e la riflessione che mi ha ispirato:

Sala stampa della Santa Sede 
Pubblichiamo di seguito le parole che il Santo Padre Francesco ha rivolto ai Membri della Delegazione della Diocesi di Ahiara nel corso dell’Udienza dell’8 giugno scorso:

Parole del Santo Padre
Saluto cordialmente la Delegazione e ringrazio per essere venuti dalla Nigeria con spirito di pellegrinaggio. Per me, è una consolazione questo incontro, perché sono molto triste per la vicenda della Chiesa in Ahiara.
La Chiesa, infatti (e mi scuso per la parola), è come in stato di vedovanza per aver impedito al Vescovo di andarvi. Tante volte mi è venuta in mente la parabola dei vignaioli assassini, di cui parla il Vangelo (cfr. Mt 21, 33-44)…che vogliono appropriarsi dell'eredità. In questa situazione la Diocesi di Ahiara è come senza sposo, ed ha perso la sua fecondità e non può dare frutto. Chi si è opposto alla presa di possesso del Vescovo Mons. Okpaleke vuole distruggere la Chiesa; ciò non è permesso; forse non se ne accorge, ma la Chiesa sta soffrendo e il Popolo di Dio in essa. Il Papa non può essere indifferente.
Conosco molto bene le vicende che da anni si trascinano nella Diocesi e ringrazio per l'atteggiamento di grande pazienza del Vescovo; dico di santa pazienza da lui dimostrata. Ho ascoltato e riflettuto molto, anche sull'idea di sopprimere la Diocesi; ma poi ho pensato che la Chiesa è madre e non può lasciare tanti figli come voi. Ho un grande dolore verso questi sacerdoti che sono manipolati, forse anche dall'estero e da fuori Diocesi.
Ritengo che qui non si tratti di un caso di tribalismo, ma di appropriazione della vigna del Signore. La Chiesa è madre e chi la offende compie un peccato mortale, è grave. Perciò ho deciso di non sopprimere la Diocesi. Tuttavia, desidero dare alcune indicazioni da comunicare a tutti: anzitutto va detto che il Papa è profondamente addolorato, pertanto, chiedo che ogni sacerdote o ecclesiastico incardinato nella Diocesi di Ahiara, sia residente, sia che lavori altrove, anche all'estero, scriva una lettera a me indirizzata in cui domanda perdono; tutti, devono scrivere singolarmente e personalmente; tutti dobbiamo avere questo comune dolore.
Nella lettera
1. si deve chiaramente manifestare totale obbedienza al Papa, e
2. chi scrive deve essere disposto ad accettare il Vescovo che il Papa invia e il Vescovo nominato. 3. La lettera deve essere spedita entro 30 giorni a partire da oggi fino al 9 luglio p.v. Chi non lo farà ipso facto viene sospeso a divinis e decade dal suo ufficio.
Questo sembra molto duro, ma perché il Papa fa questo? Perché il Popolo di Dio è scandalizzato. Gesù ricorda che chi scandalizza, deve portarne le conseguenze. Forse qualcuno è stato manovrato senza una piena cognizione della ferita inferta alla comunione ecclesiale. A voi, fratelli e sorelle, manifesto vivo ringraziamento per la vostra presenza; così pure al Cardinale Onaiyekan per la sua pazienza e al Vescovo Okpaleke, di cui ho ammirato oltre la pazienza anche l'umiltà. Grazie a tutti”.

Celebrazione della Pentecoste
Il papa riafferma chiaramente la natura e la missione della Chiesa che è di abbattere il muro di separazione cioè l'inimicizia (cf. Efesini 2,14) e di riunire sulla base della fede nel Cristo risorto tutti i popoli senza distinzione di razza, di lingua, di cultura, di condizione sociale, di luoghi, come vediamo nella Pentecoste e nei primi passi dell’evangelizzazione.
“Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.” (Galati 3,28)
“Qui non c'è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti.” (Colossesi 3:11)
Sappiamo anche che questo abbattere i muri fu faticoso, a partire dalla stessa Chiesa di Gerusalemme, ma si “inventarono” allora i diaconi per evitare che si alzassero muri tra vedove ebraiche e vedove greche.

Fa veramente male al cuore quando si installano di nuovo considerazioni nazionali (alcuni istituti missionari nel secolo XIX), razziali oppure etniche appunto, o solo di parrocchia pensando che “il paese è del paesano” e i forestieri tali rimangono, idolatrando proprio ciò che il Signore è venuto ad abbattere. A quale punto stiamo al riguardo? Siamo veramente tutti forestieri e pellegrini in questo mondo, lo sguardo rivolto alla vera patria? Oppure?...


Benedico papa Francesco che con grande limpidezza evangelica e grande fermezza ci ricorda la verità che ci salva e ci impedisce, figli tutti della Chiesa, sia clero che laici, di chiuderci in considerazioni umane che ci distolgono dalla grazia. 

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