Vorrei oggi rendere un servizio a molti: spingerli a
leggere un libricino scritto nel lontano 1878 che mi ha fatto tanto bene anni
fa e continua a farne: “l’Arte di trarre profitto dai nostri peccati”. (Titolo originale: "L'art d'utiliser ses fautes d'après saint François de Sales").
Già solo
leggere i titoli dei capitoli e poi anche la presentazione all’edizione
italiana di padre Jean Galot S.J., riportati in questo post, sarà un grande aiuto.
Ma vale la pena leggere con attenzione ogni pagina del libro stesso. L’Autore,
padre Joseph Tissot (1840 – 1894) era allora Superiore Generale dei Missionari
di san Francesco di Sales.
Ed è tutta la dottrina spirituale di san Francesco di Sales, Dottore della Chiesa
e santo della dolcezza, che si esprime in questo libro.
L’Editore italiano è
Chirico, una piccola casa editrice di Napoli nata per mettere la propria esperienza
accumulata nel campo dell’editoria scientifica al servizio della fede. Franco Chirico
e i suoi figli sono amici miei di lunga data.
INDICE
Presentazione IX
Prologo all’edizione francese XVIII
PARTE PRIMA
CAPITOLO I Finché
portiamo noi stessi, non portiamo nulla che possa valere 3
CAPITOLO II Non
dobbiamo turbarci di fronte ai nostri peccati 17
CAPITOLO III Non
dobbiamo scoraggiarci di fronte ai nostri peccati 37
PARTE SECONDA
CAPITOLO I Dobbiamo profittare dei nostri
peccati per umiliarci con la conoscenza della nostra miseria 61
CAPITOLO II Dobbiamo
profittare dei nostro peccati per amare la nostra miseria 85
CAPITOLO III Dobbiamo
profittare dei nostri peccati per aumentare la nostra fiducia nella
misericordia di Dio 102
CAPITOLO IV Continuazione
118
CAPITOLO V Dobbiamo
profittare dei nostri peccati per consolidarci nella perseveranza130
CAPITOLO VI Dobbiamo
profittare dei nostri peccati per diventare più pii 144
CAPITOLO VII Dobbiamo
profittare dei nostri peccati per la pratica della soddisfazione 156
CAPITOLO VIII Dobbiamo
profittare dei nostri peccati per aumentare la nostra devozione alla Santissima
Vergine 169
Lettera del Fr. Léon de Jesus all’autore 189
Poesie intime 195
PRESENTAZIONE
Il titolo del piccolo libro: L’arte di trarre
profitto dai nostri peccati può destare meraviglia. Il peccato
è un male per
l’uomo; ha degli effetti nocivi, distruttivi. Tante vite umane vengono rovinate
dai peccati. Come questi peccati possono procurare un profitto e come è
possibile l’arte di assicurarlo?
È vero che il peccato ci porta un grave danno.
La sua malizia consiste prima di tutto nel fatto che offende Dio; più
esattamente offende il Padre nel suo amore per noi. Ma siccome il nostro
destino si compie nelle nostre relazioni di amore filiale verso il Padre,
l’inimicizia causata dal peccato danneggia la nostra esistenza. Lo stato di
peccato rende l’uomo profondamente infelice; suscita in lui un grande disturbo
e stimola dei sentimenti di timore e di tristezza.
Questa condizione sarebbe
stata irreparabile se non ci fosse stata una suprema iniziativa divina per
salvare l’uomo, procurargli il perdono divino, operare la riconciliazione,
restituire pace e gioia. Quando pensiamo al peccato, dobbiamo sempre tenere
sotto gli occhi la risposta della bontà divina alle colpe dell’umanità. Questa
risposta è stata posta in luce da Cristo nella parabola conosciuta come
parabola del figliuol prodigo e più giustamente chiamata parabola del Padre
misericordioso. In termini molto semplici ma molto commoventi, la parabola ci
ha rivelato il volto autentico del Padre, pieno di compassione per suo figlio
smarrito. Gesù mostra che il Padre non cessa di amare il figlio che l’ha
abbandonato, che aspetta il suo ritorno e desidera dargli il perdono più
sincero e più completo. Quando il figlio torna a casa, viene accolto in modo
meraviglioso: il Padre gli corre incontro, gli si getta al collo e lo bacia;
gli restituisce tutto ciò che aveva perduto, con tutti i suoi privilegi di
figlio. Il Padre non viene presentato come un Dio adirato che riceve con
severità la sua creatura.
La certezza che per parte sua il Padre non ha
ritirato il suo amore a coloro che hanno seguito la via del peccato, anzi che
egli testimonia un amore particolarmente tenero e misericordioso a coloro che
hanno bisogno di perdono, permette ai peccatori di “trarre profitto” dai loro
peccati per riavvicinarsi al Padre, per amarlo più sinceramente e più
generosamente.
La dottrina sviluppata nel libretto è stata soprattutto ispirata
dagli scritti di san Francesco di Sales e trova un fondamento sicuro
nell’insegnamento del Vangelo. Il Vangelo è la buona novella dell’amore divino
che offre la salvezza ai peccatori. Gesù stesso ha detto: “Il Figlio dell’uomo
è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10); illustrava così
il significato della sua visita a Zaccheo, pubblicano considerato come un
grande peccatore. Altri episodi confermano la dichiarazione: “Io sono venuto a
chiamare non i giusti ma i peccatori” (Mt 9,13 par). Costatiamo che coloro che
si pretendevano giusti non hanno accolto Cristo e non hanno beneficiato della
sua opera salvatrice; pensavano che non avevano bisogno di un Salvatore. Per
essere salvati da Cristo, tutti gli uomini vengono chiamati a riconoscere che
sono peccatori. L’esortazione rivolta a tutti all’inizio della predicazione di
Gesù è caratteristica: “Convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1,15). Si
tratta di convertirsi, cioè di rinunciare a tutto ciò che allontana da Dio per
credere alla salvezza offerta da Cristo. I peccatori traggono profitto dai loro
peccati quando si convertono e collocano tutta la loro fede e tutta la loro
speranza in Cristo.
Nessuno può proclamarsi senza peccato. Ognuno fa
l’esperienza del peccato, come l’ha espressamente affermato il concilio di
Trento: nessuno “può evitare, nella sua vita intera, ogni peccato anche
veniale, se non in virtù di un privilegio speciale, come la Chiesa lo ritiene
nei riguardi della beata Vergine” (DS 1573). Maria è la sola eccezione: in
virtù del privilegio dell’immacolata concezione, è stata preservata dalla
macchia originale; in virtù di un privilegio connesso, ha potuto evitare ogni peccato
anche veniale. Non riceviamo la grazia di una preservazione simile, e dobbiamo
riconoscere i nostri peccati. Secondo il piano divino, la nostra santità è una
santità di redenzione, nella quale facciamo l’esperienza del peccato, legata
all’esperienza della grazia che ci fa superare il peccato.
Trarre profitto dai
nostri peccati significa dunque diventare più consapevoli del nostro stato di
peccatori, scoprire più chiaramente la verità delle nostre disposizioni intime
e del nostro comportamento. Il nostro amor proprio ci impedisce molto spesso di
riconoscere la nostra colpevolezza, i nostri errori e i nostri difetti.
L’esperienza delle nostre debolezze ci aiuta a progredire nell’umiltà, a
riconoscere ciò che è imperfetto in noi e ha bisogno della forza superiore
della grazia. La consapevolezza della nostra impotenza umana ci apre più
ampiamente alla potenza divina. L’approfondimento dell’umiltà nel
riconoscimento della nostra miseria personale sarebbe male capito e vissuto se
fosse fonte di scoraggiamento. Il pericolo di scoraggiamento esiste, più
specialmente per colui che fa l’esperienza di cadute frequenti o per colui che
dopo aver preso forti risoluzioni per un comportamento migliore deve confessare
nuove debolezze. Scoraggiarsi non è un rimedio; colui che è vittima di queste
esperienze negative è tentato di rinunciare a nuovi sforzi; la rinuncia non
procura nessuna soluzione, anzi aggrava la difficoltà. Il torto dello
scoraggiamento è di chiudersi nella propria debolezza nel momento in cui un
ricorso all’onnipotenza divina appare più necessario.
Trarre profitto dai
propri peccati è rinunciare alla fiducia in se stesso per concentrare la
fiducia sull’intervento divino. Quello che noi non possiamo ottenere con la
nostra volontà, con i nostri sforzi, dobbiamo chiederlo a colui che ha ogni
potere sulla nostra vita. Così in nessuna situazione lo scoraggiamento può
essere giustificato. Non manca mai la grazia del coraggio per riprendere la lotta.
Si tratta di un coraggio soprannaturale, in quanto sorge dall’influsso della
grazia. A questo coraggio alludeva Gesù quando prometteva ai suoi discepoli la
forza che viene dallo Spirito Santo (At 1,8). Con questo coraggio la
perseveranza negli sforzi per il bene è sempre possibile e l’esperienza dei
peccati o delle imperfezioni è il punto di partenza per un nuovo slancio verso
l’alto. Ogni esperienza negativa sfocia su una nuova esperienza che produce
frutti.
In realtà la perseveranza nella via del bene ha sempre come primo
appoggio e prima garanzia la perseveranza dell’amore del Padre. Con il suo
amore permanente il Padre pone i suoi figli al riparo dei turbamenti che
vengono dal peccato. Egli assicura un clima di pace e di serenità. Con il suo
perdono che è totale, toglie ogni fondamento a inquietudini o angosce. Egli ha
voluto escludere ogni timore; il timore crea una distanza e non lascia l’uomo
libero di avvicinarsi al massimo a un Dio che egli deve amare con tutto il suo
cuore e le sue forze.
Trarre profitto dai propri peccati significa superare le
barriere del timore raccogliendo l’amore del Padre che perdona e vivendo nella
pace di una vera intimità con lui. Quando, nella sua prima lettera, Giovanni afferma
la sua fede nell’amore del Padre che ha mandato suo Figlio come Salvatore del
mondo, egli attira l’attenzione sull’effetto di questo amore, che esclude il
timore. I Giudei erano stati invitati a temere il giudizio divino, ma la rivelazione
dell’amore fatta da Gesù inaugura un nuovo regime, una nuova mentalità. “In
questo l’amore ha raggiunto con noi la sua perfezione, che abbiamo fiducia nel
giorno del giudizio, perché, come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo.
Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore,
perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell’amore” (1Gv
17–18). Per una unione di più intenso amore, il Padre ha voluto che la sua
sovranità sulla vita umana non fosse motivo di timore. L’assenza di timore
sviluppa la pace intima dell’anima. In questa pace può fiorire la speranza.
Trarre profitto dai propri peccati è sviluppare e rafforzare la speranza. Le
esperienze deludenti del passato non possono chiudere la via a un futuro
migliore. Già nell’antica alleanza Dio aveva voluto suscitare una grande
speranza. Rimproverava al popolo i suoi peccati, ma partendo da questa evidenza
annunziava una salvezza che doveva scendere dall’alto. Stimolando questa
speranza e guidandola fino al suo scopo, il Padre ha preparato il popolo alla
venuta di suo Figlio. Quando accusava questo popolo per la sua condotta, non
voleva soltanto provocare un pentimento, ma soprattutto rendere più viva la
speranza della salvezza e della venuta di un Salvatore. Per determinare il
momento di questa venuta, egli ha aspettato che la speranza fosse abbastanza
matura. In ogni situazione di peccato, il Padre ha voluto una apertura a un
futuro più confortante; attraverso la tristezza dei peccati, fa crescere la
gioia della speranza, di una speranza che non può essere delusa. Concentrando
il nostro sguardo su questo amore permanente del Padre, manifestato nel dono
del Figlio, fonte di speranza, potremo sempre meglio trarre profitto dai nostri
peccati.
JEAN GALOT S.J.
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